L'analisi

È un Festival ovattato, forse democristiano, ma con Nino Frassica è salito di livello

La seconda serata, nuovamente premiata dagli ascolti, ha visto un Carlo Conti più rilassato e meno spedito – Certo, i presunti elementi innovativi in realtà sanno (molto) di vecchio
© AP/FABIO FRUSTACI
Marcello Pelizzari
13.02.2025 12:00

Atmosfere distese, sempre all'insegna del volemose beneCome nella prima serata, d'altro canto. Qualcosa, però, è cambiato. No, non ci sono stati casi né polemiche né chissà che cosa. Tuttavia, Carlo Conti è apparso molto più rilassato. Riprendendosi, per certi versi, il Festival di Sanremo. Forse perché, al suo fianco, ha potuto contare su reti di protezione all'altezza. Da una parte, il «suo» Cristiano Malgioglio, forte di una verve genderless ancorché istituzionalizzata da anni e anni di televisione oramai; dall'altra, Nino Frassica che ha portato sul palco un nonsense (come sempre) da applausi. In mezzo, Bianca Balti che, colpita da un cancro ovarico al terzo stadio, ha scelto di mostrare la parte più complicata e dura del suo percorso. Un percorso affrontato, sempre e comunque, con il sorriso. «Con mia grande sorpresa, in questi ultimi mesi mi sono sentita viva come non mai» aveva dichiarato a pochi giorni dal Festival. «Non do più per scontata la mia vita e la mia gratitudine ha raggiunto il picco massimo. Tutto ha iniziato ad avere il sapore di una vera benedizione».

Se l'esordio del Conti-bis, a critici come Aldo Grasso, ha dato l'impressione di una festa aziendale, la seconda serata di Sanremo ha assunto i contorni della festicciola in famiglia. Alla quale sono stati invitati e hanno partecipato pure i bambini. Il primo, Vittorio Bonvicini, era accompagnato dall'attore Alessandro Borghi durante l'esibizione di Damiano David, impegnato in un omaggio intenso e qualitativamente davvero notevole a Lucio Dalla (Felicità il brano). Un'interpretazione, quella di David, emozionante e toccante, tant'è che neppure il piccolo Vittorio ha saputo trattenere le lacrime. Il secondo bambino, Alessandro Gervasi, un prodigio del pianoforte, è invece salito sul palco per esibirsi in Champagne di Peppino Di Capri, al quale ha prestato il volto da piccolo nell'omonima fiction Rai che andrà in onda il 24 marzo. Ha incantato la platea, manco a dirlo.

Quanto alla gara, prima dei big (la metà) si sono esibite le nuove proposte. In finale, questa sera, conosceremo chi fra Alex Wyse e Settembre vincerà Sanremo Giovani. La notizia, venendo alla serata, è che le preferenze del pubblico, espresse tramite televoto, hanno confermato quanto emerso dalla prima serata, quando ha votato solo la sala stampa, tv e web. Ieri, il televoto pesava il 50% mentre il resto delle preferenze è stato espresso dalla giuria delle radio. Hanno «vinto» Fedez, Achille Lauro, Giorgia, Lucio Corsi e Simone Cristicchi. Unendo i puntini, Lauro, Giorgia, Corsi e Cristicchi sembrerebbero dunque destinati a giocarsi il podio. 

Stasera, per la terza serata, toccherà ai 14 big rimasti a riposo ieri. Ci aspettiamo, ancora, tanto volemose bene (i cuoricini dei Coma_Cose in testa) e un andamento lento ma regolare, senza scossoni o strappi. Perché Sanremo è Sanremo, d'accordo, ma quello di Carlo Conti è, anzi deve rimanere, ovattato. Democristiano, anche. O, più semplicemente, può darsi che siamo di fronte a un Festival di transizione nel quale il passato, ancora ingombrante e presente, viene rimasticato nell'attesa di trovare una nuova identità. Con tutte le storture del caso, va da sé: da un lato i cantanti in quota Amadeus protagonisti delle scorse edizioni, ma anche scenografie che richiamano i talent e ammiccano al cosiddetto pubblico giovane; dall'altro la sensazione, netta, che anche a rimescolare le carte nel tentativo di apparire nuovi e moderni ci sia un non so che di vecchio, quasi stantio. 

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