Gruber contro Mentana, la battaglia di La7
Lilli Gruber o Enrico Mentana? L’Italia è divisa, per una volta non su temi calcistici o politici, ma per un clamoroso caso che riguarda il giornalismo e che vede fronteggiarsi i due personaggi più popolari di La 7, la televisione di Urbano Cairo che da Como alla Sicilia è il settimo tasto del telecomando. Ma cosa è successo per giustificare tanto interesse mediatico per quella che apparentemente è una vicenda di bottega? Vicenda che Cairo ha cercato di chiudere con un comunicato in aziendalese, ma che in realtà è ancora apertissima.
«L’incontinenza è una brutta cosa»
Ad un primo livello la storia la conoscono tutti. Lunedì sera, quindi il 6 maggio, alla fine del telegiornale da lui condotto Mentana ha come al solito dato la linea alla Gruber, per il suo Otto e mezzo. Piccolo, ma evidentemente per loro non piccolo, problema: non erano le venti e trenta ma esattamente le venti e quarantasei. E così la Gruber ha esordito con faccia cattiva e parole anche di più: «Cominciamo in ritardo, questo non è più Otto e mezzo. Scusate, l’incontinenza è una brutta cosa». In una frase la giornalista ha quindi tirato una stoccata a Mentana, dandogli non troppo fra le righe del vecchio (anche se sono quasi coetanei), e all’azienda che gli permette di sforare. Azienda peraltro rimasta pubblicamente silenziosa per tutto il martedì, dai dirigenti a Cairo impegnato a farsi fotografare al Giro d’Italia in pose da conducator, per poi riapparire timidamente il mercoledì.
La risposta
E proprio il comportamento dei vertici ha fatto arrabbiare Mentana, che sul suo profilo Instagram ha ricordato che con la sua conduzione il telegiornale di La 7 fa il botto, portando spettatori alle trasmissioni che seguono: «Dall’1 al 9% in mezz’ora. Questa è la curva degli ascolti, del tutto simile a quella dei giorni precedenti, del Tg7 di ieri sera, segnato da fatti importanti e in continuo aggiornamento. A quel Tg ha però imprevedibilmente fatto seguito un giudizio gravemente sprezzante nei miei confronti da parte di chi conduceva il programma successivo, che pure è ogni sera diretto beneficiario di quella curva ascendente. Un giudizio da cui finora nessuno dei vertici di La7 ha sentito il bisogno di prendere le distanze. Piccolo episodio, ma molto indicativo. A questo punto le distanze, come è doveroso, le prendo io, dai maleducati e dagli ignavi». Concetti poi ripresi nel Tg7 di martedì sera, in cui in chiusura Mentana ha spiegato che lo sforamento era dovuto ai tanti fatti importanti della giornata e che in ogni caso era stato concordato con i dirigenti della rete. E per la Gruber altre bordate: «Ha avuto parole sgradevoli e offensive nei confronti del sottoscritto. Io mi siedo qui da 14 anni per fare questo telegiornale, non ho mai offeso volontariamente nessuno e tantomeno i colleghi che lavorano su questa rete. Gradirei reciprocità e gradirei da parte dell’azienda che non ci fosse il mutismo che accompagna questa vicenda da 24 ore. Domani sera vedremo se c’è stato qualcosa, altrimenti trarrò conclusioni e dirette conseguenze».
Il mutismo di cui parla Mentana è terminato mercoledì mattina, con un comunicato di Cairo: «La7 sta conseguendo ottimi risultati grazie al contributo di tutti e ad un prezioso lavoro di squadra. Per questo è fondamentale che non venga mai a mancare il rispetto reciproco. Così come è fondamentale che non manchi il rispetto verso un'Azienda che ha nei suoi valori fondanti la libertà di espressione e l'autonomia responsabile dei suoi conduttori e giornalisti». Parole generiche, che non sono un rimprovero diretto nei confronti di alcuno dei due e che lasciano tutto aperto. La risposta di Mentana è stata un laconico «Sottoscrivo», quella della Gruber non è ancora arrivata, ma è chiaro che la storia avrà altri capitoli, magari non pubblici. Intanto si è aggiunto quello di Gaia Tortora, vicedirettore del Tg7, con la figlia dell’indimenticato Enzo che ha attaccato i colleghi rei non tanto di non avere difeso Mentana, quanto la trasmissione dove lavorano.
Verso il Nove
Questi i fatti, in attesa delle prossime puntate: clamorose dimissioni di Mentana, Cairo che interviene in prima persona come pacificatore dopo il comunicato in aziendalese, caso che si spegne da solo. Ognuno ha il suo scenario preferito, ma comuni sono i retroscena. Il primo, il più importante, è che il contratto di Mentana con La 7 scade a fine anno e la tentazione di accettare le offerte di Discovery, quindi del canale Nove, è molto forte. Non per i soldi, ben lontani da quelli di Fabio Fazio e di Amadeus, ma per la stanchezza che da qualche mese ha preso Mentana, costretto (e magari anche felice di farlo, visto il suo ego) a trasformare il Tg7 in uno one man show per mascherare la differenza di mezzi con le altre emittenti, da lui spesso sottolineata con ironia e prendendo in giro, con malcelato disprezzo, alcuni suoi giornalisti. Per fare un paragone coerente con Cairo, è come se al Torino si chiedesse di lottare per lo scudetto, e a Mentana di fare Juric non va più bene (nemmeno a Juric, se è per questo). Il nuovo Tg del Nove non sarebbe diretto concorrente di quelli tradizionali, con meno mezzi come il Tg7, ma qualcosa di innovativo, basato su pochi flash e poi direttamente su approfondimento e interviste: una situazione in cui il conduttore fa la differenza.
Il silenzio di La7
Il secondo retroscena è che martedì l’azienda è rimasta in silenzio ma soltanto pubblicamente, perché Andrea Salerno, il direttore di La7, avrebbe più volte cercato di far smorzare i toni a Mentana, anche se non al punto di proporre-imporre un chiarimento con la Gruber, che comunque non avrebbe bisogno di intermediari. Il terzo retroscena è che Cairo ha più volte valutato possibili sostituti di Mentana, ma nessuno ha il suo rapporto rendimento-prezzo: fra telegiornali che di fatto sono suoi editoriali interrotti ogni tanto da servizi, le maratone elettorali, gli speciali e altro, Mentana è in Italia un caso praticamente unico di anchorman all’americana, anche se tanti altri ci hanno provato. Il quarto retroscena è politico: Mentana è di sinistra, anche se meno della Gruber, ma ha il marchio dell’ex craxiano ai tempi in cui era in Rai e soprattutto quello di cripto-berlusconiano, pur avendo a volte preso le distanze da Berlusconi, avendo fondato nel 1992 il Tg5. Ha insomma un profilo di centro che a Cairo serve per bilanciare una rete sbilanciata a sinistra. Per tutti questi motivi Mentana serve a La 7 più di quanto La7 serva a Mentana.
Due modi diversi di vivere il giornalismo
Comunque vada a finire, lo scontro era inevitabile fra due figure antropologicamente così diverse anche se con inizi simili. Il sessantottenne Mentana, milanese e figlio del famoso giornalista della Gazzetta dello Sport, Franco (era al seguito della nazionale di Bearzot al Mondiale 1982), da militante dei giovani socialisti fu assunto in Rai nel 1980, prima al Tg1 e poi nel craxiano Tg2, fino al passaggio alla Fininvest a fine 1991, scelto personalmente da Silvio Berlusconi per l’esordio del suo telegiornale e della diretta sulle televisioni private. Una storia di successo e poi di crescenti tensioni, fino alla rottura del 2009 con la scusa di problemi di palinsesto, un caso non troppo diverso da quello attuale anche se con Mentana nella parte del presunto danneggiato. Dal 2010 a La7, quindi prima che Telecom la svendesse a Cairo, è anche un personaggio pop per i suoi frequenti interventi su tutta l’attualità, dall’Inter in giù, e per la sua vita privata (ora è legato ad un’altra giornalista, la conduttrice di Belve, sulla Rai, Francesca Fagnani). La bolzanina Gruber è di soli due anni più giovane di Mentana e anche lei ha costruito la sua fama iniziando con la Rai: i suoi famosi reportage da Berlino nel 1989, in occasione della caduta del Muro, furono per il Tg2 e quindi alle dipendenze anche di Mentana. Anche lei a suo modo icona pop, ma certo più riservata e meno ironica (autoironico non lo è invece alcuno dei due) di Mentana, è a La 7 addirittura da prima di Mentana, dal 2008, una volta finita la sua esperienza politica al Parlamento Europeo, dove era stata eletta nelle fila dell’Ulivo. Nessuno dei due scelto dall’attuale editore, quindi, ma entrambi, più lui di lei, difesi dagli ascolti. Due modi diversi di vivere il giornalismo, Mentana più divulgativo e la Gruber con un target più preciso, nella sua testa più alto. Due persone che si conoscono fin troppo bene.