La minaccia del pezzotto, anche in Ticino
Il termine, pezzotto, è diventato così famoso da guadagnarsi addirittura l’ingresso nel vocabolario Treccani. Indica, nello specifico, un «particolare decoder utilizzato per accedere illegalmente ai contenuti dei canali televisivi italiani ed esteri a pagamento». Con buona pace di piattaforme o televisioni, fra cui DAZN, che offrono ad esempio la Serie A in abbonamento ai propri clienti.
La pirateria, di per sé, è un problema. Per i club, per le citate piattaforme o televisioni, per l’intero sistema. Senza contare che, spesso, i guadagni legati al pezzotto finiscono nella criminalità organizzata. L’Italia, da tempo, ha operato un giro di vite. Lo scorso settembre, leggiamo, è entrato in funzione il sistema Piracy Shield, non senza polemiche e storture. Prima, nell’agosto del 2023, era invece entrata in vigore la legge anti-pirateria. Piracy Shield, nelle intenzioni dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l’AGCOM, dovrebbe agire su due fronti. Colpisce e punisce, da un lato, chi sta diffondendo il segnale pirata e, dall’altro, chi ne usufruisce. Ovvero, l’utente finale. Le sanzioni per chi guarda le partite tramite pezzotto? Da un minimo di 150 a un massimo di 5 mila euro. Ahia.
Zona grigia
Detto che, in Svizzera, è proprio DAZN – da alcuni mesi e fino al 2027 – a detenere i diritti del massimo campionato italiano, è possibile inquadrare il fenomeno pezzotto anche alle nostre latitudini, in Ticino in particolare? Soprattutto, è o non è legale guardare la Serie A e altri campionati con metodi, chiamiamoli così, alternativi? Di per sé no. Tuttavia, a detta degli interlocutori consultati da questa parte del confine la situazione è molto meno chiara. Chiamatela pure zona grigia.
Nell’aprile del 2023, la Regione aveva riferito di perquisizioni e sequestri di materiale in una società del Sopraceneri. Società che acquisiva e ritrasmetteva i segnali di DAZN e Sky senza autorizzazione. Nulla, va detto, sarebbe emerso senza una precisa richiesta di assistenza giudiziaria internazionale formulata dalle autorità italiane. Girando la questione, e rimanendo al calcio, toccherebbe ai rappresentanti in Svizzera di DAZN per la Serie A e a quelli di Blue Sport (Swisscom) per la Champions League muoversi presso le autorità competenti per sporgere denuncia. Ma le bocche, in questo senso, rimangono piuttosto cucite: «Swisscom adotta azioni coerenti contro i casi di pirateria e utilizza tutti i mezzi legali a sua disposizione» ha spiegato al Corriere del Ticino Stefano Dell’Era, portavoce di Swisscom. «Per noi è importante che i nostri diritti siano protetti dalla pirateria nel miglior modo possibile, ma non possiamo commentare cifre e procedure».
Sentenze superate
A livello di codice penale, fa stato l’articolo 150 bis in vigore dal 1998. Così il primo capoverso: «Chiunque fabbrica, importa, esporta, fa transitare, immette in commercio o installa apparecchiature, loro componenti o programmi per l’elaborazione di dati, destinati o atti a decodificare illecitamente programmi radiofonici o servizi di telecomunicazione in codice è punito, a querela di parte, con la multa». Il secondo: «Il tentativo e la complicità sono punibili». Dal Ministero pubblico, per contro, filtra un certo imbarazzo. E questo perché a fare giurisprudenza è una sentenza del Tribunale federale vecchia, anzi vecchissima, addirittura del 1988. Sentenza secondo cui chiunque ottenga un servizio fornito a pagamento senza pagare, o non pagando la cifra prevista, è perseguibile penalmente. A nulla, evidentemente, varrebbe giustificarsi al grido «ma io non lo sapevo» o «credevo fosse legale».
Forte elemento di disturbo
Il direttore delle comunicazioni di DAZN per Germania, Austria e Svizzera, Dominik Bethke, ha confermato che «la pirateria su Internet è la più grande minaccia per l’industria dello sport». E il motivo è presto detto: «Danneggia gli affari dei campionati, dei club, degli atleti e delle piattaforme e, in ultima analisi, di tutti gli onesti appassionati di sport. Ogni streaming illegale mina le fondamenta del nostro amato sport e comporta numerosi pericoli per i consumatori. La Svizzera non fa eccezione e DAZN ne è consapevole».
Seppur indirettamente, Bethke ha ammesso che in una fase di forte espansione per DAZN nel nostro Paese, «stiamo facendo ottimi progressi in Svizzera», il fenomeno del pezzotto è un forte elemento di disturbo.
Condivisione di responsabilità
La questione, concludendo, sfocia altresì nel diritto d’autore. Per dirla con il dottor Emanuel Meyer, a capo del Dipartimento giuridico del diritto d’autore e dei diritti connessi presso l’Istituto federale della proprietà intellettuale (IPI), «il titolare dei diritti televisivi può invocare la legge sul diritto d’autore per intraprendere un’azione penale contro una piattaforma di streaming illegale o per ottenere un’ingiunzione attraverso un procedimento civile». E ancora: «Se la piattaforma di streaming illegale si trova all’estero, l’azione deve essere intrapresa nel luogo da cui i dati sono stati inviati al server».
Il consiglio, beh, è quello di «non utilizzare» una piattaforma di streaming illegale o, rimanendo al termine tecnico, il pezzotto. «E in fondo – ha chiosato Alessandro Trivilini, responsabile del Servizio di informatica forense in seno alla SUPSI – basterebbe un po’ di buonsenso: non sappiamo chi c’è dietro, chi trasmette e da dove». Non solo, se è vero che in Svizzera «la fruizione, il consumo e il download a uso personale e nella stretta cerchia familiare di contenuti soggetti al diritto d’autore è legale», ha proseguito l’esperto, «la condivisione di questi contenuti è illegale. In altri Paesi i due aspetti coincidono, o meglio è illegale sia il download sia la diffusione».
A subentrare, allora, è pure il concetto della condivisione della responsabilità (e dell’illegalità). Tradotto: se viene accertato, ad esempio da un’inchiesta italiana, che ci sono utenti ticinesi o svizzeri che utilizzano un determinato sistema in Italia, le autorità giudiziarie svizzere, una volta ricevuta la pratica dai colleghi, potrebbero riconoscere che anche in Svizzera è stato commesso un reato. «Il punto – ha sintetizzato sempre Trivilini – è che utilizzando il pezzotto si entra in una sorta di gioco la cui origine è illegale». Non solo, come avveniva ad esempio ai tempi di Napster, «c’è la condivisione dei contenuti ma c’è anche la condivisione del rischio».
Nonostante ciò, e al netto della stretta italiana o delle dichiarazioni dei protagonisti, DAZN, in testa, il pezzotto resiste. Ancora Trivilini: «Gucci ha interesse che ci sia un minimo di mercato nero. Fino a un certo punto, e vale anche per lo streaming, è una strategia di marketing affinché i clienti, poi, piano piano si avvicinino e scelgano il prodotto originale». Sempre che, prima, non vengano pizzicati.