Per il Lupin di Omar Sy si sprecano gli aggettivi
Spassoso e cupo, impegnativo ma leggero. Aggettivi antitetici, che non possono stare bene insieme. Eppure Lupin, la serie tv francese prodotta da Netflix che sta dominando le classifiche dello streaming mondiale, è tutto questo. Disponibile online dall’8 gennaio, è un guazzabuglio che, spesso e volentieri, lascia interdetto lo spettatore, impossibilitato ad amare o ad odiare veramente il prodotto, ma che semina in lui una certezza: quella di voler vedere la prossima puntata.
Interpretato dal sempre carismatico Omar Sy (famoso internazionalmente per i suoi ruoli in Quasi amici - Intouchables, Jurassic World e X-men - Giorni di un futuro passato), il protagonista di Lupin... Non è Arsène Lupin. È invece Assane Diop, un parigino di origine senegalese che si ispira apertamente, nel programmare i propri furti, alle avventure e alla figura del ladro gentiluomo. Intelligente, magnetico e manolesta, Assane sembra l’incarnazione del personaggio di fantasia e gli autori della serie non hanno nascosto l’intenzione di voler giocare con l’immagine speculare dei due, partendo dall’assonanza dei nomi Arsène-Assane.
Lupin non vuol essere una trasposizione fedele dei libri nati dal genio di Maurice Leblanc, ma piuttosto un adattamento moderno dal sapore metaletterario. Una scelta che ha permesso di mettere immediatamente a tacere quanti, immancabilmente, erano pronti a criticare il casting di un attore dalle origini africane per il ruolo del (non) Lupin.
Immancabile una tinta comica
Benché la serie sia ufficialmente catalogata da Netflix sotto «Azione» e «Avventura», è innegabile che a percorrerla v’è anche una certa vena comica. Se la risata è contagiosa, deve in qualche modo esserlo anche il sorriso, e quello di Omar Sy ne è la prova. L’attore francese, che nella commedia ha le sue origini recitative, non ha saputo evitare di trasmettere un sorriso anche in una serie tv che non manca di proporre scene crude. Una tendenza che non stona con l’immagine di Lupin (III) ormai stampata nell’immaginario collettivo: quella di un simpatico buffone, benché genio del crimine.
Il sorriso rimane un sorriso, però, e poco più: mancano, in Lupin, scene che facciano veramente scoppiare a ridere come quelle, numerose, nell’acclamato Quasi amici - Intouchables.
Impegnativo ma leggero, forse troppo leggero
Lupin sa essere, a tratti, impegnativa. Benché gli autori siano stati abili nel non renderlo la tematica principale, quello del razzismo strisciante nella società francese è un argomento che affiora più volte nel corso delle puntate. Il come e il quando segue sempre una precisa dinamica. Assane si ritrova costretto, al fine di compiere un furto, ad indossare trucco e parrucco, a creare false identità per compiere sopralluoghi o accedere ad ambienti dell’alta società impossibili da penetrare per i comuni mortali. Impersona, spesso, qualcuno che abbia potere, soldi, influenza. E la reazione nei suoi interlocutori, quando finalmente lo incontrano di persona, è sempre la stessa: «Non mi aspettavo qualcuno come lei».
Nonostante la serie metta sul piatto anche temi pesanti, il senso generale che trasmette è quello di leggerezza, e non sempre di quella positiva. È con troppa leggerezza che la polizia parigina si fa abbindolare più e più volte dall’aspirante Lupin. È con troppa facilità che Assane alleggerisce le proprie vittime. Non dobbiamo dimenticare tuttavia che alla regia delle prime tre puntate c’è Louis Leterrier: Now You See Me - I maghi del crimine vi dice qualcosa? Un travaso del tocco magico «marchio di fabbrica» dei protagonisti di questo film è, in fondo, normale.
Ci pensa Omar Sy
A nascondere sotto il tappeto queste pignolerie ci pensa, per fortuna, Omar Sy. L’attore francese è stato in grado di caricarsi sulle spalle la serie, trascinandola, come detto, ai vertici delle top 10 di Netflix in tutte le nazioni e rendendola un prodotto da non perdere per tutti gli amanti del genere.