Sismologia

Terremoti, individuate delle forze che agiscono più in profondità

Lo indicano i dati relativi alla Faglia di Sant’Andrea pubblicati sulla rivista Science Advances dai ricercatori della University of Southern California
vista aerea di una porzione della Faglia di Sant’Andrea in California. ©web
Ats
04.09.2020 20:11

Forze che agiscono molto più profondamente del previsto potrebbero essere all’origine dei terremoti. Lo indicano nuovi dati relativi alla Faglia di Sant’Andrea pubblicati sulla rivista Science Advances dai ricercatori della University of Southern California, coordinati da Sylvain Barbot.

«La maggior parte della sismicità della California ha origine dai primi 16 chilometri della crosta terrestre, ma alcuni movimenti sulla faglia di Sant’Andrea si verificano molto più in profondità», rileva Barbot. Con lo studio «mostriamo - prosegue - che una sezione profonda della faglia di Sant’Andrea si rompe frequentemente e fonde le rocce, generando queste onde sismiche anomale». I risultati, secondo gli autori, sono significativi perché potrebbero far avvicinare l’obiettivo a lungo termine di comprendere come e dove è probabile che si verifichino i terremoti, insieme alle forze che li innescano.

I ricercatori si sono concentrati su Parkfield, una piccola cittadina della California che sorge a cavallo della faglia di Sant’Andrea, scelta perché è uno degli epicentri di terremoti più monitorati al mondo. Terremoti di magnitudo 6, per esempio, hanno scosso Parkfield a intervalli abbastanza regolari nel 1857, 1881, 1901, 1922, 1934, 1966 e 2004.

Ma una indagine geologica ha mostrato che a profondità maggiori, tremori più piccoli si verificano ogni pochi mesi. Per comprenderne l’origine i ricercatori hanno simulato la dinamica dell’attività di faglia in profondità e hanno osservato che, al termine di un grande terremoto, le placche tettoniche che si incontrano al confine della faglia cominciano ad avvicinarsi, fino a scivolare l’una sull’altra. Questo attrito genera calore e quando le temperature superano i 340 gradi, i blocchi di roccia diventano meno solidi e più fluidi, innescando una scossa.

Secondo Barbot è come «sfregare le mani quando fa freddo per riscaldarle. I blocchi si surriscaldano quando scivolano e i movimenti della faglia possono essere causati da grandi sbalzi di temperatura. Questo li fa scorrere ancora più velocemente, generando alla fine un terremoto».