Tutti i perché della corsa di Pamplona

Come ogni anno, le impressionanti immagini della festa di San Firmino (Pamplona, Spagna) stanno facendo il giro del mondo, e come ogni anno sono in molti a chiedersi perché mai qualcuno dovrebbe mettere a repentaglio la propria vita correndo volontariamente davanti a sei tori imbestialiti. Che si tratti di follia, tradizione o voglia di una scarica di adrenalina, quel che è certo è che ogni anno migliaia di persone accorrono in questa città nel nord della Spagna per poter partecipare ai cosiddetti «encierros». Abbiamo quindi cercato capire un po’ meglio di cosa si tratta e cosa si nasconde dietro questa controversa pratica.
Sei tori, 875 metri e una manciata di minuti
Con il termine «encierros» si indica una serie di corse dei tori che hanno luogo ogni anno a partire dal 7 al 14 luglio a Pamplona in occasione dalla festa di San Firmino, il patrono della città: sei tori guidati da altrettanti buoi vengono liberati ogni mattina alle 8 e percorrono un tracciato prestabilito di circa 875 metri che si snoda attraverso le vie della città. Lì, intrepidi (e decisamente spericolati) partecipanti corrono davanti ai mammiferi per qualche metro, scansandosi appena in tempo per evitare le pericolose cornate. Oltre a coloro che si mettono in gioco in prima persona, numerosissimi spettatori assistono all’evento dai balconi o protetti dalle recinzioni. Se non vi sono incidenti, il tutto dura tra i due e i tre minuti e si conclude con l’arrivo degli animali nella «plaza de toros», ossia l’arena dove nel pomeriggio si terrà la corrida. L’inizio e la fine del «encierro» viene segnalata ai corridori facendo esplodere dei razzi.
Un’origine centenaria
Secondo fonti storiche, le corride (che in spagnolo descrivono in maniera generale le corse che coinvolgono tori) erano già note a Pamplona verso la fine del XIV secolo, ma a differenza di oggi, i tori non venivano uccisi durante lo spettacolo. A quell’epoca gli animali dovevano essere trasferiti a piedi dalle campagne al centro della città e per evitare problemi con i vicini, l’ultimo tratto veniva percorso il mattino presto, con i pastori che facevano loro la strada. Questi antichi «encierros» erano però molto diversi rispetto a quelli attuali, poiché nessuno correva davanti alla mandria: qualche giovane in cerca di gloria, al massimo, la rincorreva o la precedeva a grande distanza. Tuttavia, con i secoli quest’uso ha visto un’importante evoluzione e gli «encierros», come li conosciamo oggi, sono diventati così popolari da venir regolarizzati nel 1867. Benché quelli di Pamplona sono di gran lunga i più famosi, soprattutto all’estero, è importante ricordare che anche altre città organizzano eventi di questo genere.

Oltre 1300 feriti e 300 incornati negli ultimi 40 anni
Ciononostante, i rischi legati a «los encierros» sono evidenti e ogni anni varie persone rimangono ferite. Insomma, già di per sé i tori possono essere molto pericolosi, e se a questo si sommano l’alcol consumato nelle ore precedenti, la calca e la voglia di rischiare fino all’ultimo, la situazione non può che peggiorare. Negli ultimi quarant’anni oltre 1300 partecipanti hanno infatti riportato traumi, dovuti generalmente a urti, calci e spintoni, e quasi 300 sono stati «incornati». In alcune occasioni si registrano anche delle vittime e, secondo i registri, nell’ultimo secolo un totale di 16 persone hanno perso la vita per colpa di questa tradizione. Stando alle statistiche della pagina ufficiale dell’evento e dell’Università pubblica di Navarra, l’anno meno sanguinolento è stato il 1998, con «soli» 27 incidenti.
Tra tradizionalisti, oppositori ed «evoluzionisti»
Evidentemente, una tradizione simile non poteva che finire al centro di un acceso dibattito e da anni ormai gli animalisti si battono per la sua abolizione, spesso con manifestazioni pubbliche proprio prima o durante la festa. Anche durante quest’edizione per esempio, un centinaio di antitaurini si sono sdraiati per terra con delle bandierine che spuntano dalla loro schiena, distesi sul profilo dei 54 tori che verranno uccisi. Molti attivisti infatti non solo chiedono la proibizione della corrida – che di fatto è ciò che causa la morte degli animali – ma anche di questa fase preliminare: come ha spiegato all’emittente radiotelevisiva RTVE la presidentessa di AnimaNaturalis, è innegabile che «los encierros» causano loro molto stress psicologico. «Benché l’abolizione della corrida resta il nostro principale obiettivo, siamo anche contro l’impiego di animali per spettacoli», conclude.
Altri animalisti invece riconoscono che sarebbe molto difficile far accettare la proibizione di una tradizione così radicata e propongono in alternativa di eliminare dal programma la corrida così come la conosciamo oggi, trasformandola e facendola evolvere in uno spettacolo senza spargimento di sangue.
Una questione di identità culturale
Tuttavia in determinate regioni delle Spagna – come appunto nella comunità autonoma di cui Pamplona è la capitale, Navarra – l’arte taurina è un importante tassello dell’identità culturale e agli occhi di una grande fetta di popolazione sarebbe ancora inimmaginabile celebrare la festa di San Firmino senza questi animali. «Los encierros» sono visti come l’«essenza della storia» di Pamplona e non come una tortura. E per difendersi dagli attacchi sempre più martellanti degli animalisti, i tradizionalisti usano come argomento il destino ad ogni modo ineluttabile dei tori – il macello – e la loro natura di combattenti. Che questi argomenti siano validi o meno... questo è quanto si dice.