Spettacoli

Un Sanremo quasi inedito

Su Raiuno prende il via questa sera il 71. Festival della canzone italiana, il primo della storia senza pubblico, senza ospiti internazionali e privo di quella cornice che lo rende speciale – Basterà la verve di Amadeus e Fiorello a sorreggerlo?
Red. Online
02.03.2021 06:00

«Fare un festival di questo tenore non è semplice. Non farlo sarebbe stata la scelta più facile, ma anche una sconfitta per tutti. Sanremo, infatti, non è solo della Rai, ma di tutti e speriamo che sia un messaggio di ripartenza». Così, ieri nella tradizionale conferenza stampa di presentazione, il sindaco di Sanremo e il direttore generale di Raiuno hanno ufficialmente dato il via a Sanremo 2021, il settantunesimo nella lunga storia della più importante manifestazione canora del Continente che dalle 20.40 di stasera fino a sabato notte monopolizzerà l’attenzione degli appassionati di musica ma non solo.

Più che una gara di canzonette

Considerare il Festival della canzone italiana unicamente una rassegna canora è infatti riduttivo: Sanremo è molto di più, è un evento la cui portata trascende il semplice elemento canoro, trasformandosi in un fenomeno di costume che, usando le canzoni in gara come «fil rouge», si trasforma in uno specchio dell’Italia, dei suoi mille pregi, dei suoi altrettanti difetti, delle sue manie e delle sue esagerazioni. Soprattutto in questa edizione, probabilmente la più difficile della sua settantennale storia, a causa sia di una pandemia lungi dall’essere non solo debellata ma anche controllata, sia di un sistema-Paese reso oltremodo fragile, impaurito, rancoroso e che, in vista anche di una possibile ripartenza primaverile, ha dunque bisogno di un po’ di ossigeno, di quella «leggerezza» che i dirigenti della RAI hanno rimarcato come elemento primario della manifestazione.

Parola d’ordine leggerezza

Leggerezza che sono chiamati a trasmettere a una platea televisiva che si annuncia da record (e non potrebbe essere altrimenti visto che l’Italia, la sera, è in coprifuoco totale e che tutti i concorrenti della RAI in questi giorni offrono una programmazione di basso profilo all’insegna della non belligeranza) due autentici campioni del settore: Fiorello e Amadeus, coppia affiatatissima da quasi trent’anni (dai tempi di «Baldini Ama Laurenti» su Radio Deejay) che l’anno scorso ha saputo trasportare con successo in tv quell’arte del «cazzeggio» che li ha resi celebri in radio. Il loro compito tuttavia quest’anno non sarà così facile. Perché c’è il rischio della ripetitività (che nel settore dell’«aria fritta» in cui si muovono può essere fatale) ma anche perché, rispetto all’anno passato, Sanremo difetta di quegli elementi che rendono la manifestazione ligure così speciale e unica. Ossia il pubblico e gli eventi collaterali che riempiono strade e piazze, che attirano in Riviera per una settimana un campionario di umanità che fa spettacolo da solo, che alimentano le polemiche, le curiosità, gli aneddoti, i pettegolezzi, che insomma trasformano la sonnolenta e ormai decadente cittadina normalmente adibita a luogo di svernamento dei pensionati lombardo-piemontesi nel frenetico, provocante e un po’ pazzo ombelico dello showbiz italico con il suo contorno di nani, ballerine, aspiranti cantanti e attori e quant’altro.

© EPA/ETTORE FERRARI
© EPA/ETTORE FERRARI

Il «miracolo» del santo

Certo, a dare un po’ più di agio a questa difficile situazione ci ha pensato nelle ultime ore il santo protettore della città (che non è, come si potrebbe credere, San Remo - che non esiste - bensì San Romolo, che non è suo fratello) riuscito in un’impresa degna del «collega» San Gennaro, ossia trasformare in 24 ore una zona «rosso cupo» in una «gialla», in cui le misure sanitarie sono più blande. Tuttavia non crediamo che questo prodigio sanitario serva più di tanto a ridare al festival quel frizzante contorno che rappresenta la sua forza: toccherà dunque far conto quasi totalmente sulle canzoni e sui loro interpreti, attorno ai quali regnano parecchie incognite.

Big poco Big

Già, perché la direzione artistica quest’anno ha puntato su un lotto di cantanti che, nonostante l’appellativo di «Big», salvo qualche eccezione, «Big» proprio non sono. E che, al di là di un valore artistico su cui non ce la sentiamo di sindacare, non sono neppure particolarmente famosi (nel senso di «che godono di larga e riconosciuta fama»): una scelta che rappresenta un’arma a doppio taglio, specie per un format la cui vocazione «nazional-popolare» è palese.

Per stuzzicare la curiosità e tenere incollato il pubblico la direzione artistica, impossibilitata a causa delle limitazioni in atto sugli spostamenti a chiamare ospiti internazionali, ha puntato su una serie di figure «speciali» come il calciatore Zlatan Ibrahimovic e il moderno trasformista del pop italiano Achille Lauro e su una lunga lista di rappresentanti dello sport, della cultura, della socialità, in modo da fare, come dicevamo in apertura, di Sanremo uno spaccato dell’Italia di oggi. Si passerà dunque dal marciatore Alex Schwazer all’attrice Serena Rossi; dall’infermiera-simbolo della pandemia Alessia Bonari alla banda della Polizia di Stato; da una Laura Pausini fresca di Golden Globe alla giornalista Giovanna Botteri, dai tenorini de Il Volo a tutti i protagonisti di tutte le fiction in calendario prossimamente sulle reti Rai.

I primi favoriti

Un gran calderone, insomma, con la competizione canora a fare da fil-rouge. E per la quale è già partito il toto-scommesse sul probabile vincitore. Che, al buio (ovvero senza aver ancora ascoltato le canzoni), i bookmaker indicano nel duo siciliano Colapesce-Dimartino, seguito dai Maneskin e da Fedez & Francesca Michielin, terzi su un ideale podio alla pari con il rapper torinese Willie Peyote. Finirà davvero così?

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