Mostre

Un secolo di storia del Ticino nelle collezioni del MASI

Presentando in maniera cronologicamente strutturata (ed integrata da prestiti puntuali) i propri capolavori il Museo d’arte della Svizzera italiana ripercorre le tappe dell’evoluzione culturale del nostro territorio tra Otto e Novecento
©Mueso d’arte della Svizzera italiana, Lugano ©Pro Litteris
Matteo Airaghi
Mattia Sacchi
Matteo AiraghieMattia Sacchi
10.05.2021 06:00

«Operazioni come questa servono innanzitutto a ricordare che il MASI non è una semplice sede espositiva ma un museo d’arte, istituzione radicata nel tempo e nel territorio con un proprio patrimonio di opere che ne definiscono l’identità, la struttura e la missione». Ci accoglie con queste parole Tobia Bezzola, direttore del Museo d’arte della Svizzera italian, prima di introdurci alla mostra appena insediatasi al primo piano della sede del LAC da l titolo Sentimento e Osservazione con lo scopo di esplorare l’arte ticinese tra il 1850 e il 1950 attraverso le collezioni del MASI (con qualche opportuna integrazione). Nelle collezioni del MASI si rispecchia infatti l’evoluzione della recente storia delle arti visive in Ticino. Dal XIX secolo, questa non è improntata solamente dalla comunità artistica regionale, bensì anche dagli artisti, collezionisti, commercianti e studiosi che hanno scelto questa regione peculiare come patria d’adozione. In particolare, nelle collezioni è rappresentata l’ambivalenza caratteristica del Cantone, che da un lato ha un’identità culturale italiana e dall’altro appartiene politicamente allo Stato federale svizzero. La presentazione delle collezioni del MASI intende allora offrire una visione di come l’arte in Ticino – a partire dalla fondazione dello Stato federale nel 1848 fino alla fine della Seconda guerra mondiale – si sia dinamicamente evoluta nel suo contesto culturale specifico, e mostrare le influenze, provenienti da Sud e dal Nord, che si sono affermate nella regione.

Le cinque sezioni

La presentazione delle collezioni del MASI è strutturata cronologicamente in cinque parti, ci spiega Tobia Bezzola: «un primo capitolo “Paesaggio e storia”, traccia il modo in cui, a partire dalla nascita della Confederazione, si riveli una coscienza identitaria-nazionalistica anche nella pittura di paesaggio svizzera e come per la prima volta il paesaggio ticinese diventi un soggetto interessante per i pittori provenienti da entrambi i versanti delle Alpi. La sezione successiva, “Il paesaggio come simbolo”, rende evidente come nel movimento europeo del Simbolismo le opere dei pittori ticinesi si fondano in modo naturale con quelle di artisti italiani e svizzeri tedeschi. Anche il capitolo successivo, “Sentimento e atmosfera”, è dedicato al paesaggio. Post-impressionismo e Divisionismo formano un orizzonte stilistico comune per una visione meridionale e settentrionale del paesaggio. La sezione “Osservazione della vita quotidiana” unisce diverse concezioni artistiche della pittura di genere a cavallo tra il XIX e il XX secolo, dal Verismo alla Poesia del quotidiano, fino al Realismo magico e alla Nuova oggettività. Infine, con l’ultima sezione “Sguardi moderni”, si vede come precocemente anche in Ticino, grazie al trasferimento di molti artisti, il cubo-futurismo e l’espressionismo stravolgano la concezione tradizionale di forma e colore». Attraverso le opere del MASI (e i collegamenti logico tematici assicurati dalle integrazioni dei prestiti che così si delineano anche come dei tasselli mancanti, dei desideri, che completerebbero il corpus delle opere negli archivi del museo) si compie così un viaggio non soltanto nella storia dell’arte di una piccola regione che tra impulsi locali e tensioni continue tra influssi da nord e da sud non conosce eguali culturali altrove.

Identità fluida

Già dal XIX secolo, molti artisti provenienti dalla Svizzera tedesca e da altri Paesi d’oltralpe, cominciano a soggiornare in Ticino, inizialmente in modo sporadico e temporaneo e poi, a partire dall’inizio del XX secolo, sempre più spesso vi si trasferiscono definitivamente. Queste presenze contribuiscono ad aumentare la pressione sulla comunità artistica regionale spingendola a prendere posizione rispetto all’orientamento più tradizionale della realtà italiana e alle correnti nordiche innovative, sempre più incompatibili tra loro. È così che, negli anni tra il 1850 e il 1950, in accordo col clima politico e culturale dell’epoca, nel mondo dell’arte ticinese si riscontra o un dinamico attaccamento alla tradizione italiana, o un fiorente regionalismo ticinese, o anche una lenta ma inesorabile apertura ai movimenti moderni provenienti dal Nord. Solo a partire dalla fine degli anni Cinquanta del Novecento, quando la scena artistica italiana trova un posto all’interno del contesto dell’avanguardia internazionale, questi contrasti cominciano ad allentarsi e anche gli artisti ticinesi vivono la propria appartenenza identitaria in modo diverso. Dal tardo Romanticismo al Realismo, dall’Impressionismo fino al Post-Impressionismo; attraverso il Simbolismo, l’Espressionismo, la Nuova Oggettività e il Realismo Magico la mostra giunge alle prime fioriture del Surrealismo e il linguaggio dell’arte si trasforma in una chiave di lettura altra per comprendere le vicende non sempre facili ma certamente feconde da ogni angolazione culturale di questo nostro Paese, d’anima genuinamente lombarda e sentimento politico robustamente svizzero.

La video intervista a Tobia Bezzola, direttore del MASI