L’intervista

Un ticinese dietro alla nebbia della Biennale

Dal suo piccolo atelier di Bellinzona, il meccanico creativo Nicola Colombo ha realizzato la nebbia dell’opera di Lara Favaretto, «Thinking head» - VIDEOINTERVISTA
Nicola Colombo davanti al padiglione centrale della Biennale. (foto C.NACA)
Chiara Nacaroglu
13.05.2019 06:00

VENEZIA - “Caigo maledetto!” Questa l’espressione dialettale usata da diversi veneziani davanti all’opera di Lara Favaretto, “Thinking head”, posizionata in cima al padiglione principale della 58.esima edizione della Biennale di Venezia, l’esposizione d’arte che ha luogo ogni due anni in laguna. L’espressione “caigo” è usata in veneziano per indicare la nebbia ed è proprio nebbia, finissima e naturale, che come il pensiero esce dalla testa del padiglione (da qui il titolo dell’opera, “Thinking head”). Dietro a questa nebbia - una delle opere più curiose di questa edizione della Biennale - c’è il meccanico creativo (così si definisce lui stesso) bellinzonese Nicola Colombo che, insieme alla sua compagna Monica Sciarini, ha realizzato il macchinario di nebulizzazione nel piccolo atelier di Nephos Swiss fog, nel cuore della Turrita. Lo abbiamo intervistato a Venezia, in occasione dell’apertura della Biennale.

Da Bellinzona alla Biennale di Venezia è un bel viaggio. Com’è nata questa collaborazione?
«Lavoriamo da tredici anni a Bellinzona per fare la nebbia migliore del mondo e finalmente abbiamo iniziato a lavorare in giro per il mondo. La collaborazione con l’autrice dell’opera, Lara Favaretto, è stata frutto di una curiosa triangolazione che vede protagonista il museo di Nottingham in Inghilterra, dove abbiamo realizzato per la prima volta la nebbia per “Thinking head”. Ed ora la realizziamo qui alla Biennale».

Perché proprio la nebbia?
«Sono affascinato dalla nebbia fin da quando sono bambino e ancora oggi le giornate di pioggia sono le mie preferite, quando c’è il temporale per me è il massimo. L’idea di produrre la nebbia è stata ispirata dalla nuvola protagonista all’Expo di Yverdon nel 2002 (la struttura posizionata sul lago di Neuchâtel che simulava una nuvola che originava vapore acque, ndr.) e da quel momento abbiamo iniziato a sviluppare questo sistema. Ci ha aiutati anche la costruzione di AlpTransit: per quattro intensissimi anni abbiamo lavorato nel tunnel di Sigirino generando nebbia per abbattere le polveri, un sistema che viene usato anche nelle miniere in Sudafrica».

In cosa consiste la vostra meccanica?
«Siamo in grado di generare nebbia sottilissima grazie ai nostri ugelli di nebulizzazione fabbricati in Ticino da ditte specializzate in micromeccanica, si tratta di lavorazioni di precisione che rappresentano molto bene l’eccellenza svizzera. Come funziona la nostra meccanica? In poche parole, l’acqua viene portata in alta pressione, fatta vorticare e polverizzata il più finemente possibile. Il nostro lavoro è stato rendere queste gocce d’acqua il più fini possibili e per farlo ci siamo appunto specializzati nella fabbricazione di ugelli di precisione per la nebulizzazione».

In «Thinking head» il sistema è montato sul tetto ed è enorme...
«L’acqua utilizzata è potabile e filtrata, viene portata in pressione e nebulizzata tramite ottocento ugelli, sul tetto del padiglione vi sono ben 90 metri di tubi. Vengono utilizzati circa 10.000 litri d’acqua al giorno, ovvero quanta ne serve per irrigare un giardino».

Qual è la reazione dei visitatori davanti a questo volume impressionante di nebbia?
«Dato che l’aspetto della nebbia generata cambia a seconda del meteo, anche le reazioni dei visitatori sono differenti. Qualcuno ha addirittura chiamato i pompieri pensando che il tetto del padiglione andasse a fuoco! In questi giorni abbiamo avuto giornate umide e fredde nelle quali la nebbia sembrava non staccarsi più perché in quelle condizioni le goccioline d’acqua non evaporano e rimangono in sospensione. Mentre nel corso di giornate calde e secche appare completamente differente, sono sicuro che quest’estate sarà molto apprezzata dai visitatori della Biennale (ride, ndr.). In ogni caso la nebbia non è mai uguale un giorno con l’altro, proprio come il pensiero».