Un ticinese su 4 non legge mai libri
La cultura si può misurare? E con quali parametri? Da molti anni, ormai, l’Ufficio di statistica del Ticino (USTAT) pubblica una «Panoramica» sui più significativi consumi culturali nel cantone, premettendo sempre - nella breve introduzione - un’identica considerazione: «Quello della cultura è forse il tema della statistica pubblica più difficile da circoscrivere, da descrivere e, in ultima analisi, da quantificare. Si tratta di un campo molto vasto e variegato, che le statistiche coprono in maniera eterogenea».
I «dati sull’offerta, la fruizione, le pratiche, i costi e il finanziamento del settore culturale, e, in generale, le informazioni» che riguardano la «gestione del tempo libero» - ad esempio leggere, andare al cinema o a teatro, ascoltare la musica, guardare la televisione - sono sempre «molto richiesti». E non a caso, ovviamente: essi, infatti, concorrono in modo determinante a comprendere i cambiamenti sociali. In ogni direzione.
Servono infatti a evidenziare la penetrazione dei nuovi media nelle varie fasce d’età o a capire i gusti culturali: tratti essenziali di una società più liquida e quindi, di conseguenza, più rapida nelle sue trasformazioni.
E, in effetti, le 22 pagine della Panoramica pubblicata alcuni giorni fa sono, in questo senso, davvero illuminanti. Confermano tendenze chiare e ormai condivise in tutti i Paesi industrializzati ma offrono, nel contempo, elementi di riflessione nuovi sulla comunità linguistica del Ticino e della Svizzera Italiana.
Sempre meno televisione
Un dato, sicuramente, spicca sugli altri: il crollo dell’interesse delle giovani e giovanissime generazioni verso la televisione. Nella fascia 15-29 anni, infatti, il consumo giornaliero medio pro capite è sceso, nel 2022 (anno di riferimento della ricerca, ndr), a 39 minuti. Nel 2013 era di 64 minuti (e nel 2002 di 68 minuti). «I giovani - scrivono i ricercatori dell’USTAT - seguono la TV per poco più di mezz’ora al giorno, mentre coloro che hanno 60 o più anni seguono in media» i programmi del piccolo schermo per «circa 265 minuti», quasi quattro ore e mezzo. Una differenza abissale.
«Rispetto all’anno 2020 - si legge ancora nella Panoramica USTAT - anno caratterizzato dalla pandemia COVID-19 che, per determinati periodi, ha costretto molte persone a rimanere in casa con anche radio e TV come fonti di informazione, la fruizione di questi media è tornata a diminuire, riprendendo una tendenza già in atto». In particolare, il tempo medio trascorso dai ticinesi davanti alla televisione, dal 2020 al 2022, diminuisce complessivamente di 24 minuti, passando da 170 a 146 minuti al giorno (ma nel 2009 erano addirittura 188).
Meno TV, più Internet. I giovani, ma non soltanto loro, sono ormai iperconnessi e fanno transitare i propri consumi culturali quasi sempre sullo smartphone. Ascoltano la musica e guardano film e serie televisive utilizzando un unico strumento. Con il quale, però, leggono poco.
La lettura dei libri è uno dei punti dolenti emersi dalla ricerca dell’USTAT. Quasi un ticinese su quattro, il 24,2%, non prende mai in mano un volume. E tra quelli che invece lo fanno, quasi il 20% non va oltre uno o due libri all’anno.
I lettori cosiddetti «forti», coloro i quali cioè leggono più di un libro al mese, sono soltanto il 14,9% (dieci anni fa erano il 26,1%). I ticinesi, tra l’altro, leggono meno degli altri svizzeri: «la quota di chi non ha letto alcun libro, che in Ticino si attesta attorno al 29% tra gli uomini e al 16% tra le donne», scrive l’USTAT, nel resto della Confederazione è al 28% per gli uomini e al 14% per le donne.
Scompaiono le sale
Numeri interessanti sono anche quelli relativi al cinema sul grande schermo. Una modalità di fruizione culturale che prima le piattaforme televisive a pagamento, e poi la pandemia, sembravano aver quasi completamente distrutto. Nel 2020, annus horribilis del COVID, i biglietti staccati nei cinema ticinesi furono soltanto 94.685. Poco meno di 120 mila quelli dell’anno successivo, 223 mila quelli del 2022. Una risalita che, almeno per il momento, inchioda comunque le cifre a risultati molto distanti dai 644.739 biglietti venduti nel 2002, l’anno migliore dal 1995 in fatto di spettatori.
La crisi del grande schermo, è noto, ha soprattutto un nome: streaming. Nel 2000, in Ticino erano attivi 19 cinema. Oggi sono soltanto 10. Nel nostro cantone, così come nel resto della Svizzera, scrivono i ricercatori dell’USTAT, «circa il 90% degli intervistati dichiara di aver visto nell’ultimo anno almeno un film trasmesso da un canale televisivo».
E «il ricorso alla visione di film tramite Internet (legalmente o illegalmente) o servizi di video on demand si colloca attorno al 30%».
Nel report USTAT manca, forse, un dato che sarebbe stato interessante conoscere: gli acquisti pro capite di prodotti culturali. Quanto cioè i ticinesi spendono per teatro, cinema, libri, dischi, fumetti e così via. C’è, in compenso, la cifra annua stanziata dal Cantone e dai Comuni in campo culturale (relativa però al 2020): quasi 93 milioni di franchi, ovvero 264,5 franchi per ogni cittadino. Cifra che pone il Ticino all’11. posto tra i 26 Cantoni elvetici più prodighi a investire in cultura.