Società

Vent’anni di Grande Fratello

Il 14 settembre del 2000 debuttava sui teleschermi di Mediaset il programma che ha dato il via al fenomeno dei «reality show» e cambiato radicalmente il volto dell’intrattenimento televisivo
Red. Online
14.09.2020 06:00

«Tra vent’anni, quando si parlerà di televisione, si parlerà della TV prima di Grande Fratello e della TV dopo Grande Fratello». Così dichiarò l’olandese John De Mol quando nel 1999 presentò la sua nuova creazione che stava per debuttare sul canale olandese Veronica: un rivoluzionario esperimento sociologico e televisivo che consisteva nel prendere dieci persone sconosciute – al pubblico e tra loro – e farle convivere per un determinato periodo all’interno di una casa sorvegliata 24 ore su 24 da telecamere televisive e, per dirla alla Jannacci, «vedere di nascosto l’effetto che fa». Mai dichiarazione fu così profetica: il format da lui ideato e sbarcato in Italia esattamente vent’anni fa, il 14 settembre 2000, sulle reti Mediaset che ancora oggi lo ospitano, ha davvero cambiato il modo di fare intrattenimento, inventando un nuovo genere (il «reality show», appunto) stravolgendo i canoni della sensibilità nei confronti di ciò che accade sul piccolo schermo e riscrivendo le regole di ciò che si poteva o non si poteva vedere.

Una metafora sociale

«Inizialmente il GF si proponeva come una sorta di metafora sociale presa e ripresa dal libro di Orwell», spiega Gabriele Balbi professore associato in media studies all’Istituto di media e giornalismo dell’USI. «L’idea era infatti di far vedere quali sono gli effetti di una mancanza di privacy assoluta, di un controllo assoluto e nel contempo prendere persone che non erano parte dell’universo televisivo, gente insomma “comune” e trasformarla in personaggi». Una formula all’epoca temeraria, ma di grande successo che i suoi ideatori hanno esportato in tutto il mondo e che, sia nelle sue varianti sia nei numerosi «spin off» continua a funzionare anche oggi: cosa non così scontata, soprattutto per via della cattiva considerazione di cui il programma ha sempre goduto tra la critica ma non solo. «Quello della cattiva considerazione del GF è un tema interessante», continua Balbi. «E che mi ricollega a Umberto Eco e alla sua Fenomenologia di Mike Bongiorno nella quale affermava più o meno che “Quando guardiamo Mike tutti ci sentiamo un po’ migliori di lui, che è il campione della mediocrità. Questo ci rassicura e contribuisce alla fortuna del suo personaggio”. Ecco questo meccanismo ha funzionato anche con il GF e con i suoi epigoni: vedere, osservare, spiare dalla nostra tv persone o di cultura bassa o che si ritrovano invischiate in situazioni molto trash, in qualche modo ci rassicura, ci fa sentire migliori e in grado anche di prendersi gioco di loro».

Il GF oggi

Ma oggi in un panorama tv profondamente mutato, il GF ha ancora un suo significato? «Se vediamo i numeri, oggi ha molta meno audience del passato, tanto che l’hanno rivitalizzato con personaggi già noti che fanno saltare quella logica di far diventare famoso qualcuno che non lo è, ma che però sono in grado di attirare maggiormente l’attenzione», continua Gabriele Balbi. «Però va considerato che se 20 anni fa il GF era l’unico reality, oggi questo tipo di programmi è esploso in varie forme e versioni, contaminando altri generi di intrattenimento: dai programmi di cucina ai talent che, è vero, sono delle competizioni basate sul merito, ma con all’interno molti elementi dei reality. Dunque credo che questo tipo di programmi non abbia ancora esaurito la sua forza d’attrazione e questo sebbene alcuni dei suoi presupposti di base siano caduti: il paradigma di Orwell (il timore di un controllo totale che è possibile esercitare su una persona attraverso uno sorveglianza continua - ndr) alla radice del GF, in particolare, non crea più le paure di allora: grazie alla tecnologia e ai social media siamo coscienti di essere in qualche modo tutti sorveglianti. Però ritengo che il programma, in sé, mantenga ancora una dimensione cerimoniale interessante». Così come sarebbe interessante capire se il Grande Fratello ha fatto bene o male alla TV e al pubblico...

Un fenomeno diffuso in 54 Paesi

La nascita

Nato da un’idea di Jon de Mol, il reality Big Brother debutta in Olanda sulla rete televisiva Veronica nel settembre 1999. Il successo è travolgente e nel breve volgere di pochi mesi il format viene esportato in tutto il mondo. In Italia arriva il 14 settembre 2000 su Canale 5, rete che trasmette il format ancora oggi, nella versione normale e dal 2016 anche nello spin-off «Grande Fratello Vip».

L’espansione

Al settembre 2019 del programma sono state realizzate ben 448 stagioni, diffuse in 54 differenti Paesi e regioni geografiche con modalità che spesso si differenziano dalla versione originale pur mantenendone l’impianto di base. Ad oggi ci sono stati 486 vincitori.

In Svizzera

In Svizzera il format non ha avuto molto successo, forse in quanto penalizzato dalla concorrenza delle versioni tedesca, italiana e francese: Big Brother Schweiz è stato realizzato infatti per sole due stagioni (2000 e 2001) dall’emittente svizzerotedesca Tv3.