Viaggi nello spazio e nella mente

Siamo dalle parti della fantascienza filosofica. Quella di 2001: Odissea nello spazio (a cui Interstellar rende più di un omaggio) e del Solaris di Tarkovskij. Ma con un'audace capriola il kolossal di Christopher Nolan cita Kubrick e intanto guarda alle allegorie, sottotraccia new age, di Terrence Malick (nel cast c'è anche Jessica Chastain di L'albero della vita ed è lei il personaggio chiave della svolta). Atteso come un nuovo capolavoro, costato 165 milioni di dollari, il nono lungometraggio del regista londinese (che l'ha scritto con il fratello Jonathan e l'ha coprodotto) ha subito diviso nei giudizi e nel primo weekend di uscita americana è stato ingiuriosamente battuto dal cartoon Disney Big Hero 6. Nessuno si prende il rischio di stroncarlo apertamente, ma i distinguo e le riserve non sono mancati; perché più di qualche perplessità questo film di quasi tre ore la suscita. Formalmente è di maestoso impatto visivo ma c'è il sospetto di trovarsi di fronte ad un complicato gioco di prestigio. Che i film di Nolan siano compiaciutamente complicati non c'è dubbio e il regista qui è brillante nell'ammantare le incongruenze del plot con spiegazioni scientifiche, basate sulle teorie dell'astrofisico Kip Thorne, anche coproduttore esecutivo. Interstellar è ambientato in un futuro indeterminato ma prossimo. La Terra è messa male, il clima è al collasso, i pochi abitanti rimasti riescono a malapena a coltivare mais e devono far fronte a continue tempeste di polvere. È tornato alla campagna anche il pilota Cooper (Matthew McConaughey), che vive con due figli adolescenti e il suocero. Finché la Nasa lo richiama per affidargli una missione dagli esiti più che incerti: esplorare lo spazio alla ricerca di nuovi pianeti abitabili. Cervello dell'operazione è un suo vecchio professore (Michael Caine, già mentore del protagonista in The Prestige e nella saga di Batman). Bisogna arrivare su altre galassie ed è possibile grazie a un wormhole, cioè un tunnel spazio-temporale. Cooper promette ai figli, soprattutto alla figlia Murph, con la quale ha un feeling speciale, che tornerà. Nello spazio, alla ricerca di spedizioni partite prima e ora disperse, gli astronauti (compresa Anne Hathaway) vedono cose che noi umani nemmeno possiamo immaginare, come onde scambiate in lontananze per montagne e Matt Damon che ha perso il senno ed è diventato malvagio. C'è anche un robot-computer (o forse sono due in simbiosi?) probabile discendente di Hall 9000, e intanto il tempo passa. Cooper è sempre uguale, mentre i suoi figli sono diventati grandi e Murph continua a voler interpretare il mistero di quel "fantasma" (così lo chiama) che cerca di mettersi in contatto con lei da quando era adolescente; poi scoprirà che la comunicazione avviene con un codice binario. In modo quasi impercettibile ma radicale le premesse scientifiche spariscono; l'avventura di Cooper nello spazio potrebbe essere stata solo un viaggio nella propria mente e nel proprio cuore, che esalta il legame d'amore con la famiglia. Prepotentemente, il cinema dei sentimenti e della spiritualità alla s'impone sul cinema razionale alla Kubrick. Nolan è un cucinatore della post-modernità, dove la coerenza interna di un'opera non è più considerata un valore da tenere in considerazione.