Le avventure politicamente scorrette di High On Life
Lo diciamo subito: High On Life non è un gioco per bambini. Casomai non fosse chiaro dal bollino PEGI 16+, dopo cinque minuti dall’inizio del gioco, la sorella del protagonista porge uno specchio dove sceglierete il vostro aspetto fisico. Per capire di che pasta è fatto il gioco, lo specchio ve lo porge invitandovi a sniffare coca.
Non siamo ai livelli di Pulp Fiction: High On Life è un videogioco blasfemo, irriverente, assai volgare, ma non è ultraviolento. Il liceale protagonista del gioco si ritrova proiettato in un mondo alieno dopo che il Cartello spaziale G3 ha invaso la Terra con lo scopo di imprigionare gli umani e «fumarseli» come se fossero una droga. Sì, si spara – è uno sparatutto, d’altra parte – ma ha i toni e i colori di un cartone animato, e non a caso: gli autori sono gli stessi del cartoon Ricky & Morty, e ne condivide il medesimo taglio stilistico. Quindi, non dovete farvi ingannare: è un videogioco dedicato a un pubblico maturo, che possa comprendere e apprezzare vituperio generalizzato e endemico.
Dopo un’oretta di gioco, le vostre armi sono una pistola parlante, che sta zitta molto di rado e anzi commenta ogni vostra azione; nella sinistra, avrete un coltello psicopatico che vuole squartare chiunque sia abbastanza vicino, compreso il giocatore, e commenta il circondario con una media di una parolaccia ogni tre parole. Le situazioni, i dialoghi, la grafica sono sempre più assurdi e pazzeschi, perché High On Life punta tutto sull’essere politicamente scorretto, blasfemo e vuole proprio stupirvi con battute sempre più di bassa lega.
Ci voleva? Chi vi scrive non è un appassionato della parolaccia, e devo ammettere che in più di un’occasione ho trovate l’ironia di High On Life persino esagerata. Un momento trovate una coppia di «apriporta» alieni che vi chiedono chi sia il più attraente dei due, e a seconda della vostra risposta, uno vi fa passare e l’altro vi odierà per sempre, insultandovi ogni volta che gli passerete vicino. Divertente, alla fine, rispetto alla valanga di giochi dove devi trovare la classica chiave rossa per aprire una porta. Dieci minuti dopo, incontrate un ragazzino alieno pestifero che vi dà noia e vi blocca la strada. Potete scegliere di sparargli, e guadagnerete anche un «Achievement». Ma sì, alla fine è evidente che il gioco sta scherzando.
Dopo due ore di gioco con questi toni, la battuta a ogni angolo diventa quasi esagerata. Sembra quasi che gli autori non vogliano rischiare di deludervi e debbano infilare scherzi e lazzi in ogni angolo. D’altra parte, come sparatutto e come gioco, High On Life è un gioco piacevole. Non siamo di fronte al capolavoro che farà la storia del gameplay, ma quello che i gamer chiamano «gunplay», ovvero il divertimento di sparare contro i nemici, evitare i loro colpi, sferrare un attacco corpo a corpo quando sono vicini, nascondersi dietro a un muro per ricaricare gli scudi, alla fine, ci sta tutto. Magari un po’ ripetitivo e non all’altezza delle mega produzioni hollywoodiane come Call of Duty e soci, ma offre tranquillamente 10/12 ore di avventura e sparatorie single-player più che soddisfacenti.
Lo ripetiamo, è un gioco per persone mature: siamo sicuri che anche molti sedicenni scafati lo comprenderanno e si divertiranno, sta al genitore capire se vostro è o meno in grado di comprendere l’umorismo dark e sopra le righe di High On Life. Anzi, il difetto principale del gioco è che sono tradotti nella nostra lingua solo i sottotitoli, quindi da una parte potrete apprezzare le voci che sentite anche in Ricky & Morty, dall’altra sarà quasi impossibile per chi non mastica assai a fondo l’inglese capire i giochi di parole e le battute in mezzo alle sparatorie e all’azione. Un plauso ai combattimenti contro i boss di fine livello, che sono assai gustosi.
High On Life è disponibile per PC, console Xbox One e Series X|S: lo trovate dal day one anche su Game Pass, l’abbonamento «all you can play» di Microsoft. Il gioco ha una classificazione PEGI 16+ ed è tradotto nei sottotitoli.