La recensione

L’odissea fantasy di Dragon Age: The Veilguard

Cosa c’è di peggio che dover affrontare una divinità elfica che vuole distruggere il mondo? Beh, litigare con due divinità elfiche che vogliono scatenare il caos a casa vostra
Paolo Paglianti
23.11.2024 21:00

Tutti abbiamo un amico che fa scelte sbagliate e che vorremmo convincere in ogni modo a tornare sulla retta via. Il protagonista di Dragon Age: The Veilguard, per esempio, ha un amico mago che si è messo in testa di tagliare il «velo» arcano che protegge il mondo di Thedas dal caos della corruzione. Riusciremo sì a fermarlo, ma non prima che uno squarcio del nostro ex-amico abbia permesso a non una, ma due divinità fuori di testa di invadere il nostro mondo, iniziando a riversare distruzione e demoni dalla parte sbagliata del velo infranto.

Toccherà al nostro alter ego riunire un team di eroi senza paura pronti a combattere demoni e divinità, ricucire lo strappo,e ricacciare il caos oltre il velo. Dragon Age: The Veilguard è il quarto episodio del franchise degli sviluppatori Bioware, dei veri artisti di giochi di ruolo e storie epiche, gli stessi del meraviglioso Mass Effect. Tuttavia, considerando che sono passati circa 10 anni dal capitolo precedente Dragon Age: Inquisition, nessuno si aspetta seriamente che il giocatore abbia giocato o semplicemente ricordi nei minimi particolari l’intricata storia dei capitoli precedenti. Si può tranquillamente affrontare The Veilguard senza avere memoria o senza aver giocato agli altri capitoli, il rischio è solo di perdersi qualche citazione o riferimento dedicato ai veterani della serie.

Difficile nel 2024 parlare di un gioco di ruolo per console e PC senza paragonarlo a quello che è considerato il capolavoro indiscusso delle categoria, quel Baldur’s Gate 3 che poco più di un anno fa ha conquistato il cuore degli appassionati, vincendo addirittura il premio come «Gioco dell’anno» ai Game Awards 2023. Confrontandoli, appare evidente che sì, hanno in comune di essere due giochi di ruolo fantasy, ma sono anche molto distanti. Baldur’s Gate 3 è una fedele riproposizione del gioco di ruolo «da tavolo», quello in cui gli amici appassionati di dadi con venti facce, Beholder e Forgotten Realms si ritrovano settimanalmente per «giocare di ruolo». In Baldur’s Gate, quasi ogni dialogo importante è dominato dalle statistiche dell’interlocutore, che per esempio può tentare un «tiro carisma» per convincere una guardia a aprire una porta; ogni combattimento è una simulazione a turni scacchistica, in cui ponderare quale tipo di attacco con la spada infliggere al nemico o quale incantesimo scatenargli addosso.

Dragon Age: The Veilguard è piuttosto lontano da questi meccanismi, preferendo un approccio ben più immediato. I combattimenti sono assai più action, e ogni volta che il nostro mago si è trovato ad affrontare i suoi avversari, abbiamo avuto la sensazione di avere un bastone magico - mitragliatrice con cui lanciare incantesimi quasi come in uno sparatutto. I dialoghi hanno qualche opzione (a seconda della storia di background del nostro personaggio), ma non potrete certo sperare di cavarvela con le chiacchiere o di cambiare sensibilmente l’esito di un dialogo come in Baldur’s Gate se avete investito nei punti carisma del vostro alter ego - anche perché non esiste proprio il punteggio carisma o forza. L’evoluzione dei vostri eroi, in base all’esperienza, si articola essenzialmente scegliendo nuove abilità, attacchi speciali o incantesimi ogni volta che salite di livello, con tanto di specializzazioni nelle «classi» (guerriero, mago e ladro), ma non troverete le statistiche simil-Dungeons and Dragons.

Anche l’esplorazione, specie nelle prime ore di gioco è molto lineare. Quando il gioco ingrana, scoprirete che il vostro team anti-divinità elfiche dispone di un «quartier generale» nascosto nell’oblio, in cui prepararsi alle sfide successive, chiacchierare (con tanto di storie d’amore, se volete) con i personaggi che vi accompagneranno nella vostra odissea fantasy, e da cui è possibile raggiungere le location del gioco. Non c’è una mappa «universale» generale, ma allo stesso tempo ogni location premia i giocatori curiosi che esplorano ogni suo angolo, con oggetti e ricompense varie. E c’è da dire che molte delle aree del gioco sono davvero splendide, e meritano di essere visitate in lungo e in largo.

Nonostante la sua anima spiccatamente action, abbiamo pochi dubbi nel catalogare Dragon Age: The Veilguard tra i giochi di ruolo DOC. Parlando dei combattimenti, è sicuro che sono molto action, ma è altrettanto vero che specie in quelli più impegnativi, è necessario comunque avere una strategia e coordinare i vostri compagni di viaggio, ordinando loro chi attaccare e come, oppure di bersagliarvi con incantesimi curativi mentre state infliggendo fendenti o lanciando palle di fuoco. Sopratutto, a volte dovrete prendere decisioni «cardinali» che avranno un impatto sull’evoluzione della storia, e abbastanza spesso ci siamo ritrovati a riflettere su «come sarebbe andata se avessimo scelto di fare in un modo piuttosto che in quell’altro». E questa è - almeno secondo chi vi scrive - un po’ l’essenza del gioco di ruolo, ovvero dei videogame in cui scegliamo di impersonare un certo tipo di personaggio (spietato, misericordioso, vendicativo) e poi agiamo di conseguenza seguendo, appunto, il ruolo che ci siamo dati.

Dragon Age: The Veilguard è disponibile per PS5, Xbox Series X|S e PC. Sottotitoli e testi sono in italiano, mentre il doppiaggio è presente in inglese, francese e tedesco. Il gioco ha un PEGI età consigliata 18+

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