Equitazione

«A cavallo lascio emergere il mio lato emotivo e intuitivo»

Scattano oggi, all'ippodromo di San Siro, gli Europei di salto ostacoli - Abbiamo intervistato il cavaliere svizzero Edouard Schmitz
© KEYSTONE / Gian Ehrenzeller
Cristina Casari
30.08.2023 11:35

Da oggi a domenica l’ippodromo di San Siro a Milano ospita gli Europei di salto ostacoli. La Svizzera, detentrice del titolo, proverà a staccare il biglietto per le Olimpiadi di Parigi 2024. I cavalieri elvetici, dominatori della stagione di Nations Cup, sono tra i favoriti. Tra di loro anche il 24.enne ginevrino Edouard Schmitz, che scopriamo.

La pressione per l’ottenimento del pass olimpico vi spaventa?

«Meglio dire che siamo concentrati. È vero che ci sentiamo messi un po’ sotto pressione, ma è una cosa positiva. Siamo i campioni d’Europa in carica, abbiamo vinto la Nations Cup. Sappiamo come funzioniamo e siamo una bella squadra (oltre a Schmitz, ne fanno parte Martin Fuchs, Steve Guerdat e Bryan Balsiger, n.d.r.), molto unita. Non sottovalutiamo gli avversari e un risultato nel top dieci basterebbe per qualificarci. Se del caso, poi, avremmo un’ulteriore opportunità alle finali a Barcellona».

Il capo della squadra, Michel Sorg, cosa vi ha detto?

«Vuole che ci concentriamo sulla riconferma del titolo, la qualificazione ai Giochi dovrebbe così diventare una formalità e, ovviamente, essere la ciliegina sulla torta».

Il suo cavallo di punta è Quno, un castrone di 14 anni, ultimamente però la vediamo spesso in sella a Gamin van’t Naastveldhof, di tre anni più giovane, che ha scelto di portare a Milano. Quali sono le sue peculiarità?

«Con Gamin, di proprietà del ticinese Arturo Fasana, trapiantato da decenni a Ginevra, è stato un colpo di fulmine. Tra di noi c’è molto feeling, è un cavallo leggero e intelligente. È molto generoso e ha carattere, oltre a essere sensibile. Mi diverte, è curioso e ora che ci conosciamo meglio abbiamo fiducia cieca uno nell’altro».

Come si è avvicinato all’equitazione e al salto ostacoli?

«Vivevamo a Vandoeuvres, vicino a una scuderia. Ma nessuno della mia famiglia era veramente appassionato di cavalli, non provenivamo da una stirpe di allevatori come lo sono le famiglie Fuchs e Guerdat, per esempio. All’epoca praticavo lo sci alpino e avevo raggiunto un buon livello (fa il modesto, ma era un prodigio della disciplina, n.d.r.). Supplicavo spesso i miei genitori affinché mi lasciassero montare, ma temevano che fossi troppo esuberante e che prendessi troppi rischi. Fino al giorno in cui a 7 anni un mio amico mi invitò a un campo di allenamento di equitazione e loro mi concessero di andarci. Mi innamorai di questo sport. L’anno successivo mi regalarono il pony Huckleberry. Da quel momento ho preso lezioni, mi sono allenato, ho divorato libri specializzati e a 10 anni andavo con questo mio amico nelle scuderie della regione in bicicletta, per occuparmi dei cavalli. Arrivavamo ad accudirne otto in una giornata».

E poi?

«A 12 anni ho dovuto scegliere tra lo sci e l’equitazione, senza esitare ho scelto quest’ultima. Da lì tutto è andato molto velocemente. Gli anni successivi mi sono fatto notare nelle competizioni, nel 2017 ho ottenuto la maturità liceale e nello stesso anno ho traslocato a Zurigo per iniziare gli studi in ingegneria meccanica al Politecnico, riorientandomi poi verso l’informatica. Sono approdato presso la scuderia di Thomas Fuchs e da cinque anni faccio parte dei quadri della nazionale svizzera».

Come concilia studi e attività agonistica?

«Lo scorso anno li avevo messi un po’ da parte, li ho ripresi da poco seguendo i corsi scolastici online. Sono assai ambizioso, ma riconosco che non si può fare tutto bene. Sto affrontando un percorso per ottenere il bachelor in Scienza dei dati. È un ottimo compromesso e mi rispecchia molto: da una parte la mia attitudine analitica e tecnica, dall’altra - con i cavalli - quella emotiva e intuitiva».

Come vede il suo futuro?

«Sono solo all’inizio della mia carriera sportiva, che mi auguro lunga e proficua. Tra i miei obiettivi ci sono i Giochi olimpici, non esiste sportivo che non li sogni. Nel contempo, però, non mi vedo in sella fino alla pensione. Forse allenerò, chi lo sa. Non mi pongo limiti».