Il ricordo

Addio a Bruno Pizzul, un pezzo dell'Italia, non solo calcistica

Se ne va lo storico telecronista degli Azzurri, indimenticabile per lo stile e per il suo «ROBERTOBAGGIO», tutto attaccato, come se il giocatore fosse un'entità superiore - Non ha mai potuto pronunciare la frase delle frasi: «L’Italia è campione del mondo»
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Marcello Pelizzari
05.03.2025 09:00

Pacato, elegante, celebre per la sua correttezza linguistica, figlia dei suoi studi universitari e di un accenno di carriera nell’insegnamento. Malinconico anche, soprattutto quando l’Italia perdeva («Peccato») o sembrava sul punto di crollare. Come ai Mondiali di USA 94, agli ottavi di finale contro la Nigeria, nel mitico Foxboro Stadium che lui, il Bruno nazionale, aveva trasformato in «Foxborooooooo Steeeeeeeeedium». Gli Azzurri erano sotto nel punteggio e lui, al grido «intanto il tempo passa», si era lanciato in un’analisi sull’eliminazione oramai imminente, se non addirittura certa. All’improvviso, un sussulto: Mussi entra in area, serve Roberto Baggio, tiro di precisione dall’angolo impossibile, gol. Anzi, «gaaaal» per dirla con il telecronista.

Bruno Pizzul, friulano tutto d’un pezzo, già calciatore di buon livello e prima voce della nazionale italiana di calcio dal 1986 al 2002, non c’è più. E noi, cresciuti con le sue parole e le sue emozioni, oggi siamo un po’ più soli. Ci siamo subito fiondati su YouTube a recuperare le clip più celebri, incappando peraltro in imitatori di primissima categoria: Gianfranco Butinar, Angelo Pintus e Neri Marcorè. Abbiamo sorriso ricordando certe partite. E i momenti, clou, che le hanno caratterizzate. Allora come oggi, a colpirci appunto la pacatezza. Ma anche il trasporto emotivo. Soprattutto verso alcuni giocatori. Uno su tutti: Roberto Baggio, che Pizzul chiamava «ROBERTOBAGGIO». Tutto attaccato, tutto assieme, in un mare di soli cognomi. Come se il Divin Codino fosse un’entità superiore. Spoiler: lo era.

Di Pizzul ci colpiva proprio questo. Nell’ordine e nel rigore della telecronaca, delle sue telecronache, trovava spazio per la battuta, per le drammatizzazioni eccessive, per giudizi tecnico-tattici tanto competenti quanto trancianti («Eeeeeeee giocano bene questi» detto di qualsiasi avversario dell’Italia che superasse la metà campo) e, appunto, per sano, sanissimo trasporto. Come quando accompagnò uno scambio fra Dino e Roberto Baggio usando solo i nomi: «Dinoooo, Robèrtooooooo, Dinoooooooooo, non va».

In un mondo, oggi, dominato da termini iperbolici e tremendamente settoriali – chi mai aveva sentito parlare di «braccetti» o «coperture preventive»? – Bruno Pizzul manca e mancherà terribilmente. Perché, da buon friulano, andava dritto al sodo. Prendendoci per mano e accompagnandoci in un racconto dai toni ora alti ora, invece, popolari. È stato, in tutto e per tutto, un pezzo dell’Italia, non solo calcistica. Il solo rammarico, nel lasciarlo andare, è che lungo la sua prosperosa carriera non abbia mai potuto pronunciare la frase delle frasi: «L’Italia è campione del mondo». Lo tradirono i rigori, nel 1990, nel 1994 e nel 1998, mentre all’ultimo giro si scontrò, come gli Azzurri, con Byron Moreno.