«Balotelli? Per la Super League è una notizia sensazionale»
Balotelli al Sion (all’ultimo minuto), Steffen al Lugano. Eccoli, gli ultimi fuochi d’artificio del mercato svizzero. Mentre per quanto riguarda i calciatori rossocrociati, beh, a fare notizia è il passaggio di Akanji al City. Di questi colpi, del fattore «Qatar» e delle variabili che regolano i trasferimenti nel nostro Paese abbiamo discusso con Dino Lamberti, CEO della FPA Fairplay Agency, ex agente di Gökhan Inler e grande esperto in materia.
Signor Lamberti, è doveroso partire dal clamoroso arrivo di Mario Balotelli al Sion. Come giudica l’operazione?
«Devo fare i complimenti alla famiglia Constantin: non si tratta solo di un colpo eccellente per il Sion, ma anche di una notizia sensazionale per la Super League elvetica».
Il mercato estivo si è dunque chiuso con il botto. Quanto è stato reso movimentato dai Mondiali organizzati per la prima volta a fine anno?
«Partecipare al maggiore e più importante evento calcistico è il sogno di ogni giocatore. Non si spiegano altrimenti determinati trasferimenti che in un contesto differente non avrebbero avuto luogo. I profili che la scorsa stagione hanno trascorso più tempo in panchina che in campo sperano di trovare un maggior minutaggio attraverso il passaggio a un’altra squadra. E, di riflesso, di avere maggiori possibilità di prendere parte ai Mondiali in Qatar».
I giocatori nel giro della Nazionale svizzera - tra cui Renato Steffen finito al Lugano - sono stati protagonisti di numerosi trasferimenti. Mai, alla vigilia degli ultimi grandi tornei, così tanti rossocrociati avevano cambiato squadra. Un buon segno o una cattiva notizia per il ct Murat Yakin?
«Ribadisco e chiarisco il concetto. Gli elementi più ambiziosi nel giro della Nazionale vogliono giocare il più possibile nei rispettivi club. E ciò al fine di affrontare la Coppa del mondo al massimo livello. D’altronde ogni commissario tecnico, Murat Yakin compreso, tiene conto della forma del momento, fisica e mentale, nella quale si trova il potenziale convocato. Va da sé, l’impiego costante nel proprio campionato contribuisce in modo significativo al fattore forse più importante per ciascun allenatore».
Come valuta il caso Akanji?
«Ho seguito questo caso solo di transenna e non ne conosco i dettagli. Sono comunque felice che Akanji sia passato al Manchester City. È un’ottima cosa anche per il calcio svizzero. Spero per lui che riesca a farsi valere e ad avere successo. In questo modo Murat Yakin potrà fare affidamento su un forte difensore centrale alla fine dell’anno».
L’acquisto di Remo Freuler da parte del Nottingham Forest ha invece contribuito al record di spesa per il mercato estivo firmato dalla Premier League. Nel campionato inglese, sul fronte trasferimenti, si continua a giocare in un’altra categoria?
«A 30 anni compiuti, Remo ha intravisto nel Nottingham Forrest un’interessante opportunità per lo sviluppo della carriera. Grazie agli importanti introiti garantiti dai diritti tv, anche una neopromossa in Premier League è in grado di posizionarsi a un buon livello in termini di competitività. Il miglior calcio, in fondo, si gioca in Inghilterra, dove i giocatori più forti al mondo sono reclutati grazie agli stipendi più alti d’Europa».
Tornando ad Akanji, fa riflettere che in Italia - quando era stato accostato all’Inter - c’è addirittura chi storceva il naso. Ora è al Manchester City...
«Inutile girarci attorno: un calciatore – tra le altre cose – ragiona in base al salario percepito. Anche se questo non è l’unico aspetto che pone la Premier al di sopra degli altri campionati. Parliamo del torneo più seguito al mondo, nel quale l’alta densità di giocatori e allenatori di qualità si riflette inun livello di gioco senza eguali. Insomma, è normale che un calciatore ricerchi il confronto con i migliori del pianeta».
L’affaire Cristiano Ronaldo l’ha sorpresa?
«Anche in questo caso non posso che giudicare da osservatore esterno. Ebbene, comprendo che Cristiano Ronaldo voglia continuare a esibirsi ai massimi livelli, provando a difendere i record personali. Per dire: Lionel Messi, in questa stagione, sarà ancora protagonista in Champions League. CR7, in tal senso, era mosso da ambizioni positive. E a fronte delle stesse, io lo avrei visto benissimo al Napoli. Un top club in una regione italiana che ama come pochi il calcio».
Più in generale, in qualità di agente che opera sulla scena internazionale, gli effetti della pandemia sono ancora avvertibili? O gli sforzi economici dei club sono tornati ai livelli prepandemici?
«Gli effetti della pandemia sono ancora presenti e si fanno sentire in più modi. Innanzitutto i prestiti sono aumentati rispetto al passato. Le buste paga, invece, non sono più così elevate. Soprattutto per quanto concerne i livelli salariali medio-bassi, la differenza si è accentuata notevolmente. Certo, i maxi-trasferimenti non spariranno. Ma parlerei più di eccezione e non di regola».
Torniamo alla Svizzera: è possibile individuare una «cultura» del mercato specifica per la Super League e gli agenti che vi operano?
«In questa fase registriamo una collaborazione vieppiù marcata con club e giocatori del continente africano. Si tratta di profili il cui stile diverte il tifoso. Ma altresì di calciatori più economici da reperire sul mercato, per esempio, rispetto ai sudamericani. A beneficiarne, naturalmente, sono gli agenti specializzati in calcio africano».
Facciamo anche un esempio concreto: come si differenziano il mercato dello Young Boys e quello del Basilea? E come si comporta, di conseguenza, un procuratore che conosce queste realtà?
«A seguito dell’ultimo cambio di proprietà, sempre più spesso il Basilea ha deciso di affidarsi a giocatori stranieri con una certa qualità, ma poco utilizzati nel vecchio club. L’obiettivo è chiaro: questi profili sono chiamati a contribuire risultati della squadra renana in modo temporaneo. Tradotto: i giovani della regione, oggi, hanno meno probabilità di emergere al St. Jakob. Per quanto concerne lo Young Boys, assistiamo al contrario a un mix di giocatori affermati e talenti di casa. Due club diversi, dunque, con filosofie differenti. In qualità di agenti ne siamo consapevoli e così il nostro comportamento e le nostre valutazioni variano a seconda della situazione e del cliente.
Le formule dei prestiti sono molteplici, mentre l’investimento vero e importante rimane quasi un’eccezione tra i club di Super League. Quando dunque una società decide di spendere veramente per un calciatore? Qual è l’identikit del «colpo di mercato svizzero»?
«Purtroppo è raro che un club svizzero sostenga un talento di casa e investa su di lui a lungo termine. Lo Young Boys, comunque, sta mostrando la strada da seguire. Come? Attraverso dei contratti di lunga durata. Questi accordi hanno un duplice effetto positivo: da un lato favoriscono la crescita del giocatore, dall’altro fanno bene al calcio svizzero e, di riflesso, alla Nazionale. Però ripeto: la maggior parte delle società preferisce essere molto, ma molto prudente. Attendendo alcuni anni, e prestazioni costanti, prima di scommettere su un calciatore elvetico».
Capitolo commissioni. Nei principali campionati europei se ne sentono di tutti i colori, in particolare circa le quote milionarie destinate a questo o a quell’altro agente di calciatori. Qual è la situazione per i procuratori che si muovono in Svizzera? Quanto, banalmente, è possibile ricavare dal trasferimento di un proprio assistito?
«A livello europeo, le commissioni sono più alte perché gli stipendi sono più elevati. E le commissioni sono calcolate sulla base dei salari lordi. Detto questo, la partecipazione alle spese di trasferimento non è possibile per gli agenti dei giocatori».
Il vostro lavoro è reso più difficile da chi governa i vari campionati e dalle istituzioni internazionali?
«In fin dei conti, come agente devi avere dei buoni giocatori. E a fronte delle crescenti limitazioni degli ultimi anni, abbiamo visto tutti quanto la categoria – in collaborazione con i propri avvocati e i rispettivi assistiti – riesca a essere creativa per riuscire in ogni caso ad avere successo. L’alternativa? Rinunciare ad occuparsi dei giocatori. Ma a risentirne, in questo caso, sarebbe il calcio in generale».