Farsi male da soli e salutare la Coppa

È una sconfitta amara quella inferta sabato dal Neuchâtel alla SAM Massagno, eliminata ad un passo dall’ultimo atto di Coppa Svizzera. Amara perché vedersi sfuggire una finale tutto sommato a portata di mano, in una stagione con pochi altri obiettivi davanti, non può certo lasciare un gran senso di soddisfazione. Alla Riveraine i padroni di casa dell’Union non hanno rubato nulla, facendo anzi la loro partita. Hanno sfruttato i loro punti di forza, soprattutto gli stranieri, e preso il meglio di quanto la Spinelli ha concesso. Che è stato parecchio, soprattutto in una sfida da dentro e fuori, laddove, come ripetono spesso allenatori e giocatori, sono i dettagli a fare la differenza. I 32 punti subiti da palle perse e seconde opportunità hanno il loro bel peso specifico nel risultato finale. Che con qualche palla persa in meno (sono state 19) e meno rimbalzi offensivi concessi (16), avrebbe potuto sorridere al Massagno.
Ritrovarsi a rincorrere
L’analisi, dettata dai numeri, è sposata anche da coach Salvatore Cabibbo: «Abbiamo perso troppi palloni, inutile dire quanto questo ci abbia penalizzato. Perché poi ci siamo ritrovati a rincorrere, e anche se siamo stati bravi a rientrare e a reagire nel momento più complicato, questo ci ha tolto lucidità per restare attaccati alla partita». La sua SAM è stata insomma croce e delizia. Brava in avvio, concentrata e sul pezzo come ti aspetteresti. Ma poi – e non è una novità in questa stagione –, subito in difficoltà, più con sé stessa, alla prima mezza sbandata. Generata e successivamente alimentata da quelli che rimangono i limiti principali dei biancorossi, quelli che ne hanno spesso azzoppato le velleità. Perché se la Spinelli, come sottolineato da Cabibbo, ha dimostrato carattere nel trovare sempre una reazione nei passaggi più complicati, facendo vedere paradossalmente in quei momenti di essere potenzialmente migliore dell’avversario, in quelle situazioni ci si è ritrovata soprattutto per colpe proprie. Non proprio quello che ti aspetteresti da una squadra pregna di esperienza. Che ha così disperso soprattutto la prestazione di Marko Mladjan (21 punti, con 6/9 da 3), sempre poco amato dalla Riveraine e anche sabato costantemente accompagnato da fischi, eppure, insieme al fratello Dusan (14), unico a vedere regolarmente il canestro, capace di far sentire la sua presenza nelle battute iniziali e poi nella rincorsa finale.
Panchina corta
Una rincorsa giocata senza Robertson, di grande impatto nel primo tempo (12 dei suoi 14 punti), tornato poi però quasi dannoso e infatti uscito per falli nella ripresa. Nella quale il contributo di Humphrey è arrivato tardi e quello di Morgan si è auto compensato con più di una brutta gestione offensiva (4 palle perse). E con Martino e Solcà dalle polveri bagnate, la panchina accorciata dalla partenza di Warden e da Koludrovic «dimenticato», le alternative per Cabibbo si sono ridotte non di poco. Il Neuchâtel ne ha avute poche di più, e però sufficienti per raggiungere una finale che mancava da 10 anni, dopo l’ultima giocata, e persa, contro il Lugano. A Berna i ragazzi di Trivunovic troveranno, come da pronostico, il Ginevra, cui sono bastati 10 minuti per regolare la pratica Kleinbasel (141-52).