Challenge League

Benavente: «Cosa insegno ai miei ragazzi? Che il campo è un luogo sacro»

In vista del match di domani al Comunale tra Bellinzona e Baden, abbiamo tracciato un ritratto del nuovo allenatore granata: «Per la mia prima avventura in panchina non potevo scegliere posto migliore»
Benavente ha preso il posto di Rosas dopo i problemi legati al suo patentino. © CdT/Gabriele Putzu
Maddalena Buila
25.11.2023 06:00

Ha 50 anni ed è nato in Spagna, a Barcellona. Durante la sua carriera ha però girato per tutto il mondo: Cipro, Ecuador, Messico, Arabia Saudita… ricoprendo vari ruoli all’interno delle società sportive in cui ha militato. Quello che ancora gli mancava era però un posto da allenatore. Almeno fino a quando non ha deciso di abbracciare il progetto offertogli dal Bellinzona, diventandone la guida dopo i problemi legati al patentino di Mario Rosas. In vista del match di domani al Comunale contro il Baden, abbiamo incontrato il nuovo condottiero dei granata Manuel Benavente, che ci ha accolto con un sorriso. «Sono molto felice di essere a Bellinzona. La Svizzera è magnifica, così come lo è anche la capitale del Ticino. Un po’ ventosa in questi giorni (sorride, ndr), ma d’altronde sono nato in Spagna, dove abbiamo ogni tipo di clima e fenomeno meteorologico. Sole, vento, freddo, insomma, siamo abituati a tutto». E proprio nella ventosa Bellinzona, diverse settimane or sono, Benavente ha deciso di proseguire la sua carriera. Una scelta dettata anche da una buona conoscenza del nostro Paese da parte di tutto lo staff spagnolo che è atterrato in Ticino insieme a lui. «Conosco la Svizzera da tanto tempo. A mio modo di vedere questo è un posto splendido. Non è infatti un segreto che su suolo elvetico si respiri moltissima cultura ed educazione. Sia io, sia Mario (Rosas, ndr), sia Diego (Megìas Navarro, preparatore fisico, ndr) abbiamo girato tante realtà, ma ci ha sempre intrigato poter fare esperienza in un contesto come quello rossocrociato, ai nostri occhi uno scalino più alto rispetto a ciò che s’incontra nel resto d’Europa».

L’amore per Malaga

Durante la sua carriera, Benavente ha viaggiato molto, passando dall’Al-Fateh nel massimo campionato dell’Arabia Saudita, al Guayaquil City nella massima divisione ecuadoriana e all’Omonia Nicosia, la seconda squadra di calcio cipriota più titolata alle spalle dell’APOEL. Per citare solo alcune tappe. Ha lavorato però anche molto in Spagna, dove il suo cammino si è incrociato con quello di società calcistiche importanti, come l’Espanyol o il Malaga. «E proprio in quest’ultima realtà, con l’Atlético Malagueño, ho lasciato il cuore. Questo per via del progetto che era sul tavolo quando sono arrivato io, nel 2011. Lo scopo era quello di confermarsi una squadra dal grande potenziale, e così abbiamo fatto. Mediaticamente siamo stati anche parecchio sotto i riflettori per essere stati in grado di confermaci ai massimi livelli nella Cantera, dando grande lustro ai nostri giovani. Sono stati tre anni incredibili e ancora oggi personalmente considero Malaga tra le squadre più forti della realtà spagnola a livello giovanile dopo Real Madrid e Barcellona».

Il nuovo tecnico granata ha però anche ricoperto diversi ruoli all’interno delle società per cui ha lavorato. Da preparatore dei portieri, ad assistente in panchina, passando per match analyst. E oggi per la prima volta anche quello di allenatore. «E ne sono molto soddisfatto. Ciononostante, devo ammettere che non era un mio chiodo fisso. Mi è infatti piaciuto molto anche fare da assistente, piuttosto che lavorare nell’area tecnica. È altresì vero che ora sono molto contento di quello che faccio, ma non ho mai avuto l’ansia di arrivare dove sono adesso. Sono una persona che si trova bene in ogni ruolo che occupa».

Per guadagnarsi la pagnotta

Un salto importante quello da assistente a vera guida di una squadra. Un condottiero deve avere anche le idee in chiaro su quali sono i messaggi fondamentali da trasmettere ai propri ragazzi in campo. «Per me il concetto chiave è solo uno: lavorare per portare il pane nelle nostre case, alle nostre famiglie. Il mondo è pieno di problemi, pensiamo solo alle guerre che imperversano in Ucraina o in Medio Oriente. Vivere in Svizzera è un’enorme fortuna. E questo va sempre ricordato. Ecco perché per me poter scendere in campo tutti i giorni è una cosa sacra, così come sacro è anche lo spogliatoio. Sono luoghi che ci permettono di dimenticare tutti i problemi e pensare solo al calcio. E per mostrarsi riconoscenti di tutto quanto abbiamo non possiamo far altro che dare il massimo in ogni incontro». Parole che potrebbero aver davvero ispirato Tosetti e compagni, dato che dall’arrivo del nuovo gruppo spagnolo il Bellinzona ha incassato una sola sconfitta in campionato. «Io ho 50 anni e nonostante non abbia mai collaborato con Barcellona o Liverpool, non ho nemmeno mai lavorato con una squadra che è poi stata retrocessa. Il mio modo di agire mi porta a capire quali sono i punti di forza di un gruppo e a potenziarli al massimo. Lamentarsi, al contrario, è un verbo che non fa parte del mio vocabolario e voglio non sia preso in considerazione nemmeno dai miei ragazzi. Perché non serve a nulla. Il segreto è lavorare e farlo duramente».

Usciamo per un attimo dal contesto sportivo. Abbiamo appurato che Manuel Benavente ha un debole per la Svizzera. Ma cosa gli piace esattamente di questo paese? «Tutto (ride, ndr). La tranquillità, il freddo, il silenzio che regna nei bar, nei ristoranti, nei treni. Mi sono innamorato di questo posto. Ho viaggiato davvero molto, ma per me poter camminare in mezzo alla gente che passeggia in pace non ha prezzo. Nel tempo libero amo anche io fare due passi. In generale sono una persona che dorme poco, in media 4-5 ore a notte. Ho infatti un bambino con la sindrome di autismo, cosa che mi porta a ricercare nella notte o delle ore serali momenti per me. Talvolta mi ritrovo addirittura a rispondere ai messaggi alle tre di notte, portando i miei interlocutori a chiedermi se sono per caso in giro ubriaco (ride, ndr). Scherzi a parte, mi piace davvero molto passeggiare, ascoltando magari della musica. Anche se per me spesso significa farlo nell’oscurità non fa niente, sono comunque momenti impagabili», chiosa il nuovo allenatore granata.

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