Brividi di orrore
Per festeggiare due successi di fila questo Lugano ha dovuto attendere tre mesi. Pretendere addirittura tre vittorie consecutive sarebbe allora stato un tantino esagerato. Ci si chiede dunque - ormai da troppo tempo - quale sia il vero volto della squadra bianconera. Quello pimpante e determinato evidenziato alla Postfinance Arena di Berna o quello spento e amorfo della sfida con il Friburgo? Il Lugano ha attraversato una crisi talmente lunga e profonda che c’è chi si accontenta - si fa per dire - di prestazione come quella offerta con il Gottéron. Basta ormai non colare a picco e portare sul ghiaccio un minimo di reazione per pulirsi la coscienza. Per credere di avere comunque fatto il proprio dovere. Ed invece la differenza tra la grinta di Berna e la passività vista con il Friburgo è semplicemente inaccettabile per una formazione penultima in classifica. No, non si possono vincere tutte le partite da qui al termine della stagione regolare. E sì, il Gottéron - dopo il cambio dell’allenatore, guarda un po’ - è tornato ad essere una gran bella squadra.
Ma sentire dai protagonisti bianconeri che è stato sbagliato l’approccio alla partita fa venire i brividi. Brividi di orrore. È permesso perdere, nello sport, ma scendere in pista senza grinta né carattere è imperdonabile. Sembra insomma che ci sia un tarlo inestirpabile, che rode dall’interno questo gruppo. Un gruppo fragilissimo, che non ha risolto i presunti «problemi di ansia» evocati da Luca Gianinazzi. Il primo, al termine dell’incontro, a mostrare un eccessivo nervosismo ai microfoni della RSI, rifiutandosi in maniera stizzita di precisare se Michael Joly si fosse infortunato ad un ginocchio o alla caviglia. Sai che differenza... Non è mai un bel segnale, quando è il coach il primo ad evidenziare irritabilità ed inquietudine.
Quella di Bienne - contro l’ennesimo avversario diretto - è insomma davvero l’ultimissima chiamata per il Lugano. Che dovrà rispondere al quesito iniziale su quale sia il suo vero volto. In altre parole, se ha le risorse per lottare fino alla fine almeno per un posto nei play-in - evviva, evviva - o se invece il popolo bianconero deve mettersi il cuore in pace. Cosa in parte già avvenuta, considerando che il tifo della Cornèr Arena - storicamente caldo ed esigente - non ha più nemmeno la forza di arrabbiarsi o di fischiare, come atti estremi dinnanzi ad un amore tradito.
«Il Lugano è vivo e finché sarà vivo Gianinazzi rimarrà con noi», aveva annunciato una raggiante Vicky Mantegazza al termine del successo nel derby prenatalizio. Ma è davvero ancora viva, la squadra bianconera? Basta un sussulto ogni tanto - come quello a Berna - per auto convincersi di aver imboccato la strada giusta? Ovviamente no - lo dice la classifica, non noi - ed è lecito chiedersi a questo punto se il club sia davvero cosciente di ciò a cui sta andando incontro. E a 19 partite dal termine della regular season non declassi la sconfitta con il Gottéron ad un incidente di percorso sul cammino di una via più serena. Giù il cappello davanti a chi ci crede ancora: un po’ irriducibile e forse un po’ ingenuo.