Sport e intrattenimento

Calcio in tv, addio menu à la carte: «Ma blue, oggi, è un'eccezione»

Dal 21 giugno l'offerta per i clienti svizzeri sarà accessibile solo con un abbonamento annuale - L'esperto Pierre Maes: «Scelta inevitabile, per altro a importi meno cari che nel resto d’Europa»
©Keystone/Jean-Christophe Bott
Massimo Solari
09.03.2023 06:00

«Ma sì dai, mi compro la partita!». Chissà quanti di voi hanno avvertito questo piccolo brivido, telecomando in mano e il match di cartello di Super o Champions League quale piacevole compagno di viaggio per circa due ore. Ecco, dal 21 giugno scordatevi sia l’esclamazione, sia il fremito. Acquistare un singolo match su blue Sport - la piattaforma di eventi sportivi di Swisscom - non sarà più possibile. Insomma, addio alla funzione «Pay-per-view», per usare un tecnicismo. Chi volesse continuare a usufruire del servizio dovrà giocoforza sottoscrivere un abbonamento annuale. Ah, e rispetto ai 29,90 franchi attuali il pacchetto costerà 34,90 franchi al mese. Addirittura 49,90, qualora preferiste una soluzione flessibile, con possibilità di disdetta in ogni momento. I clienti con un abbonamento già attivo o disposti a concluderne uno nuovo prima dell’estate sono per contro risparmiati dalla misura. L’annuncio, appena pubblicato con grande discrezione sul portale ufficiale di blue ma subito rimbalzato su siti d’informazione, giornali e social media, sta facendo discutere. E anche parecchio. Un piccolo, grande terremoto. Solo pochi anni fa, d’altronde, il prezzo del singolo incontro era già stato portato da 5 a 9,90 franchi. A partire dalla prossima stagione, l’offerta calcistica per la clientela svizzera conoscerà invece un rincaro di almeno il 15% a partire. Non è tantissimo, ma nemmeno poco.

«Colpa dei diritti televisivi»

In queste ore, fastidio e interrogativi si intrecciano. Perché? Sì, perché? «Negli ultimi anni l’interesse nei confronti degli eventi su richiesta singola è calato. Pertanto, per ragioni di strategia del prodotto, in futuro abbiamo deciso di offrire gli eventi sportivi solo in abbonamento» spiega blue Sport, facendo copia-incolla sotto i diversi rimproveri ricevuti su Twitter. Quando chiediamo d’indicare l’entità di questo calo - così da rendere più digeribile la svolta - l’azienda però non si sbottona: «Come sempre, non comunichiamo cifre concrete». Eccetto quelle relative ai prezzi, va da sé. E a proposito di fatture. Interpellata dal Blick, la Chief Product Officer di blue Sport Claudia Lässer ha motivato il ritocco delle tariffe con «il costante aumento dei prezzi dei diritti tv e dei costi di produzione». Non bisogna dimenticare - ha sottolineato - che l’offerta viene declinata in tre lingue, per altro in un mercato contenuto come quello elvetico.

Negli ultimi anni l’interesse nei confronti degli eventi su richiesta singola è calato: ma non forniamo cifre concrete
Blue Sport, filiale di Swisscom

La piaga della pirateria

«Con l’opzione della “Pay-per-view”, blue Sport è oramai un’eccezione in Europa» tiene comunque a sottolineare Pierre Maes, consulente indipendente in materia di diritti sportivi e autore del libro «Le business des droits TV du foot» (FYP éditions). «La decisione dell’operatore, in questo senso, è comprensibile: vendere singole partite è diventato sempre più difficile. A maggior ragione a quasi 10 franchi. Di qui la volontà di concentrarsi sugli abbonamenti e le garanzie finanziarie che ne derivano». L’esperto, insomma, non definirebbe «una notizia» il tramonto degli incontri venduti all’unità. Eppure, DAZN ci starebbe pensando per l’offerta nel Regno Unito e forse in Italia. «Ma con una perdita cumulata di quasi 5 miliardi di euro, quello di DAZN non è sicuramente un modello virtuoso» ammonisce Maes. Il dato centrale e potenzialmente critico, tornando alle nostre latitudini, è perciò legato al rincaro del prezzo dell’abbonamento. «Di nuovo, se facciamo un raffronto con le condizioni proposte in altri Paesi del continente, i 35 franchi mensili richiesti in Svizzera non sono però così cari» aggiunge. «Prendiamo la Francia: per accedere a tutto lo sport è necessario sborsare 80 euro al mese».

Nel pacchetto blue Sport, val la pena ricordarlo, sono incluse Super e Challenge League, le tre competizioni europee, Serie A, Premier League, Ligue 1 e Liga. Solo la Bundesliga non è offerta al pubblico. Mentre nelle realtà limitrofe - fa notare la filiale di Swisscom - servono dai due ai quattro abbonamenti (e quindi una spesa maggiore) per combinare campionato nazionale e Champions League. «I diversi operatori devono affrontare due complicate sfide» indica in merito Maes: «Reclutare nuovi abbonati e, allo stesso tempo, non smarrire quelli esistenti». Non bastasse, un altro fattore fragilizza ulteriormente il mercato: la pirateria. «Questo fenomeno, trasversale sul mercato europeo, si declina in due modi» spiega Maes: «Da un lato lo streaming illegale, dall’altro la IPTV, un sistema di pirateria degli eventi sportivi senza confini e a pagamento. Ma parliamo di un prezzo irrisorio, una decina di euro».

Attenzione alle abitudini dei consumatori: Netflix e soci hanno sdoganato l'interruzione dell'abbonamento in qualsiasi momento, il cosiddetto «cancel anytime»
Pierre Maes, consulente indipendente in diritti sportivi

La prudenza di Amazon

Le abitudini mutate dei consumatori completano il quadro traballante. Sentite Maes: «Netflix e soci hanno sdoganato il concetto del “cancel anytime”. Tradotto: l’interruzione dell’abbonamento in qualsiasi momento a seconda di gusti e interessi contingenti. Il consumatore ne può approfittare, il diffusore - all’opposto - è più vulnerabile». In quest’ottica, prevedendo solo accordi annuali o a prezzi maggiorati per le disdette libere, blue Sport sembra dunque promuovere un’operazione nostalgia. «Essere redditizi grazie agli eventi sportivi è tutto fuorché scontato, poiché i diritti tv non smettono di crescere» osserva il nostro interlocutore, facendo eco a Lässer. Peccato che gli stessi operatori alimentino in prima persona l’escalation dei prezzi. E non pensiamo tanto all’adeguamento del contratto con la Swiss Football League, alla luce del passaggio a 12 squadre in Super a partire dalla prossima stagione, ma alla Champions. Su questo scivoloso e agguerrito terreno, blue Sports si è assicurata i diritti di trasmissione anche per il periodo 2024/25-2026/27. E la riforma della massima competizione europea, con più squadre e molte più partite, ha sicuramente imposto un notevole sforzo economico. L’UEFA, per dire, intende aumentare i proventi dei diritti tv di un ulteriore 40%. Perché no, sfruttando una discesa in campo più convinta dell’universo «GAFA»: Google, Amazon, Facebook e Apple.

I colossi delle big tech, sin qui, hanno piazzato solo colpi mirati. «Se ne parla dal 2018, da quando Amazon ha acquisito una fetta del mercato della Premier League, per poi lanciarsi anche sulla Champions League» ricorda Maes: «Sono soprattutto leghe e club a sognare l’avvento di questi grandi attori, la cui enorme disponibilità finanziaria potrebbe gonfiare ulteriormente gli introiti generati dai diritti tv». Si tratta, per l’appunto, di auspici. «La realtà dice altro. In Europa, perlomeno, dove l’atteggiamento di Amazon steso è molto prudente e intelligente. Detto altrimenti, non si è disposti ad alimentare quest’asta al rialzo, a scommettere al buio come i competitor più spregiudicati, in assenza di certezze sulla redditività dell’investimento. Ciò non significa che i margini di manovra siano assenti. Il calcio rimane uno dei motori più potenti dell’intrattenimento. E gli Stati Uniti lo confermano, con Apple che messo le mani sui diritti della Major League Soccer e del campionato di baseball, mentre YouTube si è lanciato sulla NFL».

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