Amare Kiev fra ravioli, fast food e «Mamma ho perso l’aereo»
Amare Kiev. O innamorarsene. È possibile al netto della nebbia mista smog e dei soliti luoghi comuni, come il famigerato grigiore post-sovietico di cui è prigioniero più o meno tutto l’Est. Quantomeno, una città che offre meravigliosi ravioli a colazione merita rispetto. Coraggiosi questi ucraini, sì. E coraggiosi noi a mangiare come se non ci fosse un domani. Di buon mattino, con relativi rimorsi legati ad una dieta annunciata più volte negli anni ma mai veramente cominciata. Sarà per dopo le feste.
Chissà, forse sono stati proprio i sensi di colpa a suggerirci – citiamo il compianto Dogui – un giro di ricognizione del pueblo. Alla vecchia maniera, cartina in mano e due o tre punti chiave segnati a penna prima di partire. O forse la nostra era pura e semplice curiosità. Kiev, ad ogni modo, ci è parsa bellissima. Anche se il cielo era plumbeo e quel senso di grigiore citato in precedenza non se n’è mai andato. Solita domanda: ma come vivevano, qui, ai tempi del comunismo? E come vivono adesso, stretti come sono fra l’Europa e la Russia?
Impossibile rispondere. L’Ucraina per definizione è una terra di confine. Incontro e scontro. Una lotta, questa, che trova nell’architettura particolare di Kiev una sintesi perfetta. Esempi magnifici di barocco ucraino, ma anche di pomposo classicismo monumentale tipicamente sovietico, popolano i vialoni della capitale. Più o meno ovunque, poi, il logo di McDonald’s. Il fast food che vende hamburger, patatine e una porzione di sogno americano a prezzi modici. E con il solito sorriso. Ci siamo informati: è il ristorante preferito a Kiev e dintorni. Immaginatevi la faccia di qualche vecchio burocrate del partito comunista ancora in circolazione.
Il legame con gli Stati Uniti, lungi da noi scomodare Donald Trump e il casino in cui si è cacciato il presidente, è rafforzato da un film o meglio da un brano della colonna sonora. Parliamo di Carol of the Bells e, soprattutto, di Mamma ho perso l’aereo e del suo sequel. No, Kevin McCallister non viveva a Kiev e quelli che si apprestava a mangiare prima di affrontare i ladri non erano i ravioli della nostra colazione ma dei maccheroni al formaggio «altamente nutritivi» e «cucinabili nel forno a microonde». Banalmente, il pezzo composto da Peter Wilhousky nel 1936 (riarrangiato da John Williams e adoperato fra l’uscita dalla chiesa e il rientro a casa del nostro Kevin) è basato su un canto melodico del compositore ucraino Mykola Leontovych. Amare Kiev. O innamorarsene. Sì, è possibile: oltre al grigio c’è un mondo di colori e sensazioni.