Il caso

Arteta e la rivoluzione tra i pali: «Ma forse il calcio non è pronto»

Il tecnico dell’Arsenal ha fortemente voluto l’ingaggio di un secondo portiere titolare, Raya, da affiancare a Ramsdale - Il motivo? La possibilità di operare un’inusuale staffetta, anche a partita in corso - Germano Vailati: «Vedo più rischi che benefici»
Dopo due anni di totale fiducia in Ramsdale, ora Arteta ha cambiato strategia. © Reuters/Scott Heppell
Nicola Martinetti
19.09.2023 20:37

Qualcuno gli ha dato del pazzo. Altri del visionario. Di sicuro, quanto detto - e fatto - da Mikel Arteta lo scorso fine settimana non è passato inosservato, scatenando un dibattito tuttora acceso. Ma riavvolgiamo il nastro. Nell’estate del 2021 l’Arsenal, allenato appunto dal tecnico basco, ha deciso di affidare le chiavi della sua porta all’estremo difensore della nazionale inglese Aaron Ramsdale. Il quale, amato da tutto l’ambiente, ha vissuto le ultime due stagioni da indiscusso numero uno. Già. Lo scorso mese d’agosto, tuttavia, il club londinese - su espressa richiesta di Arteta - ha deciso di spezzare gli equilibri, congedando la riserva statunitense Matt Turner per far spazio a un secondo titolare: lo spagnolo David Raya, prelevato dal Brentford. Una mossa inattesa e, va da sé, sorprendente. Rimasta lì, senza particolari conseguenze, per circa un mese, nonostante in molti sotto la cenere covassero degli interrogativi. Quando la scorsa domenica il tecnico dei «gunners» ha tuttavia operato il primo cambio tra i pali, facendo esordire Raya nella sfida - poi vinta 1-0 - contro l’Everton, il caso è definitivamente esploso.

Un’idea nata dai rimpianti

Al netto del successo dei londinesi, peraltro senza incassare reti, nella pancia del Goodison Park non si è parlato d’altro che del presunto «sgarbo» di Arteta nei confronti di Ramsdale. E così il basco, punzecchiato dai media d’oltremanica, ha risposto per le rime. Fornendo la sua lettura dell’accaduto e, sì, spiegando il perché della discussa mossa di mercato operata in estate. «Sono un tecnico relativamente giovane, in carica soltanto dal 2019. E in questi primi anni ho accumulato qualche rimpianto. Tra di essi, ve n’è uno legato al ruolo del portiere. La scorsa stagione, in due occasioni, ho pensato di cambiarlo a partita in corso. Una volta al 60’ e una volta all’85’. Tuttavia non ho avuto il coraggio di farlo, e alla fine abbiamo pareggiato entrambi gli incontri. Ero veramente amareggiato. Posso cambiare qualsiasi altro giocatore per cercare di proteggere il risultato, ma il portiere nel calcio non viene mai sostituito. Perché? Perché no? Prima o poi qualcuno lo farà e desterà stupore, ma ditemi perché un allenatore non dovrebbe sfruttare ogni arma a sua disposizione per mantenere il “momentum” a suo favore. È per questo motivo che abbiamo deciso di puntare anche su Raya, volevamo più alternative e concorrenza in ogni ruolo».

Reinventare la posizione

Allievo di Pep Guardiola al Manchester City prima di sedersi sulla panchina dell’Arsenal, Arteta sembra dunque intenzionato a rivoluzionare il ruolo del portiere, reinventandolo. Ma la sua visione è davvero attuabile? «Da un lato potrebbe anche avere ragione - ci dice Germano Vailati, ex portiere e oggi allenatore degli estremi difensori nel settore giovanile del Basilea -. Nel calcio moderno il portiere è un giocatore di movimento a tutti gli effetti. Soltanto una piccola parte del suo operato concerne la fase difensiva, il resto riguarda invece la costruzione del gioco. E quindi l’idea di scegliere chi schierare in base alle sue caratteristiche e quelle dell’avversario di giornata, potrebbe anche avere un senso. Ma in ogni caso si parlerebbe di una rotazione tra un match e l’altro, non a partita in corso. C’è una bella differenza. E pure in questo caso, a dire la verità, avrei le mie riserve, perché l’operazione non terrebbe conto degli aspetti negativi». Lo scetticismo di Vailati è presto spiegato. «Per un portiere il ritmo è essenziale. È fondamentale stabilire una gerarchia e permettere al titolare di giocare spesso, al fine di restare sempre sul pezzo. Non vedo come effettuare una staffetta, addirittura a partita in corso, possa portare dei benefici da questo punto di vista. Si rischia soltanto di nuocere alla forma di entrambi, creando peraltro dinamiche poco sane come la volontà di strafare per impressionare. Per non parlare delle ripercussioni psicologiche e, in ultima analisi, dell’attrattività del club. Cambiare un portiere durante un match, specie se per un errore commesso, significa infliggergli un duro colpo, instillando in lui il timore che possa sempre accadere. Generando così insicurezza. E con una gestione simile, come si può ambire a ingaggiare non uno, ma addirittura due portieri di prim’ordine? Non credo che vi siamo tanti estremi difensori disposti ad accettare una situazione di questo tipo, con due titolari. Non è come nell’hockey. Lo abbiamo peraltro già osservato in passato, penso ad esempio alla difficile convivenza tra Navas e Donnarumma al PSG. Insomma, non so se il mondo del calcio sia pronto per la rivoluzione immaginata da Arteta». Eppure l’Arsenal, questa stagione, sarà impegnato su ben quattro fronti. Possibile che la staffetta non possa quantomeno garantire un minimo di freschezza tra i pali? «Quello sì - ammette Vailati -. Anche se, lo ribadisco, la freschezza di un portiere deve essere soprattutto mentale, perché in campo, a livello fisico, si stanca paradossalmente più nel riscaldamento che non in partita. Quindi qual è la strada più indicata: permettergli di accumulare ritmo e fiducia impiegandolo sempre, oppure farlo riposare, ma col rischio di non averlo poi sul pezzo quando serve? La risposta non è scontata. Ma se chiedi ai diretti interessati, ti diranno sempre che vogliono scendere in campo. Settimana inglese o meno».

Il confine tra genio e follia

Appassionati e addetti ai lavori, c’è da scommetterci, seguiranno in ogni caso con attenzione l’evolvere della situazione all’Emirates Stadium. Cercando di determinare se, effettivamente, l’esperimento di Arteta si rivelerà un successo. E, di riflesso, se il 41.enne spagnolo sia da considerare un genio, il precursore di un cambiamento epocale, oppure un folle. «La linea, anche nello sport, può essere sottile - scherza “Rambo” -. Ci sono sempre persone che fanno qualcosa per la prima volta, tra lo scetticismo generale, finendo poi col rivoluzionare un concetto. Auspico comunque che chi dovrà trarre delle conclusioni, non lo faccia in base ai risultati. Tradotto: vincere la Premier o la Champions League operando la staffetta tra i pali, non vorrebbe per forza dire che l’esperimento sia stato un successo. A determinarlo saranno le prestazioni dei portieri: se saranno (quasi) sempre di alto livello, allora Arteta avrà avuto ragione. Altrimenti no».

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