Verso il 2026

Cara e vecchia formula «intima», ci mancherai sì o no?

L'allargamento da 32 a 48 squadre continua a far discutere: c'è chi, come l'Economist, propone soluzioni rivoluzionarie per mantenere vivo l'interesse anche fra quattro anni
© EPA/NOUSHAD THEKKAYIL
Marcello Pelizzari
15.12.2022 12:45

Addio, intimità. Se così vogliamo chiamarla. Con la finale di domenica, beh, si chiuderà un’epoca. Quella del Mondiale a 32 squadre. Dal 1998 in Francia e fino all’edizione oramai ai titoli di coda in Qatar, infatti, ogni Coppa del Mondo si è giocata con lo stesso numero di partecipanti e, soprattutto, la medesima formula. Tanto rodata e bella che pareva destinata a durare in eterno.

E invece, dal 2026 ci saranno 48 squadre. Per volere della FIFA, sì. Perché il Mondiale, in fondo, è di tutti. E più nazioni hanno il diritto, manifesto, a prendervi parte. I critici, da tempo, sono sul piede di guerra: dove andrà a finire la qualità? E la formula? Massimo Solari, il nostro inviato a Doha, in parte ce ne aveva già parlato. Sollevando non poche questioni di strettissima attualità.

La suddivisione

Un problema, apparentemente grosso, è stabilire come dovranno essere equilibrate e ripartite, a seconda dei continenti, le presenze. La FIFA, come noto, insiste sulla globalizzazione del calcio e sull’allargamento dei suoi confini storici e culturali. Ecco perché l’Europa, nonostante la presenza di 16 nazionali fra le migliori 32 del mondo, ranking alla mano, beneficerà solo di 3 posti extra: nel 2026 passerà da 13 a 16 qualificate. Il Mondiale allargato, insomma, sarà un privilegio soprattutto per le Confederazioni sin qui poco (o per nulla) rappresentate. L’Asia e l’Africa, ad esempio, porteranno quasi il doppio delle rappresentative.

E la formula? Bella domanda. Sin qui, la fase a gironi ha permesso, da un lato, di garantire alle piccole di creare il classico effetto sorpresa e, dall’altro, alle big di iniziare lentamente. Basti pensare all’Argentina finalista: ha rimediato una sconfitta all’esordio, ma non ha compromesso le sue possibilità di andare avanti. Anzi, ha usato quella scoppola per ricompattarsi. È un sistema, verrebbe da dire, che premia sempre e comunque i migliori riducendo al massimo la casualità e la fortuna. Pur lasciando uno spiraglio alle citate sorprese, anche se le qualità espresse dal Marocco tutto fanno pensare meno che a una sorpresa.

Le ipotesi sul tavolo

Sin qui, dunque, tutto bene. Il problema è che passare da 32 a 48 squadre rischia, seriamente, di creare un quarantotto. Al di là dei giochi di parole, parliamo di un numero molto, forse troppo ingombrante. Con 32 partecipanti, il gioco è presto fatto. Le nazionali vengono suddivise in 8 gironi da 4 squadre ciascuno. Le prime due di ogni gruppo si qualificano agli ottavi. Poi avanti a eliminazione diretta fino a decretare un vincitore. Parentesi: la Francia, da quando il Mondiale si gioca così, ha vinto due volte e guadagnato, battendo il Marocco, una quarta finale. Mica male.

L’idea della FIFA, per il 2026, è di far disputare 16 gironi da 3, con addirittura due squadre qualificate per girone e la fase a eliminazione diretta che, di conseguenza, comincerebbe dai sedicesimi. Il timore di molti, così facendo, è che combine e biscotti diventino protagonisti assoluti. Ne aveva parlato proprio Massimo Solari, chiarendo che la FIFA – sul tavolo – sta studiando varie possibilità per scongiurare partite «aggiustate».

C’è chi ha proposto una suddivisione alternativa, ad esempio con 12 gruppi da 4 squadre e, ai sedicesimi, le prime due di ogni girone assieme a otto migliori terze. Ma vorrebbe dire disputare 24 partite in più.

E il formato svizzero?

Come la mettiamo, allora? L’Economist suggerisce il cosiddetto sistema svizzero. Un formato di torneo in voga negli scacchi e in altri giochi da tavolo. Un formato che prevede meno partite e un approccio, per il calcio, che sarebbe rivoluzionario. Secondo studi universitari, si tratterebbe del formato più efficace per classificare squadre in un breve periodo.

Il sistema svizzero è un criterio utilizzato in competizioni di giochi come scacchi, bridge e squash o in molti tornei di giochi di carte collezionabili. Fu creato a Zurigo nel 1889, durante un torneo di scacchi: consiste nell’accoppiare, nell’ambito di un torneo, di volta in volta giocatori che abbiano accumulato un eguale punteggio (oppure, in mancanza, giocatori con un punteggio vicino). L’iniziale accoppiamento è svolto in base a un presunto indice di abilità (per esempio, l’Elo negli scacchi) che divide i partecipanti in due gruppi: nel primo rientrano, elencati per ordine di punteggio, i giocatori più forti mentre nel secondo i rimanenti (sempre elencati in ordine di punteggio). Il miglior giocatore del primo gruppo viene accoppiato con il miglior giocatore del secondo, e così via: negli scacchi si cerca, nei limiti del possibile, di far giocare lo stesso numero di partite sia con il colore bianco sia con il colore nero.

A partire dal 2024, la Champions League, la massima competizione europea per club, dovrebbe adottare una variante di questo sistema per scremare le squadre in vista degli ottavi.

E una variante potrebbe entrare in gioco per i Mondiali del 2026 in Canada, Messico e Stati Uniti: perché, dicono alcuni, non creare macrogruppi (4 da 12 squadre, ad esempio) e utilizzare il sistema svizzero per decretare chi passa alla fase successiva? Le difficoltà, tuttavia, non mancherebbero: come assicurare la stessa qualità a ogni girone e, ancora, come identificare gli accoppiamenti di volta in volta garantendo a tutti le stesse possibilità di qualificarsi alla fase a eliminazione diretta?

Ma il Mondiale è sempre il Mondiale

L’imbarazzo della FIFA, agli occhi dei più, è evidente. Il formato a 32 squadre, come dicevamo, era rodato e offriva un equilibrio perfetto. L’imbarazzo, par di capire, sarà comunque temporaneo. Lo stesso dicasi per la rabbia e la frustrazione dei puristi, che da casa vorrebbero un Mondiale il più possibile legato alla tradizione.

Pochi, in questo senso, ricordano come questo torneo – in realtà – da sempre sia mutevole e ricco di cambiamenti. Prima del 1998, per dire, nei 15 Mondiali disputati il formato è cambiato (quasi) ogni quattro anni. L’interesse, però, è sempre rimasto intatto. Alla fine, la Coppa del Mondo è sempre la Coppa del Mondo. Indipendentemente da quante squadre c’erano, ci sono e ci saranno.

In questo articolo: