L'intervista

C'è Basilea-Lugano, parla Fabio Celestini

Da quando siede sulla panchina rossoblù l'ex tecnico dei bianconeri ha completamente ribaltato la situazione: tant'è che ora il sesto posto non è più un tabù
© KEYSTONE / ENNIO LEANZA
Nicola Martinetti
03.02.2024 06:00

Approdato sulla panchina renana a metà autunno, Fabio Celestini ha completamente ribaltato la situazione in casa Basilea. Ora i rossoblù, partiti malissimo, vedono il sesto posto e bramano di acciuffare chi lo occupa: il Lugano di Mattia Croci-Torti.

Fabio Celestini, il Basilea è una squadra rinata da quando si è seduto sulla sua panchina. Che tasti ha toccato, in questi mesi, per rilanciare un gruppo che a fine ottobre era ormai in piena crisi?
«È difficile da spiegare, perché la situazione al mio arrivo non era solo difficile, ma addirittura quasi drammatica. Credo che il punto di svolta sia stata la vittoria ottenuta a Kriens negli ottavi di Coppa Svizzera, ventiquattro ore dopo il mio approdo sulla panchina renana. In casa dei lucernesi ci eravamo imposti 1-0 in maniera sofferta, ma avevo visto una squadra unita e combattiva, intenzionata a raddrizzare la sua stagione. Pochi giorni più tardi abbiamo poi battuto l’Yverdon al St. Jakob-Park, e da lì in avanti il vento è cambiato. La dinamica positiva che ne è conseguita mi ha aiutato tantissimo a compattare la squadra, trasmetterle i miei principi di gioco e costruire un vero e proprio gruppo, che prima non viveva la sua esistenza come avrebbe dovuto».

Ha menzionato la squadra a sua disposizione, che in effetti è difficile da leggere. Annovera tanti giovani di talento, ma pure alcuni «veterani». Il potenziale appare intrigante, ma trovare la giusta chiave per sbloccarlo non sembra semplice...
«Sì, concordo. Anche perché, variabile non indifferente, molti di questi elementi sono approdati nel club durante la scorsa estate, in una finestra caratterizzata da tantissimi trasferimenti. E dunque, di riflesso, cambiamenti. Senza dimenticare che quasi tutti provengono da Paesi diversi, e far combaciare tutta questa varianza nello stesso gruppo, senza magari potersi nemmeno parlare, non è cosa da poco. Fortunatamente sono ragazzi di talento che hanno voglia di lavorare. La mentalità è buona, e viene supportata dal prezioso contributo dei giocatori di esperienza come Hitz, Xhaka, Frei, Lang e via dicendo. Gente che la piazza basilese la conosce bene. Comunque non bisogna mai scordare che questo è un processo che richiede - e richiederà - ancora del tempo».

Al netto del côté sportivo, l’altra grande necessità che gravava sulle sue spalle era quella di riportare la calma e l’entusiasmo in un ambiente che era divenuto una polveriera pronta a esplodere...
«Diciamo che al mio arrivo il quadro era molto chiaro (ride, ndr). Col cambio di allenatore, è stato detto che questa era l’ultima possibilità. Chiaramente si avvertiva tantissima tensione, e molta gente era delusa. Comprensibilmente, peraltro, perché in pochi mesi il club era passato da una semifinale di Conference League all’ultimo posto della Super League. A novembre eravamo mezzi retrocessi e l’ambiente era sconvolto. In questi mesi la squadra ha però cambiato marcia, anche grazie ai risultati positivi che hanno infuso fiducia. La maniera in cui ora scende in campo lottando e trasmettendo energia è contagiosa. E il pubblico, così come il sottoscritto in panchina, la avverte. Comunque va sottolineato che i nostri tifosi, anche nei momenti peggiori, non ci hanno mai abbandonati, sostenendoci in massa. L’affetto dei basilesi è una splendida follia».

All’ambiente, da Natale in avanti, ho sempre detto: “Noi ci proveremo”. Però, appunto, bisogna sempre ricordare da dove arriviamo

Ora puntate a rientrare tra le prime sei della classifica, e il Lugano è proprio sesto a cinque punti di distanza da voi. Il match di questa sera è insomma un crocevia stagionale per entrambe...
«Sicuramente. All’ambiente, da Natale in avanti, ho sempre detto: “Noi ci proveremo”. Però, appunto, bisogna sempre ricordare da dove arriviamo. Il presidente, quando sono stato assunto, non mi ha ingaggiato con l’intento di terminare tra le prime sei. Mi aveva semplicemente detto: “Fai come ti pare, ma cerca di salvare la squadra”. Ora abbiamo l’opportunità di issarci ancora più in alto, avvicinandoci alla parte nobile della classifica. E pur non essendo un obiettivo dichiarato, di fatto ci proveremo fino all’ultimo. I recenti risultati, compreso il successo contro lo Young Boys, ci hanno dato ulteriore fiducia permettendoci di aprire una finestra di opportunità. Di sognare, anche. Ma come suggerivi, adesso non dobbiamo fallire la sfida contro il Lugano. Vincere significherebbe portarci a due punti dai bianconeri, e dunque dal sesto posto. Qualcosa di inimmaginabile fino a qualche settimana fa. Perdere, al contrario, ci ricaccerebbe a meno otto. Con tutte le conseguenze del caso».

A fine mese, il 28 febbraio, ospiterete un’altra volta l’FCL nell’ambito dei quarti di Coppa Svizzera. Un match a cui entrambe le squadre tengono molto. In una piccola percentuale, quella sfida inizierà già questa sera?
«No, non penso proprio. Sono due competizioni completamente differenti, e poi chissà cosa accadrà da qui a quella data. Il calcio va così veloce che mi riesce difficile immaginare che il match odierno possa in qualche modo influenzare quello di Coppa».

Un’ultima domanda: stasera torna ad affrontare Mattia Croci-Torti, che ai tempi in cui allenava il Lugano era stato suo assistente e «apprendista». Il bilancio dei vostri scontri diretti è favorevole al «Crus», che ne ha vinti tre su quattro. Lei ha però conquistato l’ultimo, il 6 dicembre scorso a Cornaredo. Che sensazioni prova nell’affrontarlo?
«Più che una sensazione, mi viene da dire che è più bravo di me (altra risata, ndr). Alla fine mi ha sempre battuto, meno male che l’ultima volta ho quantomeno sbloccato il mio conteggio. Speriamo di rimontare ancora un po’ la statistica pure questa sera. Il “Crus” comunque, al quale voglio veramente bene, sta facendo un lavoro eccezionale. Il suo Lugano mi piace molto perché scende sempre in campo con un’idea, e questo lo apprezzo tanto. Di più, penso che rispetto al mio è andato ancora più lontano nei concetti di gioco e costruzione dal basso».

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