Como me gusta la Serie A

Como, le molte vie di mezzo tra Totti e Cerri

Il Sinigaglia non è una piazza per 48.enni ex calciatori, ma la squadra deve comunque riuscire ad ambientarsi in fretta alle complessità della massima serie
© EPA/FABRIZIO CUSA
01.11.2024 18:20

No, stavolta non c'erano particolari vip in tribuna. Eravamo in zona, e ci si è accontentati dei "soliti" Zambrotta, Gentile e Vierchowod. O di Fabio Regazzi, cuore laziale. 

Lo dico subito, perché gran parte delle domande ricevute nel post-partita erano proprio sul contesto del Sinigaglia, più che sull'incontro tra Como e Lazio.

Ah, e non c'era nemmeno Totti. Geniale, d'altronde, era stata nei giorni scorsi la risposta del co-patron Robert Hartono. Interrogato dalla Provincia, smentiva la possibilità dell'acquisto del romano azzardando con clamorosa autoironia: «Possiamo essere estremi, ma non a quel livello».

Sospiro di sollievo. Ma già lo sapevamo che questo Como non è un esperimento antropologico in stile Perugia ai tempi di Gaucci. Al netto di stelle, stelline e glamour in salsa ruspante, a Como si fa calcio vero. E lo si fa anche con qualche limite, con tutti i limiti che accompagnano una neopromossa al ballo delle debuttanti.

Lo si fa chiudendo la partita con Cerri e Gabrielloni in attacco. Proprio così. Ma se il Como di oggi non è un paese per quarantottenni annoiati (Totti, sì), non dovrebbe neppure essere un paese per Cerri e Gabrielloni. Non per tutti e due assieme, a reggere in coppia il peso di un reparto, sotto nel risultato, contro una squadra pesante, persino sotto di un uomo. Sarebbe servita qualche mezza misura, toh, perlomeno un Belotti sano.

Il Como visto contro la Lazio ci ha ricordato da dove arriva - da molto lontano, dall'anonimato che sta ben oltre la Serie B - e chi ha in rosa. E se a questo Como oggi togli i due mediani titolari, Sergi Roberto e Perrone, al massimo te la puoi giocare con qualche pari-grado, con Verona e Empoli (occhio all'incrocio lunedì), Lecce e Parma, ma non con la Lazio, non con l'imminente Fiorentina. Lo si diceva già qualche giorno fa: il Como, oggi, è undici giocatori più uno, ovvero Mazzitelli. Ma nulla più di questo. Le seconde linee non possono fare la differenza nella massima categoria.

Tutti, in questo momento, puntano il dito su Braunöder. Al di là degli accanimenti, che lasciamo volentieri al popolo più arrabbiato del Sinigaglia, il suo caso è effettivamente emblematico. L'austriaco, 22 anni, potrebbe anche diventare un calciatore vero. Ma oggi come oggi non riesce a reggere livello e pressioni. Non ci spieghiamo altrimenti l'errore contro il Torino, all'interno di una partita dominata dalla sua squadra, e le leggerezze contro la Lazio. Ma contro la Lazio ci ha messo del suo anche Fabregas, che avrebbe potuto risparmiargli il secondo tempo, dopo il giallo e dopo i primi 45 minuti di non eccelsa gestione. Il rosso va anche sul conto del mister.

Mister che, per il resto, sta facendo con quel che ha.

Semmai, ci poniamo - non da oggi, in effetti - qualche domanda sulla concentrazione della fase difensiva, sulla cattiveria in chiusura sugli avversari, negli uno contro uno. «Siamo il Como, se non fai di più sarà difficile arrivare al risultato». Ecco, proprio questo è il punto. Non vorremmo che i complimenti relativi al bel calcio, all'estetica di Fabregas, a Nico Paz e ai movimenti di squadra latini, si ritorcessero contro la squadra tutta, contro le seconde linee. Forse, il tutto fa semplicemente parte del gioco. Ma un accento sulla necessità di saper soffrire va comunque posto. Poi, a quel punto, ti puoi anche permettere di chiudere la partita con Cerri, o con Gabrielloni. Ecco, con uno dei due. Non con entrambi, ma nemmeno con Totti.

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