Calcio

Da Silva: «Sì, forse avrei potuto sostenere di più il Crus verso l'esterno»

Il direttore sportivo del Lugano a ruota libera sulla prima parte della stagione: dal rapporto con il tecnico (confermatissimo) al problema degli infortuni, passando per il mercato e il fenomeno Amoura: «Potrebbe già valere 10-15 milioni»
Il direttore sportivo del Lugano Carlos Da Silva non ha dubbi circa la posizione dell’allenatore. © CdT/Gabriele Putzu
Massimo Solari
19.12.2023 06:00

«What a team». L’ultima traccia di Carlos Da Silva su Instagram suggerisce molto. Il direttore sportivo dell’FC Lugano è fiero del pareggio ottenuto in rimonta a Ginevra. E, dopo tante speculazioni, è deciso a fare chiarezza sulla posizione dell’allenatore. «Alla ripresa del campionato Mattia Croci-Torti sarà in panchina» afferma, prima di valutare positivamente il girone d’andata.

Signor Da Silva, partiamo proprio dal suo post sui social. Come ha vissuto la pazza sfida contro il Servette?
«È stata lo specchio dei primi sei mesi della stagione. Una partita resa difficile dall’impegno infrasettimanale in Europa, oltre che dalle tante assenze. Eravamo al limite, sì. E a complicare le cose è stato il solito avvio di gara un po’ molle. Come in molte altre occasioni, la reazione dopo la pausa è però stata importante. Si sono visti carattere, intraprendenza e pure la capacità mentale di non dare peso alla stanchezza o agli episodi sfavorevoli, come l’espulsione di Nkama. Nelle difficoltà ci siamo sempre rialzati. E questo è sicuramente un aspetto che m’infonde fiducia per il futuro. Il gruppo, inoltre, ha tanta qualità. Ora bisognerà trovare anche la continuità».

Allo Stade de Genève il Lugano ha siglato altre due reti nel secondo tempo. Nel complesso, durante il girone d’andata, sono state 24 sulle 32 totali. Come leggere questo dato?
«È un punto importante, una priorità sulla quale servirà lavorare. L’approccio alle partite dovrà essere migliore. Va bene segnare tanti gol nei secondi tempi, ma non possiamo permetterci di inseguire ogni volta l’avversario. O pensare di poter reagire sempre alla grande come avvenuto domenica a Ginevra. È una questione di concentrazione e impostazione delle gare da parte di giocatori che siamo soliti scegliere in quanto “dominanti”, per attitudine. Senza voler per forza risolvere subito la contesa».

Il club ha archiviato i primi 18 turni al quinto posto e con 26 punti. Uno in meno della scorsa stagione, quando però non erano state giocate anche otto partite in Europa. È soddisfatto?
«Sì, sono soddisfatto. Non contentissimo, ma soddisfatto. Peccato non aver fatto di più in Conference League. Mentre in campionato ci mancano quattro punti, a fronte della sconfitta casalinga contro il Servette e di quella a Zurigo con il GC. Quei punti persi fanno male. Nel 2024 dovremo dunque essere più bravi a vincere - o a non perdere - le partite in cui siamo chiaramente la migliore squadra in campo. Ad ogni modo, considerati gli infortuni, le continue trasferte e dunque le condizioni tutto fuorché ideali nelle quali si è ritrovato ad operare lo staff tecnico, 26 punti con tre gol in più fatti e uno in più subito sono un bilancio di tutto rispetto».

Sono soddisfatto del girone d'andata, ma non contentissimo. Ora dovremo trovare maggiore continuità

Il bicchiere è dunque da considerare mezzo pieno. C’è altro che l’ha infastidita?
«Se posso permettermi, l’immagine della squadra percepita all’esterno. Fra i tifosi e una parte della stampa. A mio avviso è mancata un’analisi equilibrata. Quando il Lugano perdeva Croci-Torti rischiava l’esonero. Quando vinceva l’allenatore era un re. Ma noi non ragioniamo così. No. Anche a fronte della pressione e di una certa negatività dettata da una serie di risultati così così, all’interno siamo rimasti calmi. Evitando di farci guidare dalla pancia e dalle emozioni. Insomma, siamo stati forti insieme. Nonostante le critiche».

Si è discusso molto della variabile infortuni. E la sfortuna non può di certo spiegare tutto. Quando e con chi farete piena luce su uno dei fattori che hanno penalizzato l’autunno bianconero?
«È un’analisi programmata, posso confermarlo. E, oltre al mister, a essere coinvolti saranno il nostro Dipartimento performance e il Director of Performance dei Chicago Fire Ignacio Torreño. È doverosa un’analisi approfondita, ma trovare una risposta immediata e certa non sarà facile. Gli interrogativi da porsi, comunque, sono chiari. Ci siamo allenati con un’intensità sufficiente durante la preparazione estiva? Abbiamo valutato correttamente le ricadute dei campi e delle superfici sulle quali ci siamo allenati? E rientrare immediatamente in Ticino dopo le gare disputate in Conference League è stato corretto? Vogliamo essere autocritici, anche per influenzare nel migliore dei modi il ritiro d’inizio gennaio in Spagna. Di sicuro abbiamo pagato caro la settimana di Losanna, con la doppia sfida sul sintetico della Tuilière e una parte dell’avvicinamento alla stessa sul nuovo campo al Maglio: in quell’occasione abbiamo perso quattro giocatori titolari (Bottani, Grgic, Vladi e Celar)».

A proposito di valutazioni. In queste ore ne è prevista una anche con l’allenatore Mattia Croci-Torti?
«No, non è prevista. Come non si è tenuto alcun incontro a quattro con Georg Heitz e Sebastian Pelzer che negli scorsi giorni hanno raggiunto la squadra da Chicago. D’altronde con Mattia siamo in contatto ogni giorno. E ci confrontiamo in modo costruttivo. Non solo: nutrendo piena fiducia nel sottoscritto, Heitz non s’intromette in questo scambio di opinioni quotidiano».

Croci-Torti rimane l'allenatore del Lugano, al 100%, il ruolo del tecnico non è mai stato un tema

Lei è il diretto superiore del Crus. Il suo primo osservatore, dunque. Come l’ha visto in questi, estenuanti mesi?
«Beh, anche per Mattia vi sono stati giorni molto intensi. E non sono mancati i frangenti in cui ha sentito il bisogno di sfogarsi con me. Ma è giusto. È mio compito sostenerlo, tranquillizzarlo anche. Il Crus, in quanto figura inserita totalmente nel territorio, avverte maggiormente l’impatto mediatico. Per questa ragione va pure protetto in determinate circostanze. Perché i giudizi che contano, alla fine, sono i nostri».

Il 21 gennaio, per il match contro lo Stade Losanna a Cornaredo, Mattia Croci-Torti sarà seduto sulla panchina del Lugano? Può garantirlo?
«Al 100%. Certo, se si facesse avanti l’Inter magari le cose potrebbero cambiare (ride, ndr). Battute a parte, ribadisco il concetto: persino quando abbiamo raccolto un solo punto in cinque partite, il ruolo del tecnico non è mai stato un tema. Qui e a Chicago».

Perché, a fronte delle speculazioni emerse nelle ultime settimane, la società non ha sostenuto con maggiore convinzione il tecnico?
«Proprio perché all’interno del club la posizione dell’allenatore non è mai stata in discussione. Ho e abbiamo sempre visto una squadra che si allenava bene, che aveva fame quando i risultati non arrivavano. Nessuno, detto altrimenti, si è mai sottratto alle ambizioni fissate a inizio stagione. La direzione dello spogliatoio, detto altrimenti, è sempre stata giusta. Accetto comunque la critica. Posso comprendere che un messaggio di sostegno in più da parte mia, nelle fasi più delicate, avrebbe potuto tranquillizzare l’ambiente».

A rendere la situazione un po’ confusa, forse, è stato il silenzio della società dopo il comunicato stampa con cui è stato annunciato l’esonero di Nicholas Townsend...
«Non siamo entrati nel merito della questione Townsend perché non era legata alla posizione di Croci-Torti, la quale - e mi ripeto - non è mai stata un tema al nostro interno. Oltretutto non è nostro obbligo chiarire perché rinunciamo a uno o all’altro. Senza dimenticare un aspetto. Quando Croci-Torti ha firmato il suo primo contratto ha avuto la possibilità di scegliere una persona fidata. E ha scelto Cao Ortelli».

E con le parole del CEO Martin Blaser al CdT come la mettiamo?
«Quando Martin ha affermato di voler vedere uno sviluppo costante in ogni componente della società ha espresso un proprio credo. Possono essere interpretate come parole forti, ma per chi lavora al suo fianco non sono apparse sorprendenti. No, semplicemente Blaser ha sentito il bisogno di mantenere alta la tensione. Ma se una figura del club non progredisce non la si fa mica fuori il giorno dopo. Al contrario: se vuole farsi aiutare la si aiuta».

Il nostro mercato dipenderà solamente da eventuali operazioni in uscita

Nel 2024 il Lugano perderà una competizione gravosa, ma ritroverà Ousmane Doumbia e - si spera - tanti elementi costretti ai box nelle ultime partite. Non ci sarà mercato in entrata durante la pausa?
«In effetti con questa costellazione il nostro mercato dipenderà solo dalle eventuali operazioni in uscita. A oggi non vi sono trattative serie con altri club od offerte concrete. Naturalmente siamo pronti ad agire laddove sappiamo che l’interesse potrebbe manifestarsi. L’idea, però, è di confermare questo gruppo e di progredire insieme».

Zan Celar e il ruolo di centravanti non sono dunque un problema?
«Non lo sono. Anche perché le statistiche di Celar sono in linea con le passate stagioni. Attenzione dunque ai giudizi trancianti. È vero, Zan ha incontrato qualche difficoltà, soprattutto sul piano mentale. E, da grande professionista, è il primo a non essere contento. Ma sappiamo quanto è importante per il gruppo. Vogliamo avere successo e siamo convinti di poterlo trovare con lui».

Questione contratti: con Jonathan Sabbatini discuterete già in gennaio? E per Mattia Bottani lascerete che scatti la clausola di prolungamento annuale o magari vi farete avanti prima per rinnovare indipendentemente dal citato vincolo?
«Per Sabbatini il discorso non cambia. Capisco le sue riflessioni e il desiderio di chiarire quanto prima il suo futuro. Ma non ne discuteremo già in gennaio, lo faremo in febbraio anche insieme al mister. Come in passato, appunto. Detto ciò, la fiducia del club nei confronti del giocatore e dell’uomo non si discute. Una volta di più ha dimostrato di essere nel cuore del nostro motore. Bottani? Quando vi sono delle clausole, noi c’impegniamo a rispettarle. Lo faremo anche in questo caso senza proporre altri tipi di rinnovi. Prima di infortunarsi Mattia ha mostrato il suo valore. E siamo convinti che se si confermerà su questi livelli, al rientro saprà raggiungere il numero di presenze concordato».

Carlos Da Silva, dalla cessione di Mohamed Amoura avete ricavato tra i 4 e i 5 milioni di franchi. Oggi quanti ne vale il giocatore?
«Dietro a ogni giocatore e a ogni trasferimento c’è una storia a sé. Se guardiamo al percorso di Amoura in Belgio e in Europa e lo paragoniamo per esempio a quello di Victor Boniface, passato dall’Union Saint-Gilloise al Bayer Leverkusen, beh, potremmo stimare un valore tra i 10 e i 15 milioni di franchi. Ma se continua in questo modo potrebbe toccare i livelli di Amdouni (passato dal Basilea al Burnley per circa 18 milioni, ndr.). Se abbiamo incassato troppo poco? Mettendolo in mostra nelle competizioni europee avremmo sicuramente potuto aumentare il suo valore. Ma siamo tranquilli: nell’accordo firmato con l’Union Saint-Gilloise sono presenti delle percentuali interessanti in caso di rivendita ad altri club o - con ricadute ancora più importanti - al Brighton».

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