Dall’illusione allo sconforto: sì, la Svizzera di Yakin è in crisi

Un incubo. Le qualificazioni a Euro 2024, oramai, non assomigliano ad altro. No, nessun biglietto anticipato per il prossimo torneo continentale. Anche contro Israele, sul neutro di Felcsút, la Svizzera ha tradito. E lo ha fatto di nuovo crollando nel finale, cogliendo il quarto, desolante pareggio della campagna. Incredibile, davvero, perché la selezione di Murat Yakin affrontava una compagine in affanno. Addirittura scesa in campo con le seconde linee per giocarsi il tutto per tutto nelle ultime due curve del girone. Beh, ci toccherà lo stesso destino. L’accesso diretto al prossimo Europeo passerà dalle sfide contro Kosovo (sabato a Basilea) e - non ha più senso escluderlo - Romania (martedì a Bucarest).
Puniti meritatamente
Alla Pancho Arena, una cattedrale costruita con 1.000 tonnellate di legno, è dunque risuonato l’ennesimo requiem per la Nazionale elvetica. Non è bastato un buon primo tempo. O meglio, avrebbe dovuto bastare. E invece l’unica rete di Vargas - quando ne sarebbero servite di più - si è rivelata una diga di sabbia. Travolta e abbattuta dall’intraprendenza mostrata dagli israeliani, premiati meritatamente dal pareggio di Weissman a un amen dal novantesimo. Ma cosa è successo, dunque, dopo la pausa? E perché, una volta di più, le fasi conclusive del match hanno messo la Svizzera in imbarazzo? «Nella ripresa è venuta meno l’organizzazione difensiva, eravamo anche troppo distanti dai nostri avversari» sottolinea il commissario tecnico Murat Yakin ai microfoni della RSI. «Peccato, perché avevamo dominato il primo tempo, costruendoci almeno tre nitide palle gol». L’affondo, dicevamo, non è però mai arrivato. Anzi, dopo una clamorosa traversa e un rigore incomprensibilmente non accordato dall’arbitro Taylor e dal VAR, Israele ha fatto la partita. Mettendo a nudo le fragilità della retroguardia rossocrociata, per l’occasione orfana degli infortunati Elvedi e Schär e al centro della quale la coppia Akanji-Zesiger ha tutto fuorché brillato.
Senza Shaqiri
Yakin non ha ad ogni modo voluto puntare il dito contro i singoli, figuriamoci i leader. «È la prestazione dell’intera squadra a non averci portato alla vittoria. Una prestazione non così negativa, ma nemmeno buona». Mah. In Ungheria, l’allenatore della Svizzera si è privato di Shaqiri: «Non a causa di problemi fisici. È stata una mia decisione, di natura tecnica, per altro discussa e concordata con Xherdan». Sta di fatto che il terzetto composto da Amdouni, Vargas e Okafor ha convinto solo in parte. «Avremmo dovuto segnare due, persino tre reti, e la gara sarebbe stata chiusa anzitempo» rileva Yann Sommer, pensando proprio alla fase offensiva. La selezione rossocrociata non ha tuttavia gettato al vento l’incontro per colpa dei suoi attaccanti. Nel secondo tempo Xhaka e compagni si sono abbassati tanto, troppo. «È vero, sono mancati ordine e tranquillità nelle giocate» conferma Sommer. «Abbiamo offerto un paio di chance a Israele e ci siamo complicati la vita». Preoccupante. Sì, la Svizzera è in crisi. Anche se il ct Yakin non digerisce questo termine. «Rimangono due gare e abbiamo tutto nelle nostre mani». D’accordo, ma questo è un incubo. Ed è ora di svegliarsi.