Il personaggio

David Da Costa re per una notte

La riserva di Noam Baumann rivive la serata di Kiev contro la Dinamo e lancia il guanto di sfida allo Young Boys: «Sì, il Lugano può battere i gialloneri»
Il portiere del Lugano David Da Costa. © EPA/Sergey Dolzhenko
Marcello Pelizzari
13.12.2019 17:38

Addio Kiev. Addio Europa. La sveglia suona presto. Anzi, prestissimo. Giusto il tempo di fare colazione e poi via, verso l’aeroporto. Siamo ai titoli di coda. Fuori albeggia, mentre l’avventura del Lugano ormai è al tramonto. Bracchiamo David Da Costa al duty free dello scalo, appena superati i controlli di sicurezza. Ha il volto disteso, ancorché assonnato. Scherza con Luca Redaelli, il preparatore dei portieri. C’è in ballo una bottiglia per festeggiare. Già, la prestazione del «secondo» di Noam Baumann è stata maiuscola. Una notizia, considerando il vissuto di «Piu» in bianconero. Parate da copertina, sicurezza, calma. Un souvenir da portare a casa e condividere con la famiglia. Peccato solo per quell’1-1 arrivato ad un niente dal fischio finale.

«Negli spogliatoi la delusione era tanta» ammette David. «Eravamo vicini all’impresa. Vicini a qualcosa che nessuno, alla vigilia, avrebbe creduto possibile. La Dinamo Kiev si giocava l’accesso ai sedicesimi, noi però abbiamo fatto quadrato. Dimostrando una volta ancora di essere un gruppo unito, solidale, che pedala. E questo indipendentemente da chi gioca».

Delusione, certo. Ma anche orgoglio. «Rientrando in albergo, giovedì sera, mi sono reso conto di cosa abbiamo fatto. Giocavamo a Kiev, in uno stadio prestigioso, contro un avversario abituato non solo all’Europa League ma addirittura alla Champions. Lo dico: abbiamo scritto una pagina di storia, fra vent’anni la gente parlerà ancora di questa partita nei bar di Lugano».

«Era un girone equilibrato»

Eliminato nel 2017, eliminato anche nel 2019. Da Costa c’era due anni fa e, seppur con un altro ruolo, c’era pure a questo giro. «Non saprei dire se i rimpianti erano maggiori allora o viceversa. Personalmente, il bicchiere era e rimane mezzo pieno. Due anni fa, forse, il girone era meno equilibrato mentre adesso ce la siamo giocata con tutti senza problemi. Gli episodi hanno fatto la differenza. Ricordo, fra i tanti, la traversa di Mijat a tempo scaduto contro la stessa Dinamo Kiev, a San Gallo. Tuttavia, è bene recuperare un certo realismo: difficilmente un club come il Lugano, dal budget limitato, avrebbe potuto fare di più sul palcoscenico europeo».

«Ho lanciato un segnale»

Tornando a David, i tormenti del passato oggi sono soltanto un lontano ricordo. La maglia da titolare ricevuta a Kiev è stata un regalo quasi inatteso, ma ovviamente gradito. «Ringrazio il mister per la possibilità e Luca, il mio preparatore, che in questi mesi non ha mai mollato con me. Spronandomi a fare bene in settimana. Ho 33 anni suonati, quando mi capita un’occasione devo coglierla al volo. Me la sono goduta: da bambino sogni partite e stadi del genere. La squadra mi ha aiutato, ma anche il fatto che la Dinamo Kiev abbia giocato nella nostra area per almeno 65 minuti. Se vieni sollecitato così tante volte è più semplice rimanere sul pezzo. Sono contento, comunque. Ho lanciato un segnale a tutti: sì, ci sono anch’io».

Il turnover varato da mister Jacobacci ha dato i suoi frutti, insomma. «Lui ci vede ogni giorno in allenamento, sa cosa possiamo dare» ribadisce Da Costa. «A Kiev hanno giocato Sulmoni, Guidotti, Dalmonte, Holender. Sulmo ad esempio non giocava da tanto tempo, veniva da un infortunio: ha disputato una grandissima partita. D’altronde, come dicono tutti la nostra è una rosa importante».

Archiviata l’Europa, il portiere bianconero getta uno sguardo sul campionato. «Come si batte lo Young Boys? Con sacrificio. Sarà fondamentale capire quando attaccare e quando difendere. E bisognerà metterci impegno. Vincere è possibile. I gialloneri non hanno nulla di straordinario e noi negli anni abbiamo saputo metterli in difficoltà. Di più: l’1-1 di Kiev e in generale l’esperienza europea ci daranno un’ulteriore spinta».