Stati Uniti

Donne e uomini sono uguali, almeno nel calcio

La Federcalcio statunitense ha annunciato un nuovo accordo che, fra le altre cose, prevede la condivisione del montepremi FIFA per i Mondiali
Marcello Pelizzari
19.05.2022 16:15

Donne e uomini, negli Stati Uniti, guadagneranno lo stesso stipendio. Parliamo di calcio e, nello specifico, di squadre nazionali. La mossa è stata definita storica, sebbene altri Paesi nel recente passato avessero già sposato l’equità.

L’annuncio di mercoledì targati US Soccer, leggiamo, è legato in particolare ai grandi eventi come i Mondiali e ai conseguenti premi in denaro.

La svolta arriva da lontano. E il percorso, beh, non è stato certo privo di ostacoli. Il contratto collettivo maschile, infatti, era scaduto nel dicembre 2018 mentre quello femminile alla fine di marzo. I colloqui sono ripresi e proseguiti dopo che US Soccer, la Federcalcio americana, e la rappresentativa femminile hanno concordato di risolvere una causa per discriminazione di genere intentata da alcune giocatrici nel 2019.

L’attuale intesa, per contro, durerà fino al 2028.

Le tappe

Dicevamo del percorso lungo. La Federazione, nel 2016, era stata denunciata presso la Commissione per le pari opportunità di lavoro da cinque giocatrici: Alex Morgan, Megan Rapinoe, Becky Sauerbrunn, Hope Solo e Carli Lloyd. US Soccer, nello specifico, avrebbe fatto discriminazione salariale.

Tre anni dopo, nel 2019, è stata pure depositata una a livello federale. Lo scorso febbraio, le parti hanno finalmente raggiunto un accordo: US Soccer si sarebbe impegnata a versare 22 milioni a mo' di risarcimento e altri 2 milioni per creare un fondo riservato al post-carriera. Tale accordo, tuttavia, era subordinato alla firma di un nuovo contratto collettivo di lavoro.

Le prime lotte per l’equità salariale, per contro, negli Stati Uniti risalgono al 1995. Un gruppo di giocatrici – fra le altre Mia Hamm, Michelle Akers e Kristine Lilly – fu esclusa da un campo di allenamento preolimpico da US Soccer complice la mancata intesa sui bonus. La Federcalcio aveva previsto gli extra solo in caso di medaglia d’oro, le calciatrici chiedevano una retribuzione anche per argento o bronzo. Gli uomini, a titolo di paragone, ricevevano un bonus per ogni vittoria.

Il futuro

In futuro, dunque, i soldi guadagnati da entrambe le rappresentative ai Mondiali e ad altri grandi eventi verranno raggruppati e suddivisi tra giocatrici e giocatori. Una parte, invece, sarà trattenuta dalla Federazione (si partirà dal 10 per arrivare al 20%).

La selezione maschile si è qualificata alla Coppa del mondo in Qatar, al via a novembre. Quella femminile, in estate, prenderà parte al CONCACAF W Championship in Messico, competizione continentale riservata alle squadre di Nord e Centroamerica e dei Caraibi. Il torneo funge pure da qualificazione ai prossimi Mondiali, quelli del 2023 in Australia e Nuova Zelanda.

Le singole Federazioni nazionali, parlando di competizioni e soldi, guadagnano premi in denaro in base a quanto avanzano. La nazionale femminile statunitense, ad esempio, ha vinto le ultime due edizioni della Coppa del mondo, quella maschile aveva invece clamorosamente mancato Russia 2018.

La FIFA, il governo del calcio mondiale, per il Mondiale russo aveva previsto un montepremi totale di 400 milioni di dollari: 38 andarono alla Francia vincitrice. La stessa FIFA, per l’edizione femminile del 2019, aveva stanziato appena 30 milioni. Quattro finirono agli Stati Uniti. Per le due prossime rassegne, Qatar e Australia-Nuova Zelanda, il presidente Gianni Infantino ha aumentato a 440 milioni il montepremi maschile (42 milioni al vincitore) e a 60 milioni qulelo femminile (con le squadre che passeranno dalle attuali 24 a 32).

Benefici anche per i maschi

Come si traduce, tutto ciò, in concreto? Equità, banalmente, significa che se gli Stati Uniti vincessero di nuovo il Mondiale femminile, a beneficiarne (a livello di premi) saranno anche i membri della squadra maschile. Di riflesso, il cammino a Qatar 2022 dei maschi farà piovere milioni anche sul movimento femminile. La FIFA, a tal proposito, prevede 10,5 milioni di dollari per la sola qualificazione.

Nel nuovo contratto collettivo, per contro, alle donne non sarà più garantito uno stipendio fisso, inserito nel 2005 laddove gli stipendi maschili si sono sempre basati su presenze, vittorie e pareggi. Equità, anche qui. Lo stesso dicasi per l’accudimento dei minori durante i vari campi d’allenamento e le partite: un beneficio di cui la nazionale femminile ha goduto per 25 anni e che, ora, è stato esteso ai maschi.

Nel contratto sono pure stati inseriti guadagni derivanti da vendita dei biglietti, diritti tv, partner e sponsor.

E il resto del mondo?

La lotta delle giocatrici statunitensi non è una novità, dicevamo. Nel 2017, ad esempio, la Norvegia si era impegnata a pagare stipendi «comparabili» a donne e uomini dopo lo sfogo della vincitrice del Pallone d’oro Ada Hegerberg, allontanatasi dalla nazionale a causa di un trattamento iniquo. Nuovo, invece, è il principio di condividere il montepremi fissato dalla FIFA per i Mondiali.

Il resto del mondo, beh, si sta allineando. I Paesi Bassi hanno concordato un aumento salariale per la selezione femminile nel 2019 con la promessa di raggiungere l’equità nel 2023. Sulla stessa lunghezza d’onda Australia, Nuova Zelanda, Brasile e Inghilterra.

Il prossimo passo, forse quello definitivo, dovrà invece arrivare dalle Confederazioni continentali, come l’UEFA, e dalla stessa FIFA: è impensabile, un domani, avere montepremi dello stesso valore per Mondiali femminile e maschile?