Due partite che i tifosi non vogliono scordare
Bastano poche partite per plasmare la fede di un tifoso. Per convincerlo che, sì, abbandonarsi a quei colori è stato giusto. Che è bello sentirsi parte in causa. Nel bene e nel male. Il Lugano non fa eccezione. Il Lugano di Mattia Croci-Torti non fa eccezione. Pensateci bene. Dall’avvento del tecnico ticinese, nel settembre del 2021, l’immaginario del sostenitore bianconero si è nutrito di quattro, cinque gare. Indimenticabili e al contempo vitali per alimentare la fiamma interiore. Quattro o cinque gare su ottantasei. Con ciò - e ci mancherebbe - non si vuole sminuire lo sviluppo e i traguardi complessivi raggiunti nelle ultime due stagioni. Le fondamenta, i perché dei successi ottenuti da Sabbatini e compagni, sono riconducibili soprattutto al lavoro sul lungo termine. I match da dentro o fuori, per i quali il margine d’errore concesso è irrisorio e la posta in palio drammaticamente tangibile, sono tuttavia benzina. I capitoli più avvincenti del libro che, di tanto in tanto, amiamo riprendere fra le mani. Con i suoi protagonisti e i loro gesti più significativi, sottolineati a matita o segnalati da un’orecchia alla pagina. Tutti, per questo motivo, ricordano le semifinali di Coppa Svizzera con Lucerna e Servette; i miracoli di Saipi e Osigwe; la freddezza dal dischetto di Celar e del capitano; le magie di Aliseda. Lo stesso, va da sé, vale per le finali, dai destini contrapposti e però entrambe struggenti. Mettiamoci pure l’eliminazione dello Young Boys di due anni fa, con l’entrata libera a Cornaredo e - in anticipo sulle urne - l’assist vincente al futuro Polo sportivo. Il 1995, con i cafoni dell’Inter e lo sberleffo di Carrasco a San Siro, rappresenta invece l’archetipo continentale. L’essenza.
Ecco. Il playoff di Europa League contro l’Union Saint-Gilloise è uno di questi momenti. Potrebbe diventarlo, quantomeno. 180 minuti e forse più di adrenalina pura. Di passione e orgoglio, per l’ennesimo obiettivo prestigioso alla portata del club. Per quanto già solida, l’opera di convincimento della squadra verso la piazza - e persino agli occhi della Svizzera calcistica - passa anche dagli incontri di Bruxelles e Ginevra. E i gironi di Conference League, comunque garantiti al Lugano in caso di sconfitta, non devono costituire un’attenuante. «Eh, ma tanto anche se perdiamo…». No, no. Dallo scorso gennaio - quando la dirigenza ha deciso di uscire allo scoperto, fissando definitivamente in alto l’asticella - i bianconeri hanno abbracciato una dimensione agonistica che non ammette forme di appagamento. L’ambizione, d’altronde, non si improvvisa. Il concetto, ad ogni modo, non va spiegato al Crus. A un allenatore che ha il coraggio di parlare di titolo e che a Lugano e ai ticinesi - non altrove, non ad altri - vuole regalare nuove emozioni. Nuove pagine in grado di modellare la memoria.
È vero, un’estate fa, in occasione del preliminare contro l’Hapoel Be’er Sheva, le intenzioni non erano diverse. Le premesse e lo stato della metamorfosi bianconera, quelle non possono però essere paragonate alla situazione attuale. Per niente. Il Lugano che questa sera sarà di scena in Belgio non è così fragile. E non deve nemmeno - al contrario del rivale sul campo - metabolizzare gli stravolgimenti del mercato. La consapevolezza della squadra e dei suoi leader, insomma, è tale da guardare alla doppia sfida con l’Union senza timori reverenziali. Reduce dai quarti di finale conquistati nella scorsa edizione di Europa League, l’avversario è senza ombra di dubbio temibile. Persino più forte, valori tecnici e budget della rosa alla mano. Ma la doppia impresa sfiorata dal Servette nelle qualificazioni di Champions - col Genk eliminato e i Glasgow Rangers spaventati di brutto - è lì, a testimoniare come i pronostici meritino di essere smentiti. Preparazione, dedizione e sacrificio, detto altrimenti, possono rivelarsi ingredienti molto potenti nelle notti che contano. Quando di tempo per fare calcoli nemmeno ce n’è. Sarà semmai l’autunno, scandito da match ogni tre-quattro giorni e perciò esigentissimo, a suggerire la sostanza di questo Lugano. A costringere società, allenatore e giocatori a guardarsi dentro e poi allo specchio. Quel momento, però, non è ancora giunto. Oggi e fra sette giorni allo Stade de Genève il cuore va gettato oltre l’ostacolo. Sono due partite che non vogliamo scordare.