Il commento

È la partita dell'anno e dirsi forti non basta

Cresce l'attesa per la sfida tra Svizzera e Italia negli ottavi di finale dell'Europeo
Massimo Solari
28.06.2024 06:00

È la partita dell’anno. Lo è per noi, perché ci smuove dentro e, certo, perché fa tremendamente paura. Lo è per loro, per i giocatori rossocrociati, che a Berlino faranno i conti con la gloria e il peso delle aspettative. È solo un ottavo di finale, d’accordo. E però il match contro l’Italia, all’Olympiastadion, fornirà delle risposte inequivocabili, finanche definitive, circa il valore di una generazione di calciatori. Non una generazione qualunque. Non solo. Granit Xhaka, che è poi la parte per il tutto, ha voluto guardare il Paese dritto negli occhi. E ha fatto una promessa.

«Scordatevi la Svizzera che vi ha fatto soffrire lo scorso autunno. Sul piano della mentalità, dell’atteggiamento e delle convinzioni è cambiato tutto». Beh, in fondo la fase a gironi di Euro 2024 suggerisce proprio questo. Sotto sotto, dunque, ci crediamo. Sì, vogliamo credere al nostro capitano. Mannaggia però: quanto è difficile.

A trattenerci per la maglia, mentre cerchiamo di lanciarci verso orizzonti proibiti, sono ragioni soggettive e oggettive. Affrontare gli azzurri, infatti, destabilizza. Intacca la lucidità di giudizio persino di fronte ai continui inciampi e alla scarsa qualità degli uomini di Luciano Spalletti. Guai a fidarsi. Ad attendere al varco gli elvetici è una selezione scaltra, scossa nelle fondamenta da un rigurgito d’orgoglio. E pure un po’ vendicativa, considerato quanto accaduto lungo la rincorsa ai Mondiali in Qatar. Per dire: al di là della valanga di insulti social difficile da digerire, le scuse e le ritrattazioni a scoppio ritardato di Remo Freuler non aiutano a tranquillizzarci. Comunque, questi dubbi, questi retropensieri rientrano nella sfera soggettiva dell’analisi. La meno importante.

I fatti, invece. Sui quali la squadra e il commissario tecnico Murat Yakin intendono costruire l’impronunciabile. La difesa è solida, lo spirito rinvigorito e la leadership trabocca da più parti del campo. È innegabile, siamo pronti. O meglio, ci sentiamo e crediamo pronti. Al cospetto dell’Italia, tuttavia, servirà qualcosa di più della consapevolezza. Poiché consapevoli e visionari lo siamo stati pure in passato, a Doha per esempio, nonostante il Portogallo suggerisse prudenza. Insomma, qui c’è da andare oltre i propri limiti, volendo dirla con Spalletti. Attenti, solidali, cazzuti e famelici là davanti, quando si tratterà di fare male. Vietato distrarsi, vietato ritenersi superiori anche solo per un momento. Sappiamo che cosa può scatenare un passaggio del turno, dentro e fuori, perché tre anni fa ce l’abbiamo fatta, una volta per tutte. Pensarci ora però non ha senso. È pericoloso. Ci sono un palcoscenico prestigioso e novanta minuti - chissà, magari molti di più - lungo i quali dimostrarsi ragazzi d’oro. Già, è questa la sfumatura con la quale - oramai da diverso tempo - si è voluto ammantare lo zoccolo duro della selezione rossocrociata.

Adrian Knup, Michel Pont, Stephan Lichtsteiner: alla vigilia del torneo questi signori, che la Nazionale l’hanno liberata, consolidata e resa ambiziosa, hanno puntato quasi tutto su chi domani scenderà in campo. «Una simile costellazione - hanno avvertito in coro - potrebbe non ripresentarsi per diversi anni». E allora dev’essere per forza così: quello contro gli azzurri è davvero il match dell’anno. Lo è per noi, per i tifosi, che al solo pensiero già hanno la pelle d’oca. Lo è per un gruppo di calciatori e un allenatore dei quali, all’incirca dodici mesi fa, avevamo iniziato a dubitare. Ci stanno facendo ricredere. Crediamo che possa esserci un’altra partita. Mannaggia però: quanto è difficile.

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