Il personaggio

Emiliano Martinez, il «pagliaccio» che ha spinto l'Argentina

Le sue danze e i suoi giochetti mentali, ancora una volta, hanno fatto la differenza: il portiere dell'Albiceleste è l'eroe bislacco di questo Mondiale
© Friedemann Vogel
Marcello Pelizzari
18.12.2022 22:00

I rigori. Maledetti rigori. Per noi svizzeri, almeno, pensando ai quarti di Euro 2020 contro la Spagna. Dici rigori e, per forza di cose, pensi a Emiliano Martinez, per tutti Dibu. L’ipnotizzatore. L’incantatore. Il mentalista. Capace (quasi) di parare almeno due dei tre rigori calciati da Mbappé. Capace, questo sì, di negare il gol a Coman nella sequenza finale. E di influenzare, negativamente, Tchouameni. Come? Allontanando il pallone e costringendo l’avversario a deviare la sua camminata per andarlo a raccogliere. Quindi, una volta posizionata la sfera sul dischetto, di ipnotizzare il centrocampista. Fuori. E via con un balletto da pagliaccio che tanto ha fatto arrabbiare i Bleus.

E proprio le buffonate, se così vogliamo chiamarle, sono alla base del successo di Martinez nel parare l’imparabile. Detto del pallone allontanato, Dibu non ha mai smesso di muoversi sulla linea. Come dire: guardatemi tutti, guardami tu che tiri, e sbaglia. Detto, fatto.

Martinez è stato, sceneggiate a parte, un punto fermo dell’Argentina di Scaloni. Ha mantenuto la porta inviolata contro il Messico, la Polonia e la Croazia. Senza un suo intervento prodigioso all’ultimo respiro dei supplementari, in finale, la Francia avrebbe rimesso le mani sulla Coppa del Mondo. Bissando il successo di quattro anni fa in Russia, sotto la pioggia.

Una parata forse disperata, ma studiata in ogni minimo dettaglio. Nella speranza di «coprire» quanta più porta possibile al cospetto di Muani, presentatosi tutto solo, in corsa, davanti a lui. Una parata decisiva, dicevamo, una delle tante che Martinez ha compiuto in Qatar. Una parata mutuata dal Futsal che potremmo definire una variazione della «croce iberica». 

Ha aspettato tanto, Dibu, prima di prendersi i riflettori. Prima di vincere, in serie, Copa America, Finalissima e Coppa del Mondo. Otto anni all’Arsenal, conditi da sei prestiti e poche, pochissime presenze in Premier League. Quindi il passaggio alll’Aston Villa e l’esplosione. Definitiva, incredibile, immensa.

«Tutto è andato come volevo e come volevamo» ha detto, a caldo, a Mondiale conquistato. Tutti, in Argentina, ora ballano e danzano come lui. Il pagliaccio pararigori. Il pagliaccio che, alla consegna del premio quale miglior estremo difensore, si è esibito in un gesto certo poco edificante, ma indubbiamente nelle sue corde.

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