Eroi in una magica sera

L’abbiamo chiamata «Ritorno al futuro», invero senza troppa fantasia. È una rubrica figlia dell’emergenza e, va da sé, della mancanza di eventi sportivi live. E allora, se non possiamo vivere il presente proviamo almeno a correre indietro con la memoria. Ripescando, stavolta, l’1-0 del Lugano a San Siro firmato Edo Carrasco: era il 1995 e i bianconeri buttarono fuori l’Inter dalla Coppa UEFA. Riviviamo quel successo grazie all’articolo di Tarcisio Bullo, inviato alla Scala del calcio per l’occasione.
Le luci di San Siro, quelle dolci e carezzevoli cantate dal tifoso interista Roberto Vecchioni, sono tutte per un Lugano apollineo, che compie un’impresa di portata storica estromettendo l’Inter dalla coppa Uefa. Eroi in una magica sera, i bianconeri, capaci di gonfiarci il cuore di emozioni, di ribaltare in loro favore le sorti di un incontro che pure pareva essersi fatto tutto in salita nella ripresa, dopo un primo tempo più che incoraggiante. L’uomo della serata è ancora una volta Edo Carrasco, che a cinque minuti dal termine carica il suo piede vellutato e lascia partire un tiro destinato a rimanere negli annali della società bianconera ed ad assumere una connotazione epica, trasformandosi nel gol-partita, nella chiave capace di aprire le porte del Paradiso. Che poi quel tiro sia stato forse deviato da Mauro Galvao, nulla cambia: al di là dell’episodio, è la squadra che ha vinto, con il contributo di tutti, proprio tutti, compreso lo straordinario Philipp Walker che al novantesimo impedisce con un guizzo di grande efficacia e spettacolarità il pareggio interista, fortemente cercato con l’ennesima punizione da Roberto Carlos.
Eppure il destino della partita sul principio sembrerebbe sfavorevole a questo grande, coraggioso e ammirevole Lugano. Il fato disegna infatti subito uno scherzetto a Roberto Morinini, costretto a modificare l’assetto tattico della sua squadra già al 9’ per la prematura uscita dello sfortunato Esposito, toccato duro in uno scontro con Festa e trasportato immediatamente al Civico di Lugano, dove la diagnosi dei medici parla di sospetta rottura dei legamenti del ginocchio. Al suo posto entra Manfreda e lo schieramento bianconero diventa teoricamente più offensivo, con due punte nominali. In realtà però, il gioco del Lugano soffre del cambiamento, l’Inter essendo in grado di esercitare maggior pressione su un centrocampo che qualche volta concede il vantaggio numerico ai nerazzurri. La linea di difesa del Lugano rimane però alta, l’Inter abbozza ma non ferisce e la spinta offensiva dei padroni di casa, che sulle prime sembra opprimere il Lugano, si esaurisce nello spazio di un quarto d’ora senza produrre scossoni. Una punizione di Carbone al 4’, bella ma fuori dallo specchio della porta, e una girata acrobatica di Ganz che trova puntuale alla parata Walker al 6’ sono tutto quanto l’Inter produce nel primo tempo, con l’aggiunta di una conclusione dalla lunga distanza di Centofanti, respinta a pugni chiusi da Walker.
A ben guardare, è quasi più intraprendente il Lugano, che spinto dalle invenzioni di Shalimov e dalla verve di Gentizon disegna a volte anche apprezzabili trame offensive. L’unico vero pericolo però, Pagliuca lo corre quando un abile e veloce contropiede imbastito da Erceg e Shalimov porta il russo a crossare pericolosamente sotto Pagliuca e Manfreda è anticipato praticamente sulla linea di porta da un intervento di un difensore.
Il contropiede, arma dei «poveri» che il Lugano nella circostanza cerca prevedibilmente di far propria, fa tremare ancora l’Inter in apertura di ripresa, quando Shalimov mette in condizione Gentizon di colpire di testa a pochi passi da Pagliuca, ma l’azione si esaurisce sul piano delle belle intenzioni.
Suarez fiuta il vento non proprio favorevole alla sua squadra e propone due cambiamenti che hanno il merito di ravvivare il gioco dei suoi: Fontolan per Rambert e Orlandini per Carbone sono una mossa a cui Morinini, con la panchina che si ritrova, non ha grandi risposte da offrire. Il Lugano allora cede poco a poco terreno ad un’Inter comunque confusionaria e scarsamente produttiva se non a livello progettuale, all’immagine dello sgraziato Centofanti, tanta buona voglia ma piedi ruvidi come la corteccia di un abete, che comunque alla fine risulterà uno dei migliori della sua squadra. Tra contropiedi abbozzati, tanta fatica e generosità nel contenere gli affondi interisti, matura il gol galeotto di Carrasco, che trasforma una punizione concessa dall’arbitro per un fallo su Shalimov, con un tiro velenoso calciato pressapoco dal vertice dell’area e forse deviato sotto porta da Galvao, che certamente con il suo movimento inganna Pagliuca. Erceg ha ancora la palla buona addirittura per raddoppiare, ma il suo pallonetto, che coglie Pagliuca abbondantemente fuori dai pali, finisce sopra la traversa. Quindi proprio allo scadere Philipp Walker compie il solito capolavoro, togliendo dall’angolino una splendida punizione di Carlos. Per l’Inter e regalando infinite emozioni al Lugano e ai suoi tifosi. A questo punto l’ultima cena dell’Inter in Europa è servita.