Calcio

Guai a chi tocca il Boxing Day

In Premier League si moltiplicano le partite rinviate a causa dei contagi all’interno dei club - L’emergenza sanitaria non ha però avuto la meglio sulle partite in agenda dal 26 dicembre in poi - A pesare è anche il contratto con Amazon, che ha investito 100 milioni di euro per le gare natalizie
©EAP/Gareth Fuller
Massimo Solari
23.12.2021 17:38

L’Italia rende più severe le regole per accedere allo stadio. La Germania non ha esitato a richiuderli. Dal 28 dicembre niente tifosi in Bundesliga. Fertig. Lo stesso giorno, in Premier League si disputeranno sei partite. Davanti a decine di migliaia di spettatori appesantiti da tacchini ripieni e budini. Un riverbero del tradizionale Boxing Day, diluito e di riflesso spremuto a fini commerciali da Santo Stefano in poi. E no, nel 2021, non ci sarà pandemia che tenga. Troppi gli interessi in gioco. E preponderanti, secondo quanto stabilito lunedì dal Consiglio d’amministrazione della lega. L’integrità della competizione, è stato sottolineato, verrebbe infatti messa a repentaglio. Okay. Peccato che nel frattempo il numero di partite rinviate a causa della COVID-19 sia salito a quota 15. Comprese le ultime due bandiere bianche sventolate da Leeds e Watford, che domenica avrebbero dovuto sfidare Liverpool e Wolverhampton. Il calendario attuale, va da sé fragilissimo, contempla comunque trenta gare dal 26 dicembre al 3 gennaio. Capodanno compreso e - dicevamo - senza alcun tipo di limitazione alla capacità degli impianti.

I venti incontri di Jeff Bezos

Quasi dimenticavamo: l’ultimo bollettino sanitario nel Regno Unito ha registrato 105.500 contagi giornalieri. Più del doppio della Germania, il triplo dell’Italia. Colpa di Omicron. Oltre essere ritenuta meno pericolosa dagli esperti britannici, la nuova variante del coronavirus ha tuttavia perso la partita contro i ricavi da stadio e soprattutto da diritti tv. Sì, perché se qualcuno se lo fosse dimenticato, sugli incontri dicembrini aveva scommesso nientemeno che sua maestà Jeff Bezos. Mister Amazon, esatto. Il gigante dell’e-commerce si era infatti assicurato la possibilità di trasmettere su Prime Video venti match all’anno, nel ciclo 2019-2022. Il tutto per il modico prezzo di 100 milioni di euro a stagione. Dopo aver messo a disposizione dieci partite a inizio mese, Amazon farà altrettanto tra il 28 e il 30 dicembre. E in questo senso, le porte chiuse si tradurrebbero nel male minore per la creatura di Bezos. Che, anzi, approfitterebbe oltremodo del collocamento natalizio per pubblicizzare la propria piattaforma di acquisti online. Spingendosi più che volentieri fra le braccia delle famiglie inglesi, confinate sui propri divani di fronte alla tv.

Nel 2020 fermi per due positivi

Eppure l’interruzione del massimo campionato era stata posta sul tavolo da alcuni tecnici del massimo campionato inglese. Ci si è dovuti accontentare di qualche possibile ritocco alle competizioni collaterali. Come la Carabao Cup, le cui semifinali di gennaio - hanno auspicato Jürgen Klopp e Antonio Conte - potrebbero essere decise da una partita secca. Al proposito, il capitano dei Reds Jordan Henderson non le ha mandate a dire: «Nessuno si sta occupando seriamente della salute dei giocatori». Già. Peccato che proprio i calciatori che militano in Premier League siano tra i principali beneficiari di una tradizione che risale al 1860. Le mancate vacanze causate dal Boxing Day, vengono infatti indennizzate con il versamento del 5% delle entrate generate dai contratti audiovisivi del torneo. Un accordo, questo, in vigore da decenni e strappato ai vertici della lega dal sindacato dei giocatori britannici. Insomma, che il CdA della Premier League (e quindi i club stessi) abbia preferito far proseguire lo show non deve sorprendere. A maggior ragione considerata la linea morbida - per usare un eufemismo - adottata nel Regno Unito dal premier Boris Johnson. Certo, il paragone con il passato fa riflettere. Nel marzo del 2020, all’alba dell’emergenza sanitaria, il calcio professionistico era stato bloccato alla luce di due casi positivi. Due. Nell’ultima settimana i contagi tra giocatori e staff hanno invece sfiorato quota 100. Guai però a toccare il Boxing Day.

Il 16% dei giocatori non è vaccinato

I focolai negli spogliatoi di Premier League sono all’ordine del giorno. La variante Omicron non aiuta, certo. Ma nemmeno il tasso ancora piuttosto elevato - se raffrontato ad altri campionati europei - di giocatori non vaccinati. Stando ai dati aggiornati a inizio settimana, il 16% dei tesserati non è protetto. Il 77% ha invece già ricevuto due dosi, l’84% una. Nel complesso, hanno comunicato i vertici del torneo, il 92% dei giocatori e dei membri degli staff tecnici ha ricevuto una, due o tre dosi di vaccino.