Como me gusta la Serie A

Hugh Grant e gli altri: Stadio Sinigaglia, Como, «the place to be»

La squadra di Cesc Fabregas cresce, muove la classifica, ma il presente del Como non è fatto di solo calcio – I vip regolarmente presenti in tribuna sono lì a dimostrarlo
©LUCA ZENNARO
21.10.2024 12:00

In molti mi hanno scritto, sabato pomeriggio. E tutti i messaggi erano del tenore: «Ci rompi tanto con il Como, e non batte neppure il Parma?». Provocazioni che non ho colto e che continuo a non cogliere. Anche perché arrivano da chi non sa scorgere la luna dietro al dito.

Como, la Como del calcio, in questo momento è qualcosa di più. Va oltre la singola partita, il singolo avversario (che poi il Parma è mica male). Como è, molto semplicemente, the place to be, ovvero il posto giusto. È questa la costruzione che gli Hartono stanno presentando al mondo. Ed è una questione che ci tocca da vicino, che dovrebbe toccarci da vicino. Ma il Ticino non ha ancora capito che farsene, della vicinanza con Como, con questa Como, quella delle lunghe file, degli overbooking, del turismo ritrovato, dei vip, del calcio vero. Il Ticino è rimasto alla Como provinciale di inizio secolo, quella delle transenne sul lungolago, del mercato, della Serie C. Non sa come approfittare di questa realtà, come entrare nel business.

Sabato pomeriggio, contro il Parma, in tribuna c’erano anche Hugh Grant e Andrew Garfield. Due abituati a essere personaggi principali, mica figuranti. Erano seduti tra il pubblico, a disposizione di selfie e sorrisi. Un paio di settimane fa, prima che l’ennesima pausa delle nazionali – a proposito, sì, se ve lo state chiedendo, le nazionali esistono ancora e sono anzi sempre più ingombranti – interrompesse i campionati, in tribuna c’era l’attrice britannica Kate Beckinsale. Presente per Como-Verona. Kate Beckinsale ha seguito anche il mini-concerto di Guè prima della partita. Sì, perché al Sinigaglia capita anche questo. Concerti, attori famosi in tribuna, spalti regolarmente pieni. Boh, ma che cosa sta succedendo a Como?

Ci ripetiamo, nel caso non abbiate seguito il ragionamento: Como è il posto giusto. In questo momento non si scappa da questo fatto. Molti ne danno il merito a George Clooney. Sì, perché unisce più delle amministrazioni cittadine, quella attuale compresa, ed è certamente uno strepitoso veicolo commerciale. E poi c’è la magia di questo lago, di questi scorci, offerti anche dallo stesso Sinigaglia. E allora non sappiamo se Hugh Grant abbia guardato più Fadera o il Lario, più Gabrielloni o il Monumento ai caduti di Terragni – sappiamo solo che ha soggiornato al Villa d’Este –, ma c’era. E questo conta.

Non è stata neppure una brutta partita. Il problema del Como, in questo momento, va ricercato nella panchina corta. Le scelte iniziali, condizioni fisiche permettendo, sono obbligate. Ma è chiaro che – tolto Mazzitelli – le alternative scarseggiano. Ci sarà tempo per rimediare. Certo ci sono frazioni, durante le singole partite, in cui il Como dimostra di essere un’idea nuova, un calcio nuovo. In questo senso, si capisce la scelta di Fabregas quale allenatore. Il suo calcio si sposa perfettamente con una realtà, quella di Como città appunto, che vuole offrire ai propri visitatori qualcosa di unico. Gli specialisti del marketing usano una parola odiosa: l’esperienza. Mi vengono i brividi, ma quella è. Sa un po’ di finto? Forse sì. Ma tra voi c’è qualcuno che non vorrebbe abbracciare Hugh Grant? E che guardando The Social Network non sia stato dalla parte di Andrew Garfield contro il vendicativo Mark Zuckerberg?

Ma soprattutto: tra voi c’è qualcuno che non sia disposto a fare follie pur di veder giocare (e segnare, evviva) il futuro Pallone d’Oro Nico Paz?

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