Ibra, luci (spente) a San Siro: «Sono fiero di ciò che ho fatto»
Un giorno un giornalista chiese a Zlatan Ibrahimovic chis fosse il giocatore più forte del mondo. «Messi», rispose Ibra. «Ma come – ribatté il cronista – non sei tu?». «No – fece lo svedese con il suo famoso sorriso che sembra voler pendere in giro tutto e tutti – io sono Dio».
Un aneddoto che riassume tutta l’essenza di Ibrahimovic, che a 41 anni ha deciso di dare l’addio al calcio. Un ego smisurato che – paradossalmente – ha contribuito a renderlo simpatico a tutti. O quasi. Un’altissima considerazione di se stesso che ha permesso allo svedese – nato a Malmö, figlio di immigrati provenienti dalla ex Jugoslavia – di diventare uno dei calciatori di maggiore spessore degli ultimi vent’anni. Un giramondo che ha vinto tanto, tantissimo (addirittura 32 trofei), segnando ovunque una valanga di reti, con le squadre di club e con la sua nazionale.
Sognava probabilmente un addio diverso, Ibra. Da protagonista sul campo. Gli infortuni non glielo hanno permesso, ma il popolo rossonero gli ha tributato una vera e propria ovazione, con tanto di striscione d’addio: «È il momento di dire addio al calcio, non solo a voi. Ci sono troppe emozioni, adesso. Forza Milan e arrivederci», ha detto Ibra trattenendo a stento le lacrime. Anche i duri, hanno un cuore. E San Siro, in suo onore, ha spento le luci. Dovrà abituarsi a vivere lontano dai riflettori, lo svedese: «I calciatori sono programmati. Il panico è alzarsi la mattina e non sapere più cosa devi fare. L’adrenalina sarà differente, non avrò più un programma stabilito da seguire. Lo spogliatoio mi mancherà, ma sono pronto ad accettare questa situazione. Ho preso questa decisione negli ultimi dieci giorni. Tutti sognano di chiudere la carriera in campo, giocando, ma purtroppo non ci sono riuscito. È stato comunque emozionante».
Il passare degli anni non ha risparmiato nemmeno chi ha sempre curato il suo corpo quasi in modo maniacale. Anche Carlo Ancelotti – il tecnico che lo allenò al PSG – lo ha sottolineato nel suo libro: «Ho trovato un giocatore estremamente disponibile e professionale, sempre concentrato sul suo lavoro». «Sono fiero della mia carriera – ha spiegato Ibra –. Ringrazio il Milan e tutte le squadre in cui ho giocato. Quando domenica mi sono svegliato pioveva, e mi sono detto che pure Dio era triste. Nemmeno la mia famiglia era al corrente della mia decisione. Il calcio mi ha fatto diventare uomo, mi ha fatto conoscere persone che non avrei mai potuto incontrare e ho potuto viaggiare dappertutto nel mondo».
Chiuso dai fenomeni Messi e Cristiano Ronaldo, non è mai riuscito a vincere il Pallone d’Oro. Forse anche perché gli è sempre sfuggito il trofeo per club più prestigioso, la Champions League. «Non mi manca il Pallone d’Oro, probabilmente sono io che manco a lui». Una risposta in pieno stile Ibra, a chi gli chiedeva se non si fosse meritato almeno una volta in carriera il premio di France Football. Si è consolato con il «Guldbollen» – un premio assegnato dal quotidiano Aftonbladet e dalla Federazione svedese al miglior giocatore svedese dell’anno solare – conquistato per dodici volte, dieci delle quali consecutive tra il 2007 e il 2016. In Svezia è una vera e propria leggenda vivente, insomma. Tanto che il regista svedese Jens Sjögren, nel 2021, ha raccontato la sua vita e la sua carriera in un film: «Zlatan».
Una delle sue grandi forze è sempre stata quella di rendere migliori – anche e soprattutto grazie alla sua personalità – le squadre in cui ha giocato. Il Milan, per esempio, con Ibrahimovic lo scorso anno era tornato a vincere lo Scudetto dopo undici anni di attesa. Non ha ancora deciso cosa farà, adesso, Ibra: «Per ora voglio prendermi il tempo di godermi ciò che ho fatto. Non bisogna decidere troppo in fretta. Rifletterò durante l’estate e quando la situazione sarà un po’ più tranquilla, vedrò. Ma non penso che lascerò il mondo del calcio».
Sarà difficile rivederlo negli Stati Uniti. Quando aveva lasciato i Los Angeles Galaxy per tornare al Milan, aveva salutato così il pubblico americano: «Volevate Zlatan, vi ho dato Zlatan. Di niente. La storia continua... Adesso potete tornare alle vostre partite di baseball». In pieno stile Ibra, naturalmente.