Il «calcio kung fu» di Éric Cantona, trent'anni fa
A distanza di trent'anni, la verità è emersa soltanto in parte. Riformuliamo: le versioni discordano. In tribunale, Éric Cantona ha raccontato che Matthew Simmons, il tifoso del Crystal Palace preso a calci dallo stesso calciatore francese in forza al Manchester United in seguito a un'espulsione, gli aveva gridato le peggio cose. Con riferimenti di varia gravità alla madre, anche. Simmons, invece, ha detto e ribadito di aver semplicemente invitato Cantona ad andare sotto le docce. In anticipo. Tipico, quando il tempo passa e la dimensione della vicenda assume, per certi versi, i contorni del mito.
Alcuni punti cardine, almeno, erano e rimangono noti: stagione 1994-95, 25 gennaio, Red Devils in trasferta a Londra contro, appunto, il Palace. Lo United, a caccia del terzo titolo consecutivo, era in ripresa dopo un avvio di stagione tutto fuorché esaltante. Quel giorno, si trovava a due soli punti dal Blackburn capolista. Di più, il Manchester veniva proprio dal successo (1-0, gol di Cantona) nello scontro diretto. Della serie: adesso ci riprendiamo quello che è nostro. Di qui l'approccio, diciamo pure rilassato, alla trasferta di Selhurst Park. La squadra di Alex Ferguson, insomma, credeva che il resto della stagione sarebbe stato in discesa. A partire proprio da quella partita.
Le cose, beh, andarono diversamente. E Cantona, innervosito tanto dal risultato quanto dalla prestazione, a inizio ripresa rimediò un cartellino rosso per un fallo ingenuo (e stupido) su Shaw. Di per sé, nulla di trascendentale. Se non fosse per gli attimi successivi all'espulsione. Punzecchiato dagli spalti, infatti, il francese – al solito con il bavero alzato – si gettò su un tifoso in particolare, Simmons, attaccandolo con un calcio degno dei migliori b-movie di kung fu. Jonathan Pearce, all'epoca commentatore per Capital Gold, ha ripercorso quei secondi di follia per il Telegraph: «Dal linguaggio del corpo di Cantona, da quella sorta di camminata eretta, spalle indietro, petto in fuori e passo imperioso, si capiva che era assolutamente furioso. Ma non si poteva prevedere quello che è successo. Non ho mai visto nulla di simile».
Simmons, allora, aveva vent'anni. Quella sera, la sua vita cambiò per sempre. Anche perché mai si sarebbe immaginato, all'improvviso, di ritrovarsi a pochi centimetri da un Cantona in stato di ebollizione. Il calcio, quel calcio, fu definito feroce, oltraggioso, inspiegabile. Sconcertante. I giocatori del Palace e, di riflesso, quelli dello United erano increduli. Tutti parevano chiedersi: «Ma che diavolo è appena successo?». Bob Morrison, capo steward del Selhurst Park, nei giorni successivi ebbe a dire: «Cantona ha colto tutti di sorpresa. Nessuno si aspetta che un calciatore professionista si prenda la responsabilità di andare a piedi uniti sulla folla, e poi all'improvviso, whoosh, lui l'ha fatto».
Con l'aiuto di Schmeichel, e non prima che Cantona avesse sferrato un destro a Simmons dopo il suo calcio, il responsabile del materiale del Manchester United, Norman Davies, riuscì infine a trascinare il francese al sicuro negli spogliatoi. Una volta lì, gli offrì una tazza di tè, ricorda il Telegraph.
Ma la partita come finì?
La partita, per la cronaca, finì 1-1. Nonostante l'inferiorità numerica, lo United segnò per primo e, con Cole, fallì perfino una ghiottissima occasione per raddoppiare. Il pari fu siglato da Southgate a 11 minuti dalla fine. Ferguson, dal canto suo, era talmente preso dal riorganizzare la squadra una volta espulso Cantona che non si accorse di nulla. Avrebbe visto tutto all'indomani, di prima mattina. Pure Alan Wilie, l'arbitro, non vide nulla: era intento a proteggere Shaw, vittima del fallo di Cantona.
Le conseguenze di quel calcio, in ogni caso, furono enormi. Così pesanti, addirittura, che lo United a un certo punto pensò di licenziare in tronco Cantona. Alla fine, la società optò per una multa e per una sospensione interna, mentre la Football Association lo squalificò per otto mesi. Il giocatore fu pure rinviato a giudizio e, in primo grado, condannato a due settimane di carcere. La sentenza venne ridotta in appello a 120 ore di servizio civile. A livello internazionale, invece, la nazionale francese decise di togliere la fascia di capitano al suo giocatore più rappresentativo.
Dopo diversi giorni di assoluto silenzio, e con l'intera stampa britannica e buona parte del mondo calcistico che lo accusavano pesantemente, Cantona convocò una conferenza stampa e pronunciò una frase sibillina che nessuno, lì per lì, comprese: «Quando i gabbiani seguono il peschereccio, è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine. Molte grazie». L'anno scorso, Cantona ha rivelato (finalmente, verrebbe da dire) che quella frase tanto enigmatica e incomprensibile, dibattuta e citata per anni e anni, non voleva dire assolutamente niente. Così al programma televisivo francese C dans l'air: «Volevano che parlassi, e io parlai. Mi venne fuori quella cosa, e me ne andai. La stampa provò a trovare un senso e a renderla tutta filosofica». E ancora: «Volevano trovare un significato e mi chiesero tutti di spiegare, e io non dissi niente».
Il kit da trasferta? «Maglia bianca e cintura nera»
Superato lo shock iniziale, e superate le critiche, alla fine il gesto di Cantona assunse, come detto, i contorni del mito o, quantomeno, del classico. Gli Ash, nota band del periodo, decise pure di intitolare un singolo Kung Fu e di utilizzare la foto di quel calcio come copertina. Nelle scuole, iniziò anche a circolare una battuta. «Lo United ha un nuovo kit da trasferta: maglia bianca, pantaloncini bianchi, cintura nera».
Gli stessi tifosi dello United, inizialmente incazzati con il loro idolo caduto in disgrazia, presto si ammorbidirono. Anche per alcune simpatie fasciste del tifoso aggredito, fra l'altro condannato per tentata rapina violenta nel 1992. «Ero nel posto sbagliato al momento sbagliato» disse Simmons una ventina di anni fa. Negando, tuttavia, di aver insultato la madre di Cantona. Per i suoi insulti a Cantona gli è venne comminata una multa di 500 sterline per comportamento offensivo e gli venne pure intimato un divieto di accesso allo stadio per un anno.
Curiosamente, ma nemmeno troppo, un episodio del genere oggi non potrebbe accadere. Non tanto perché è più difficile che giocatori e pubblico entrino in contatto, anzi, ma perché – soprattutto in Inghilterra – chi sgarra all'interno di uno stadio viene immediatamente preso in consegna dagli steward.