Il valore di un pareggio e il tempo delle riflessioni
A volte il destino disegna traiettorie strane. Inaspettate. E, per certi versi, persino ironiche. Il cammino ufficiale di Murat Yakin sulla panchina della Nazionale svizzera, ai piedi dell’autunno del 2021, era iniziato con un pareggio al St. Jakob-Park di Basilea. Dopo l’amichevole vinta con la Grecia, il 5 settembre i rossocrociati avevano bagnato l’esordio del nuovo ct tenendo in scacco l’Italia. Già, proprio gli Azzurri, freschi campioni d’Europa. Pazzesco. Sabato sera, a poco più di due anni da quell’exploit, lo «Joggeli» è tornato a ospitare «Muri» e la sua selezione. Assistendo anche in questo caso a un pareggio. Il cui valore, va da sé, non potrebbe tuttavia essere più distante dal precedente. L’1-1 maturato contro il Kosovo, detto altrimenti, è impregnato di ben altri significati. E ben fotografa l’involuzione di un collettivo il cui arco, iniziato con quello storico 0-0 contro l’Italia e issatosi verso vette anche più alte, sta ora conoscendo una vertiginosa discesa.
Il gelo ha preso il sopravvento
I sorrisi, la gioia e la festa con cui era stata accolta quella mezza impresa, ormai non ci sono più. E il gelo, non soltanto quello patito l’altra sera nell’impianto renano, ha preso il sopravvento. Sabato la Svizzera si è qualificata per gli Europei. Eppure, non fosse stato per il messaggio apparso sui maxi-schermi del «San Giacomo» a fine incontro, quasi nessuno se ne sarebbe accorto. La squadra, che in passato in queste occasioni sfoggiava il classico striscione di ringraziamento ai tifosi, raccogliendo gli applausi di tutto lo stadio, non ha osato celebrare l’accesso al sesto grande torneo consecutivo. Oppure più semplicemente non ha voluto. Resta il fatto che le emozioni dipinte sui volti dei protagonisti elvetici non lasciano dubbi in merito all’attuale stato delle cose in seno alla Nazionale. Accumulandone invece parecchi sul futuro del suo selezionatore. Persino il direttore delle squadre rossocrociate Pierluigi Tami, solitamente piuttosto abbottonato, di fronte alle circostanze e all’ennesimo flop in campo si è lasciato sfuggire un paio di dichiarazioni eloquenti. «Il nervosismo emerso nel corso di questa campagna andrà analizzato a bocce ferme. Così come lo sviluppo e la crescita della squadra». A dicembre, come è noto, il ticinese tirerà la riga.
Il conto arriverà in Germania?
Intanto, prendendo le distanze dalla qualificazione nuda e cruda, il quadro lasciato dal cammino elvetico in questo percorso di avvicinamento a Euro 2024 è e rimane tendenzialmente desolante. In un girone che difficilmente avrebbe potuto essere più abbordabile, finora Granit Xhaka e compagni sono riusciti nell’impresa di accumulare più pareggi che successi. E il fatto che i rossocrociati siano ancora imbattuti, in attesa di scoprire l’esito della trasferta di martedì a Bucarest, non può e non deve rappresentare più di una magrissima consolazione. Certo, alla selezione maggiore va riconosciuto il merito di aver regalato ai propri tifosi la terza rassegna continentale consecutiva. È il decimo biglietto staccato per una grande manifestazione, nelle ultime undici occasioni. Una continuità lodevole, che tuttavia l’estate prossima in Germania varrà poco o niente. Già. Lì, al contrario, farà decisamente più testo quanto (non) proposto dalla Svizzera nella sua campagna. Detto altrimenti, gli elvetici rischiano seriamente di pagare il conto del disastro sin qui proposto nell’ambito del gruppo I, al momento in cui verranno sorteggiati i gironi del torneo tedesco. Fossero finite sabato le qualificazioni, la Svizzera sarebbe stata inserita addirittura in quarta fascia, l’ultima delle quattro designate. Un risultato negativo difficilmente preventivabile lo scorso mese di marzo, alla vigilia dell’esordio di Novi Sad contro la Bielorussia, ma che ormai è più di un’insidiosa eventualità. Per evitare che essa si concretizzi definitivamente, agli uomini di Yakin resta un’ultima occasione per rimediare: tornare con i tre punti dalla partita di martedì a Bucarest, e quindi chiudere il girone al primo posto, davanti alla Romania. In quel caso la selezione rossocrociata limiterebbe quantomeno i danni, andando a inserirsi in seconda fascia al momento del sorteggio. La rassegna continentale, va da sé, assumerebbe tutt’altro aspetto.