Calcio

«Io, Bertaggia, Tosetti e la paura del buco nero»

L’attaccante del FC Lugano Mattia Bottani ci racconta la difficile convivenza con il coronavirus, tra isolamento e apprensione: «Mentalmente è un momento delicato»
Mattia Bottani, 29 anni, è risultato positivo al coronavirus lunedì scorso. ©CdT/Gabriele Putzu
Massimo Solari
01.11.2020 15:38

La sorte, beffarda, ha scelto lui. È passata oramai una settimana da quando Mattia Bottani è stato sorpreso dal coronavirus. E le ferite, nel corpo e nella mente del giocatore bianconero, sono tutto fuorché cicatrizzate. «Arrivo alla sera stanco e ho paura che l’esito del prossimo tampone mi tenga ancora lontano dal calcio e dai miei figli».

Premessa importante. Mattia Bottani sta meglio. «Decisamente. Da un paio di giorni riesco anche ad esercitarmi il mattino» ci racconta il numero 10 del FC Lugano. Insomma, sul piano fisico il peggio è passato. «I primi giorni post contagio - ricorda il «Botta» - li ho invece trascorsi con un po’ tutti i sintomi della COVID-19: febbre, mal di testa, dolori articolari, perdita del gusto e dell’olfatto. Soprattutto però ero molto, molto affaticato. Ora mi capita perlopiù a fine giornata». La doccia fredda, per l’attaccante bianconero, è arrivata una settimana fa, dopo una notte che non lasciava presagire nulla di buono.

«Non mi sento in colpa»

Ma come è potuto succedere? Mattia si è fatto un’idea in merito alla genesi dell’infezione. «Difficile dirlo con certezza. Solo una persona, nel mio giro di conoscenze strette, ha contratto la malattia. E prima del mio contagio ci ho avuto a che fare per una decina di minuti. Forse quanto basta». Anche perché, tiene a evidenziare il nostro interlocutore, le occasioni per prestare il fianco al virus si sono vieppiù assottigliate. «Al di là di qualche cena, comunque con poche persone, la vita di noi calciatori si dipana tra casa e allenamento al campo. Semplicemente, rispetto a marzo lo sentiamo tutti più vicino questo virus». All’interno di una squadra di calcio, le dinamiche possono tuttavia essere differenti. E a spiegarne le ragioni è lo stesso Bottani: «Vivendo in Ticino ho dei figli che vanno scuola, dei parenti che pure risiedono e lavorano qui. Questo per dire che, rispetto magari a un compagno che abita da solo a Lugano, ho giocoforza più contatti verso l’esterno. In ogni caso non mi sento in colpa. Non mi sono infatti reso protagonista di comportamenti stupidi o superficiali, tali da facilitare la contrazione del coronavirus. Dispiace piuttosto per la positività di Osigwe e per aver contribuito al rinvio del match contro l’YB. Proprio ora che il Lugano sta alla grande ed è lì, agli avamposti, dove è piacevole sognare».

Arrivo alla sera stanco e ho paura che l’esito del prossimo tampone mi tenga ancora lontano dal calcio e dai miei figli

Un Halloween senza bimbi

La quotidianità di Mattia Bottani al contrario oggi assomiglia a un brutto incubo. «Continuo a mettere a posto la casa. Anche se non è rimasto nulla da riordinare. Guardo la tele, gioco alla Playstation, leggo un libro. Purtroppo sono completamente isolato e, sì, inizia a essere dura. Mi mancano molto i miei tre figli. Sabato sera avremmo festeggiato Halloween, lo hanno fatto solo con la mamma. Vedremo di recuperare appena possibile». Avere una famiglia e portare sulle spalle la croce della COVID-19 non è facile. Anzi, può fare molta paura. «Nei primi giorni di malattia - ammette Bottani - è normale pensare ai potenziali rischi per chi ti è stato vicino sino a quel momento. Mi riferisco soprattutto ai miei genitori, più in là con l’età. Mio padre inoltre deve convivere con altri problemi di salute. Fortunatamente stanno tutti bene, bimbi compresi. Per ora, quindi, quel tipo di preoccupazione è passato».

A rimanere, fastidioso e financo spaventoso, è però un altro tipo di timore. «Vedere la luce in prospettiva è difficile» conferma il giocatore bianconero: «La situazione sta peggiorando velocemente. E a risentirne è altresì lo sport. Basta osservare la sola partita di Super League in programma nel weekend. Così si rischia davvero di finire in un buco nero. Non nego che mentalmente sia un momento delicato. Ritengo tuttavia che fermare tutto produrrebbe ancora più danni. Sarebbe la classica mazzata. Il calcio come l’hockey o il basket rappresentano un fattore di svago, oggi più importante che mai per permettere alla gente di evadere. E di accantonare per qualche ora quanto di orribile sta succedendo nel mondo».

Ai piedi della scala

Giocare, in Svizzera, è invece una missione quasi impossibile. «E dire che, per il calcio, basterebbe seguire il protocollo UEFA. Come fanno nei campionati intorno a noi, isolando solo i positivi» rileva Bottani, dalla cui voce traspare non poca amarezza. Sì, perché a dettare il ritmo sono le quarantene di squadra. Classiche o «light», poco importa. «Un controsenso visto che parliamo di giocatori perlopiù negativi» aggiunge Mattia. Il Pibe, da parte sua, dovrà attendere mercoledì - e un nuovo tampone - per conoscere il suo destino. «Una certa apprensione c’è. Per dire: ho sentito Alessio Bertaggia, che dopo 20 giorni era ancora positivo. Per uno sportivo è un periodo lunghissimo e lo spettro di altri dieci giorni d’isolamento non mi lascia tranquillo. Ad Ale auguro di tutto cuore di tornare quanto prima in gruppo. Mi ha anche tranquillizzato, in particolare circa la rapida sparizione dei dolori fisici».

In queste ore sospese il «Botta» non si è fatto forza solo con l’attaccante dell’HCL. «Sento spesso Matteo Tosetti. Che ora sta bene. Come me aveva perso gusto e olfatto; ci abbiamo scherzato sopra. È l’unica cosa che ci resta oramai». E non appena si sarà ripreso completamente, Mattia chiamerà anche il presidente Angelo Renzetti: «Ha vissuto momenti difficili, era giusto lasciarlo tranquillo. Ma presto lo chiamerò, certo». Il patron bianconero in queste brutte settimane ha perso una decina di chili. «Se succede a me la vedo male» afferma Bottani, tra il divertito e il preoccupato: «Scherzi a parte personalmente potrebbe essere un problema. In questi mesi ho lavorato come un matto per consolidare il mio fisico, allenandomi il doppio dei compagni. Questo stop rischia di riportarmi ai piedi della scala. Che dire: ci sono riuscito mille volte, faremo 1.001». In bocca al lupo.

Tempi difficili anche per chi gestisce un bar. Proprio come Mattia Bottani

Oltre il danno, la beffa. Sì, se vogliamo Mattia Bottani è stato doppiamente sfortunato. Oltre a dover digerire positività e lontananza dai campi, il numero 10 bianconero deve fare i conti con le restrizioni per gli esercizi pubblici decise dall’autorità. «In effetti con un amico gestisco un bar a Paradiso. Fortunatamente è il mio socio a occuparsi completamente della situazione, che non è per nulla facile anche su questo fronte. Ma ci sono delle regole e vanno rispettate». Bottani sottolinea comunque un altro aspetto: «Sia per il sottoscritto sia per il mio socio si tratta di un’attività secondaria. In un certo senso siamo ancora fortunati quindi. Se penso invece a chi vive di questa professione, beh la situazione è veramente complicata».

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