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La partita perfetta di Cesc Fabregas

La vittoria sulla Fiorentina è giunta dopo 90 minuti e oltre di totale abnegazione – Il Como ha giocato il suo miglior incontro al Franchi e ora guarda alla salvezza con più sicurezza
© KEYSTONE (EPA/CLAUDIO GIOVANNINI)
17.02.2025 15:30

Nel baseball esiste un’espressione, che viene utilizzata quando i lanciatori chiudono la partita senza concedere neppure una battuta valida, neppure una base su ball. Si dice «partita perfetta», perfect game. Nel calcio non esistono canoni per giustificare tale espressione. Non basta non subire gol, non concedere occasioni, e nemmeno vincere. Non c’è una definizione che sia univoca e indiscutibile. Eppure il Como, ieri, ha disputato una partita perfetta.

Ma come? E come ce la giustifichi questa, Egidio?

Risposta: ma l’avete vista? Non è una questione di statistiche, perché sotto questo aspetto la vittoria sulla Fiorentina non è stata schiacciante: quattro tiri in porta contro tre; possesso palla 50-50; calci d’angolo pochi (1 vs 2); expected goals per entrambe le squadre sotto quota 1 (Como 0,78; Fiorentina 0,25; qui una differenza c’è). Nulla che ci possa aiutare a giustificare la definizione di partita perfetta. Non in questi numeri.

Ma Fabregas – che arrivava da qualche delusione – ha comunque trovato la chiave per permettere alla sua squadra di disputare una partita perfetta, in ogni fase, in ogni momento, dal primo all’ultimo minuto di gioco. Qualcuno ha chiamato in causa l’assenza di Kean. Certo, un’assenza che ha facilitato in qualche modo il compito. Ma al Como stesso continua a mancare Sergi Roberto, e con lui – nell’occasione – mancavano anche Van der Bremt, Sergi Roberto, lo squalificato Fadera e, almeno inizialmente, Kempf, non al top. Kean avrebbe probabilmente spostato gli equilibri. Ma con i se e con i ma, non si è mai giocato al calcio. E allora è inutile aggrapparsi agli alibi.

Il Como si è dimostrato aggressivo sin da subito, sin dal via. Altissimo nella pressione sui portatori di palla, ha impedito alla Fiorentina – in casa sua – di imporre ritmi e manovre. De Gea si è ritrovato iper-sollecitato nel possesso e nella costruzione, obbligato spesso a cercare soluzioni forzate e a evitare quel fraseggio «finalizzato» tanto caro a Palladino. Questa pressione, poi, per una volta, si è rivelata costante, e neppure così dispendiosa, di fronte al nervosismo di una squadra, la Viola, che mai denota autentica serenità, neppure nelle giornate migliori. Figuriamoci quando non riesce a trovare soluzioni. Fabregas ha intuito – lo immaginiamo senza neppure averlo sentito parlare al termine dell’incontro – che il destino del Como era nelle sue stesse mani. Ma per realizzarlo avrebbe dovuto giocare una partita gagliarda, sfoderando anche le brutte maniere, quella malizia troppo spesso mancata. E di cui, invece, la Fiorentina, così teatrale ed elettrica, abbonda.

Perrone e compagni, allora, hanno sempre fatto sentire il loro fiato sul collo degli avversari, ginocchio contro esterno coscia, stinchi contro stinchi, mani addosso. Ecco, il Como è sempre stato addosso alla Fiorentina, non l’ha mollata mai. E questo si è tradotto in frustrazione viola, e in esaltazione dei gioielli lariani. Diao e Paz, messi nelle condizioni di esplodere la propria gioventù e il proprio talento, sono due giocatori totali, universali. Giocano a tutto campo, si spendono per i compagni, hanno piede delicato ma anche quella fame così necessaria per arrivare a destinazione. Ieri ci sono arrivati, facendosi trovare pronti quando è servito, sfruttando anche tutto il movimento davanti del loro partner Strefezza, così come del lavoro prezioso dello stesso Perrone – ma perché Guardiola non ci ha creduto fino in fondo? –, di un Da Cunha meritatamente capitano (mi ha ricordato lo svizzero Freuler, ieri, per abnegazione e tempi) e di un Caqueret su livelli inediti.

E dietro, questa è la notizia, la difesa ha tenuto. Ma è stato il lavoro fatto in attacco a favorire la tenuta davanti a Butez. Che ha rischiato poco o nulla. È stata la prova di squadra a colpire, in questo caso, a portare punti. Ecco, forse la chiave è proprio questa, nella definizione di una partita perfetta. È una questione di gioco di squadra. Il Como è stato squadra per novanta minuti e oltre. In questo è stato perfetto.