L’esordio fra i grandi di Giotto Morandi: «Mio papà mi consiglia di correre»

ZURIGO - Giotto Morandi compirà 20 anni a inizio marzo. Ma ai suoi amici può già raccontare di aver indossato la maglia del club più titolato dell’intera Svizzera, il Grasshopper. Mica male. Domenica, il trequartista ticinese ha fatto il suo debutto assoluto in Super League. Non è andata benissimo (eufemismo) per le cavallette, sommerse di reti dal Basilea. Eppure, il figlio d’arte (suo papà Davide è l’ex allenatore del Lugano) può dirsi soddisfatto. Insomma, ha mosso un altro piccolo passo verso una carriera di alto livello. «La settimana precedente la partita stavo cominciando a ricevere segnali positivi» commenta Giotto. «L’allenatore Thorsten Fink ha iniziato a svelare le carte della formazione titolare durante gli allenamenti, anche se spesso cambiava uomini. Non ero sicuro al cento percento che avrei giocato la prima partita del girone di ritorno, tanto che sabato ero nel dubbio. Ma poi, improvvisamente, ho capito». Poche ore prima di scendere in campo al Letzigrund, sotto una fitta nevicata, «Morandi Junior» ha coronato un sogno. «Ho visto il mio nome scritto sulla lavagna domenica, durante il momento della teoria» racconta Giotto. «Lì ho saputo che ero nell’undici titolare del Grasshopper. Ho provato un misto di emozione e orgoglio. E sì, anche un po’ di timore. È normale avvertire una certa tremarella, soprattutto quando sei giovane e stai per fare il tuo debutto assoluto nel calcio che conta. E con una maglia di un club storico come quella del Grasshopper. Poi però, una volta sentito il fischio d’inizio, ho pensato solo a giocare. Devo ringraziare i miei compagni più esperti: mi sono stati vicini e mi hanno supportato sia durante l’avvicinamento alla sfida sia sul campo. È stato un bel momento, oserei dire indimenticabile». E Fink? Le detto qualcosa di specifico? Sentite la giovane speranza ticinese. «Non proprio» spiega. «Il mister prima della partita ha fatto un discorso generale, poi ha discusso con me di alcuni aspetti tattici. Ovviamente mi ha anche consigliato di stare tranquillo e che sarebbe andato tutto bene».
A livello personale la soddisfazione è tanta. Ma il match contro il Basilea è stato un mezzo disastro. «Purtroppo l’espulsione di Ajeti dopo 26 minuti di gioco ha influito pesantemente sulla partita – ammette ancora Giotto –. Rimanere in dieci contro un avversario come i renani complica maledettamente le cose. E io sono stato sostituito alla pausa; giustamente Fink aveva bisogno di un difensore in più in campo e dunque ha sacrificato il mio ruolo». Un ruolo, quello occupato dal ticinese durante il primo tempo, non esattamente confacente alle sue caratteristiche. «Nasco come trequartista offensivo, dunque giocare come ala è una specie di novità» le parole di Morandi. «Tuttavia durante il campo di allenamento in Turchia mister Fink mi aveva già utilizzato sulla fascia. So adattarmi senza particolari problemi e anche a sinistra ho scoperto di non trovarmi così male, anzi».
Giotto Morandi ha lasciato casa tre anni fa, dopo una prima parte di formazione calcistica presso il Team Ticino. «Ora che sono stato aggregato alla prima squadra del Grasshopper il tempo libero non è moltissimo» commenta. «Per fortuna in squadra c’è anche un altro ticinese, Allan Arigoni. Vado d’accordo con lui, condividiamo parecchie esperienze insieme». Il percorso del centrocampista offensivo delle cavallette finora non è stato lineare. «Ho svolto la trafila nelle giovanili nel Grasshopper e un anno fa sono stato chiamato una prima volta a far parte dei ‘‘grandi’’. Poi per vari motivi ho dovuto scendere ancora una volta nelle giovanili, una specie di passo indietro. Chiaramente non presi benissimo la decisione, fu un momento complicato. Tuttavia mi è servito per crescere e diventare ancora più maturo, dunque non butto via niente. Fa parte del bagaglio di esperienza di qualsiasi giocatore. Non sempre il calcio è come sembra. Spesso bisogna convivere con i dubbi e con le incomprensioni, fa parte del mestiere». Giotto, come noto, è figlio d’arte. «Papà Davide mi segue da vicino, è una figura importante all’interno della mia vita» ricorda il giovane calciatore. «Cosa mi consiglia? Beh, lui è stato un giocatore grintoso, che faceva della corsa una delle sue armi. Dunque mi sprona a correre di più, a essere più animale (ride, ndr)».
In questi giorni il GC è balzato agli onori della cronaca per dei presunti problemi finanziari. «Noi giocatori non siamo stati toccati da queste notizie» taglia corto. «La dirigenza ha subito fatto chiarezza, tranquillizzando l’opinione pubblica e la squadra». Futuro assicurato, dunque. Anche sul campo. «È chiaro, mi piacerebbe di nuovo giocare da titolare» chiosa Morandi. «Però non guardo troppo avanti. Resto a disposizione di Fink e lavoro duro per metterlo in difficoltà al momento di disegnare la formazione».
Tutta l’emozione di papà Davide

Domenica Davide Morandi era presente sulle tribune del Letzigrund. No, un papà non può certo mancare l’esordio di un figlio in Super League. «Lo confesso, ero emozionato» dice l’ex allenatore di Lugano e Locarno. «Ma anche un po’ preoccupato. Non sai bene cosa aspettarti, speri che tuo figlio giochi una grandissima partita e che non commetta errori. Tutto sommato ha giocato piuttosto bene. Bisogna essere onesti: non è stata una partita semplice per il Grasshopper. Mancava Djuricin, ad esempio. E l’espulsione di Ajeti ha senza dubbio pesato sul risultato finale». Davide, poi, racconta come è andata. «Devo dire che Giotto si è meritato di venir inserito nell’undici titolare. La sua convocazione non è frutto del caso o di un infortunio. Ha lavorato duramente per convincere Thorsten Fink a mandarlo in campo. Sono molto orgoglioso, sì, tuttavia è presto per trarre qualsiasi conclusione. Mio figlio ha solamente compiuto un piccolissimo passo nella sua carriera. Ha del talento, fisicamente è dotato. Ma deve ancora farne di strada. Deve rimanere coi piedi per terra e bisogna essere consapevoli che ci sarà da lavorare ancora molto sotto tutti i punti di vista: il Grasshopper sta cambiando pelle, è in una fase di transizione». Infine, una battuta. «Se il figlio ha superato il padre? Beh, direi proprio di sì – conclude Davide –. Io ero un onesto calciatore ma nulla più. Ricordo che il compianto Roberto Morinini diceva che avevo due casse di gerani al posto dei piedi. Giotto tecnicamente è di un altro pianeta».