L’Everton, un monito per tutti: «Chi sgarra ora rischia molto»

Complice l’annuncio in piena sosta internazionale, la notizia è passata in secondo piano. Oddio, di certo non in sordina, specialmente nel Regno Unito. Eppure la portata dell’evento, forse, non è ancora stata colta pienamente. L’Everton, andato comodamente in pausa quale 14. forza della Premier League, a debita distanza dal fondo della classifica, ricomincerà il suo campionato dal penultimo posto, in zona retrocessione. Il motivo? È presto detto: la «governance» della massima lega inglese, alla luce delle infrazioni commesse (e ammesse) dal club in merito alle regole sul «profitto» e la «sostenibilità» - l’ex fair play finanziario, per intenderci -, ha deciso di sanzionare i Toffees con una penalizzazione di ben dieci punti. Una condanna esemplare. Per certi versi anche severa. Ma infine ritenuta adeguata per una società che, complice una miscela esplosiva tra proprietà ambiziosa, costruzione del nuovo stadio, pandemia e guerra in Ucraina, negli ultimi cinque anni ha registrato perdite per oltre 430 milioni di sterline. «Si pensa sempre che in Premier League funzioni tutto a meraviglia, ma in realtà non è sempre così - rileva Matteo Spaziante, giornalista ed esperto per il portale “Calcio e Finanza”, da noi interpellato -. Nel caso specifico dell’Everton, va comunque sottolineata una cosa. Al netto delle cifre citate in precedenza, che parlano delle perdite accumulate su un periodo di cinque anni, a fare stato per la sanzione emessa pochi giorni fa è stato il bilancio complessivo del club sull’arco dell’ultimo triennio. La Premier consente di avere un passivo di al massimo 105 milioni di sterline: i Toffees ne hanno accumulati 125. Quei 20 milioni di troppo, in sostanza, sono il motivo per cui ora accusano 10 punti in meno in classifica. In molti, comunque, si sono stupiti per la durezza con cui la “governance” ha voluto colpire il club di Liverpool. In passato altrove per situazioni simili, penso ad esempio all’Italia e alla Serie A, gli interventi erano stati meno stringenti».
Evitare il «Grande Fratello»
La sensazione, dunque, è che in Inghilterra si sia voluto fare dell’Everton un caso esemplare. Il primo nel suo genere. Ed in fondo, considerato l’attuale contesto attorno al massimo campionato, la cosa non è nemmeno così sorprendente. Da molti mesi ormai, lo stratosferico giro d’affari della Premier è infatti finito nel mirino delle autorità finanziarie del Paese di Sua Maestà. Tanto che le stesse stanno tuttora vagliando la possibilità di istituire un organo di controllo esterno e indipendente, per monitorare da vicino lo status dei club. Un’eventualità quest’ultima che, va da sé, è tutto fuorché gradita sia alla lega, sia alle sue squadre, che non intendono essere regolate da una componente estrinseca. Da qui la volontà di raddrizzare il tiro autonomamente, anche in maniera eclatante, come nel caso dei Toffees. «Sì, è certamente una lettura più che plausibile - conferma Spaziante -. Del resto negli ultimi decenni la Premier ha goduto di grande libertà e indipendenza, ma essendo allo stesso tempo divenuta un importante brand inglese riconosciuto e riconoscibile in tutto il mondo, non sorprende che le autorità governative vogliano ora esercitare una sorta di controllo su di essa. Era peraltro già successo quando era stata temporaneamente istituita la Superlega europea. L’allora primo ministro Boris Johnson era addirittura sceso in campo in prima persona, minacciando pesanti ripercussioni per chi avesse aderito al progetto. A mio avviso comunque, al netto del tentativo di autoregolarsi da parte della Premier, presto le autorità inglesi riusciranno comunque a istituire il loro organo di controllo esterno. Il progetto è talmente avanzato che anche Re Carlo ne ha parlato in uno dei suoi ultimi discorsi davanti al Parlamento».
Più gravi? Forse, è da definire
Preso atto della «vicenda Everton», con i Toffees che hanno comunque già annunciato di voler inoltrare ricorso nella speranza di ottenere una riduzione di pena, il mondo pallonaro inglese guarda tuttavia già avanti. Interrogandosi su ciò che - all’orizzonte - potrebbe attendere due pesi massimi come Manchester City e Chelsea, a loro volta finiti sotto i riflettori per delle infrazioni al regolamento - o presunte tali - in materia finanziaria. «Beh, sicuramente i recenti sviluppi non sono un bel segnale per questi club - analizza il nostro interlocutore -. C’è chi addirittura parla di rischio retrocessione, tentando di rapportare i vari casi. La verità è che comunque ci si sta muovendo in un territorio piuttosto inesplorato, e coloro che sono a carico del giudizio finale devono percorrere un cammino intricato. Il caso del City, per dire, concerne 115 accuse spalmate su quasi una quindicina d’anni. Peraltro tutte respinte dalla società, al contrario dei Toffees che invece hanno ammesso la loro colpevolezza. Potenzialmente, questo va sottolineato, i “Citizens” rischiano una sanzione ben più aspra di quella riservata all’Everton. Ma il processo, che per la sua natura richiede determinate tempistiche, potrebbe protrarsi ancora per molto tempo. Senza dimenticare che in determinati ambiti lo sport - al contrario della giustizia - ha un margine di manovra ben più limitato. Lo stesso discorso vale anche per il Chelsea, che addirittura - con l’avvento della nuova proprietà di Todd Boehly - si era autodenunciato, segnalando delle irregolarità avvenute ancora sotto la gestione di Roman Abramovich. Anche qui il caso è ancora aperto, ma dubito che a una società che si è fatta avanti ancor prima che la cosa diventasse di dominio pubblico, verrà sanzionata con il pugno di ferro». Avendo speso oltre un miliardo di sterline nelle ultime finestre di mercato, la gestione di Boehly potrebbe tuttavia rischiare di incappare in un disavanzo come quello risultato fatale all’Everton? «Sulla carta sì, ma in casa Chelsea sono tutti convinti di aver fatto bene i calcoli negli ultimi mesi. Non va inoltre dimenticato che nella finestra estiva i Blues hanno pure ceduto svariati giocatori, ricavando importanti introiti e soprattutto alleggerendo il monte stipendi. Sicuramente la pubblicazione dei loro prossimi due o tre bilanci verrà seguita con molto interesse da più parti. Ma ripeto, gli inquilini di Stamford Bridge sono certi di aver svolto i loro compiti con estrema diligenza» chiosa Spaziante.