L’orgoglio del leader: «Tenevamo molto a questo successo»
«L’esultanza? L’ho fatta per mio figlio». A svelare il piccolo retroscena che si cela dietro al saluto militare eseguito dopo aver firmato il definitivo 2-0 contro lo Zurigo, è capitan Sabbatini stesso. Soddisfatto e sorridente. «Prima della partita aveva predetto che avrei segnato, e mi ha quindi chiesto di celebrare la rete in maniera particolare. Alla fine ci eravamo accordati su questo saluto, per evitare di ripetere esultanze già scelte dai colleghi. Ho indicato la telecamera nella speranza che lui mi stesse vedendo da casa» afferma ridendo il centrocampista del Lugano.
Ora avanti così
Va da sé, al netto del valore affettivo in ambito famigliare, il gol del capitano ha avuto molteplici risvolti positivi anche in chiave sportiva. Spingendo il club bianconero verso un successo pesante. Anzi, pesantissimo. «Era dal 13 novembre scorso che non riuscivamo a vincere in casa - prosegue il 34.enne uruguaiano -. Ci tenevamo tantissimo a ritrovare questi tre punti tra le mura amiche. Ricordo che sotto la guida di Maurizio Jacobacci, avevamo instaurato questa mentalità di vedere Cornaredo come un fortino. Una volontà che permane tutt’oggi. Ora che anche in casa siamo riusciti a trovare il primo successo del 2023, vogliamo proseguire su questa strada, rendendo la vita difficile a tutti sul nostro campo».
Nel frattempo, sbloccandosi, il Lugano si è scrollato di dosso - forse definitivamente - quella «pareggite» che lo aveva attanagliato nelle precedenti quattro uscite in Super League. «Fa sorridere - commenta “Sabba” al proposito - perché proprio con il già citato Jacobacci eravamo in un certo senso abbonati ai pareggi, mentre con il “Crus” - al contrario - non avevamo quasi mai imboccato questa via di mezzo. Di solito o vincevamo o perdevamo (ride, ndr). Io sono dell’idea che quando non riesci a vincere, è sempre meglio trovare comunque il modo di salvaguardare almeno un punto. È altresì vero però che nelle ultime uscite, specialmente le tre prima dello Zurigo, avevamo pareggiato facendoci rimontare. Questo ci aveva lasciato un sapore amaro in bocca, perché parevano più sconfitte che risultati positivi. Sono però felice, sotto questo aspetto, di aver visto un Lugano che contro i campioni svizzeri in carica non si è lasciato influenzare. Sapevamo che la squadra di Bo Henriksen, sotto per 2-0, avrebbe cambiato qualcosa nella ripresa. E l’entrata in campo di Marchesano, va detto, inizialmente ci ha messo un po’ in difficoltà, prima che anche noi ci aggiustassimo di conseguenza. Nessuno però, né io né i miei compagni, ha mai avuto paura di rivivere quanto accaduto nel recente passato. E questo è stato molto importante».
La forza di chi viene da fuori
La battuta, scorrendo i nomi sul tabellino, viene quasi spontanea: nel momento di maggiore bisogno, quando la vittoria «per svoltare» - volendo citare Croci-Torti - serviva davvero, sono emersi due sudamericani. Il capitano, appunto, che con un gol e uno splendido assist ha impreziosito un’altra prestazione a tutto campo. E il solito «Nacho» Aliseda, protagonista su entrambe le reti e ormai una certezza sul fronte offensivo dei sottocenerini. L’anima sudamericana, dicevamo, ha preso per mano la squadra? «Allargherei il discorso a tutti i nostri stranieri - rileva il numero 14 dei bianconeri -. Mi ha fatto davvero piacere vedere come noi che veniamo “da fuori” siamo riusciti a fare la differenza. Attenzione: senza nulla togliere agli svizzeri, ci mancherebbe, anche loro bravissimi e importantissimi. Ma da giocatore proveniente dall’estero, avverto sulle mie spalle il dovere di giustificare il ruolo che mi viene assegnato, e le responsabilità ad esso legate. Un onore e al tempo stesso un onere, che cerco di far comprendere anche agli altri stranieri. Dobbiamo sempre riuscire a dare quel qualcosina in più, altrimenti tanto vale affidare il nostro posto a qualcuno di locale».
Il già citato Aliseda in questo senso, dopo un avvio complicato con la maglia del Lugano, sembra aver compreso appieno il discorso del suo capitano. Sempre più decisivo, da qualche settimana «Nacho» pare essersi calato al 110% nella realtà bianconera. «Il merito, in primis, è suo - chiosa Sabbatini -. Ha capito che ciò che stava facendo non andava bene e ha avuto la forza per reagire e cambiare. Un percorso vincente, che unitamente alla miglior comprensione della realtà e del campionato - giunta col tempo - lo ha reso un giocatore migliore. Del resto oggi il campo parla a suo favore. Quando realizzi prestazioni di questo tipo con costanza, significa che stai lavorando molto bene. Deve solo andare avanti così».