L’ottovolante di Gaetano Berardi, il ticinese di Leeds

«La vita è ciò che ti accade mentre sei impegnato a fare altri progetti». Parole e musica di John Lennon, mica uno qualunque. Di cose, a Gaetano Berardi, ne sono accadute in questi ultimi mesi. Dalla promozione in Premier al rinnovo con il Leeds, passando per un infortunio, l’ennesimo, e l’attesa di un figlio.
Gaetano e il Leeds si conobbero nel 2014. Sembra ieri, sono passati sei anni e 155 partite. L’idillio andrà avanti per un’altra stagione ancora. Poi, come dicono i calciatori, si vedrà. Nell’annunciare il rinnovo, il club di Elland Road ha usato parole forti. Cariche di riconoscenza. Definendo il ticinese «a cult hero». Un eroe, proprio così. Chiedete pure a qualsiasi tifoso dei Whites. Vi dirà, semplicemente, che «Berra» è un patrimonio della città. Da amare, difendere e se possibile venerare. Anche attraverso un coro dedicato, mutuato da un vecchio brano degli Abba. «A volte non me ne rendo conto» spiega il diretto interessato. «Ma, in effetti, la gente mi adora. E questo perché, fondamentalmente, sono un tipo normale. Che dà tutto».
Atto dovuto ma non scontato
Dare tutto. Rischiare, anche. Berardi è fatto così. E pazienza se il prezzo da pagare, a volte, è alto. Poco dopo l’agognata promozione in Premier, contro il Derby County, il suo ginocchio ha fatto crac. Terribile la diagnosi: lesione del legamento crociato anteriore, possibile stop di nove mesi. Ahia. «Ero a fine contratto, la dirigenza avrebbe anche potuto darmi il benservito viste le circostanze» ammette Gaetano. «Sarebbe stato un duro colpo». Ma il Leeds è un’altra cosa. O, meglio, il rapporto fra il club, il suo giocatore più rappresentativo e la città non poteva concludersi in questo modo. «Diciamo che il Leeds si è ricordato di me, del mio percorso, del sudore versato. Nel calcio non c’è nulla di scontato, ma conoscendo il valore delle persone che mi circondano speravo, e in fondo sapevo, che sarebbe arrivata la proposta di rinnovare». L’affetto, a «Berra», non è mai mancato. «Dopo l’infortunio mi sono allontanato da Leeds per alcune settimane» racconta. «Ho deciso di farmi operare a Barcellona, ma sia prima della mia partenza sia durante il mio soggiorno in Spagna avevo ricevuto rassicurazioni dal club. Insomma, io e il Leeds siamo rimasti sempre in contatto nonostante la società avesse una stagione in Premier League da preparare».
Il senso di questo contratto potrebbe sfuggire, ai più. «Non è un regalo» si affretta a dire il difensore ex Sampdoria e Brescia. «So che per alcuni potrebbe sembrare un atto benevolo della società, ma in testa ho la mia idea. Recuperare, quindi giocarmela. Sì, ho rinnovato perché spero di tornare in campo con questa maglia. In Premier League. Sarà difficile, lo ammetto, ma questa è la mia idea». Berardi, purtroppo, ha alle spalle una lunga storia con gli infortuni. «Ho subito un brutto colpo, l’ennesimo» dice. «Ma stavolta l’ho presa con realismo e filosofia, anche perché la squadra finalmente aveva centrato l’obiettivo di una vita intera. Se potessi tornare indietro, vorrei esattamente lo stesso finale: io infortunato ma Leeds in Premier. È difficile da spiegare, ma quando hai passato gli ultimi sei anni a provarci e riprovarci sei disposto a tutto pur di arrivare lassù. E io, credetemi, ne ho vissute di annate brutte a Leeds. La stagione 2018-19, ad esempio, si era chiusa nel peggiore dei modi. Ai playoff. Di più, io terminai quel campionato rimediando un’espulsione». Se Berardi, oggi, ha un approccio più filosofico è anche perché lontano dal campo sta per diventare papà: «Mancano due mesi circa, stiamo aspettando un maschietto e non vediamo l’ora. Siamo ancora indecisi sul nome, ma per fortuna abbiamo margine. Diciamo che, nel 2020, ho vissuto sull’ottovolante delle emozioni. Il lockdown, la gravidanza di mia moglie, la ripresa del campionato e la promozione, il mio infortunio al ginocchio, il rinnovo del contratto. Emozioni negative e positive, certo. Ma a prevalere è il bello».
L’abbraccio dei tifosi
Gaetano e il Leeds, dicevamo. In mezzo i tifosi. «Festeggiare una promozione senza i loro abbracci e il loro calore è stato stranissimo, allo stadio ovviamente si respirava un’altra atmosfera. La società, almeno, ha organizzato degli eventi e, seppur con le dovute distanze, abbiamo potuto godere di questo risultato assieme alla nostra gente». Il lockdown, in Inghilterra, è stato duro. «Duro e difficile» prosegue Berardi. «La società, però, si è subito adoperata per rifornirci di attrezzi e cyclette. Non è stato evidente mantenere il ritmo partita, viste le condizioni, ma almeno potevamo uscire a correre. A livello psicologico non ho avuto alcuna ripercussione: a casa, con mia moglie, ho la fortuna di stare davvero bene (ride, ndr)». E il ritorno in Premier League? Ieri c’è stata la sfida contro il Wolverhampton. «In generale la squadra è partita bene, dando del filo da torcere anche alle formazioni grosse. Il massimo campionato è tutto un altro livello, ma gli esempi di chi, in Premier, ha trovato risultati e continuità arrivando dal basso non mancano. Penso allo Sheffield United. Noi, grazie ad un’icona come Marcelo Bielsa in panchina, sappiamo chi siamo. E abbiamo fiducia. Giochiamo esattamente come giocavamo in Championship, senza paura, con la medesima proposta di calcio. Aspetti, questi, che danno coraggio».
L’ipotesi Lugano
Non resta che aspettare l’esordio, dunque. «Il mio rientro in campo dipenderà dal percorso di riabilitazione, va da sé. Da come risponderà il ginocchio, ma anche dalla risposta dei muscoli che lo circondano. Assieme allo staff medico del Leeds abbiamo deciso di non forzare i tempi. Dopo l’operazione, in Spagna, mi era stato detto che in cinque mesi sarei tornato a giocare una partita. Ma per infortuni del genere potrebbero volerci sei, sette, otto o addirittura nove mesi. All’esordio in sé non ho pensato, né tantomeno lo sogno di notte. Non ho un avversario preferito, siccome parliamo di Premier League andrebbe bene qualsiasi squadra. Mi basterebbero alcuni minuti».
E poi si vedrà, appunto. In estate si era parlato anche di un ritorno a casa per Berardi, a Cornaredo. Lì dove tutto era cominciato, nel settore giovanile bianconero. «Quando sei infortunato e ti ritrovi senza contratto, è normale fare un giro di orizzonte e valutare le varie opzioni. A Lugano conosco benissimo Bobo Padalino, il direttore sportivo. Avevamo chiacchierato più volte prima dell’infortunio, ma in quel momento la mia priorità era finire la stagione a Leeds e conquistare la promozione». Quindi è arrivato il rinnovo. Aveva ragione John Lennon con quella storia della vita e dei progetti.