L'analisi

Lugano, se il capitano Sabbatini si allontana

In un giorno storico, quello della qualificazione ai preliminari di Champions League, manca l'abbraccio dell'uruguaiano: Carlos Da Silva prende tempo, ma il centrocampista ai microfoni della RSI fa capire che la società ha altri piani
© Samuel Golay
Massimo Solari
20.05.2024 22:00

È un abbraccio collettivo. Una festa, nonostante la sconfitta. Possibile? Beh, certo, il Lugano è vicecampione svizzero. Come nel 2001. Poco importa la caduta di Zurigo. Mattia Croci-Torti abbraccia il suo fidato assistente, Carlo Ortelli. «Perché è giusto dedicare questo traguardo a gente come lui, già presente 23 anni fa, al fianco di Morinini. Sono convinto che Roberto, da lassù, sarà contentissimo per l’obiettivo raggiunto dal Cao. Una persona che ha a cuore il club da tantissimo tempo». Eccolo dunque il ponte tra un passato ingiallito, ancorché glorioso, e un presente entusiasmante. Il 2-1 subito al Letzigrund è indolore, complice il successo dello Young Boys - di nuovo campione - contro il Servette, non più temibile. Perlomeno in campionato.

23 anni dopo

«È un momento speciale, che ci riempie d’orgoglio» prosegue il Crus, menzionando il crescendo bianconero. Prima quarti, con una Coppa in mano, poi terzi, senza bis. Infine, appunto, secondi solo alla società più attrezzata del Paese. «Abbiamo meritato di chiudere così in alto» sottolinea l’allenatore del Lugano. «Anche nei momenti di difficoltà, e penso soprattutto all’autunno europeo, non abbiamo mai mollato».

Vero. E ora saranno addirittura preliminari di Champions League. «In spogliatoio, prima del fischio d’inizio, avevo fatto vedere alla squadra le foto di cinque giocatori non ancora nati nel 2001» svela Croci-Torti. «Questo per ricordare a tutti che vivere un turno di qualificazione di Champions non è qualcosa di scontato a Lugano. Non siamo YB o Basilea, per i quali non disputare la competizione internazionale più importante equivale a un fallimento. I miei uomini, lo ribadisco, devono essere fieri di quanto fatto in stagione. A me, invece, il compito di limitare al massimo i festeggiamenti. Perché c’è ancora una finale da giocare e, la vogliamo fortemente, una Coppa Svizzera da alzare».

Che ne sarà di «Sabba?»

A porre l’asticella a un livello così vertiginoso, lo scorso luglio, era stato il direttore sportivo Carlos Da Silva. Che oggi, va da sé, merita a sua volta gli applausi riservati in primo luogo a chi è sceso in campo. «Eravamo convinti delle nostre potenzialità e il gruppo ci ha dato ragione. Ho visto carattere, personalità e qualità: il 2. posto è meritato». Un giocatore, prima di tutti, sognava di portare il Lugano in Champions. Jonathan Sabbatini, capitano dei record, simbolo gentile e però probabile busillis in questo finale di stagione ancora da vivere. «Nei prossimi giorni intendiamo prendere una decisione definitiva, il resto - al momento - sono speculazioni» afferma Da Silva. Già, peccato che sulla pista d’atletica del «Letzi» - ai microfoni della RSI - proprio «Sabba» stia anticipando note ufficiali e amaro destino. Vorrebbe continuare a sudare con la maglia bianconera, l’uruguaiano. Per il club, invece, è giunto il momento di cambiare casacca e ruolo. E, in un giorno storico, è purtroppo l’unico abbraccio mancato.