Como me gusta la Serie A

Nico Paz è meglio 'e Mbappé

La conoscete quella canzone, no? Quella per cui Maradona sarebbe stato (e lo è stato) meglio di Pelé – Ecco, a Como c'è un caso simile
© MICHELE MARAVIGLIA
27.09.2024 16:00

La conoscete quella canzone, no? Quella per cui Maradona sarebbe stato (e lo è stato) meglio di Pelé. Ecco, oggi noi ve lo diciamo. Noi… io! Io ve lo dico: Nico Paz è meglio di Mbappé. Ma allora che cosa ci fa a Como uno che è meglio di Mbappé? Anche perché questo arriva dal Real Madrid. Proprio il Real Madrid, la squadra che ha deciso, invece, di prendersi Mbappé, con il suo salario – vabbe’ è arrivato gratis, direte voi – e con la sua ingombranza. Con la sua velocità, con la sua complessità.

Ma questo non è altro che il miglior esempio possibile di cosa sia, oggi, il calcio. Mi torna in mente un momento del film Moneyball. Peter Brant, interpretato da Jonah Hill, prova a spiegare la propria idea del mercato del baseball a quello che sarebbe diventato, di lì a poco, il suo capo, il manager degli Athletics, Billy Bean. E gli dice, in originale: «There is an epidemic failure within the game to understand what is really happening. And this leads people who run Major League Baseball teams to misjudge their players and mismanage their teams». Ve la traduco con deepl: «C’è un'incapacità epidemica all'interno del gioco di capire cosa stia realmente accadendo. E questo porta le persone che guidano le squadre della Major League Baseball a giudicare male i loro giocatori e a gestire male le loro squadre». La faccio mia. C’è un’incapacità epidemica, nel calcio di oggi, nel fare scelte che siano orientate esclusivamente al bene del proprio club.

L’operazione Mbappé è commerciale, ma non è calcistica.

Il Como che invece, dal canto suo, riesce a portarsi a casa Nico Paz, fa un’operazione calcistica. Un’operazione calcistica resa possibile dall’incapacità di cui sopra. La piccola – che così piccola non è – sfrutta la dimensione commerciale della grande per fare calcio.

Ma è un effetto paradossale difficile da spiegare al tifoso. Mi piace credere che anche il tifoso, sotto sotto, lo capisca. Capisce che l’operazione Mbappé non sa di calcio. Che poi sia, oppure no, un fuoriclasse assoluto, degno di un retorico olimpo del calcio, poco importa. Resta il fatto che il Real, intanto, ha liberato Nico Paz. Non sapeva che farsene, in questo momento. Lo avete visto martedì giocare contro l’Atalanta. Mi piacerebbe avere l’accento di José Altafini, per dirvi «Rrrragasssi, che giocatore». Questo è il calcio. Altri corrono, anche più veloci degli altri – rimanendo su Mbappé –, si muovono, fanno fumo, fanno magari anche tanti gol, ma questo è il calcio.

Un trequartista che sembra venuto da un’altra epoca, pur con addosso l’etichetta inequivocabile della sua età. Classe 2004, ha compiuto pochi giorni fa vent’anni. È un trequartista classico eppure moderno, che sa tagliare le linee e fare suo il campo tutto. Vede il gioco, lo sente. Se lo prende e lo stravolge. È un giocatore unico, per quel poco che lo abbiamo visto e per quel poco che abbiamo recuperato. Ma lo si capisce subito. Non servono tante altre prove. Non guardatelo per capire se è vero o no quanto vi dico. Guardatelo per capire quale dovrà essere la direzione del calcio in futuro. E la fortuna è che per vederlo non bisogna neppure fare molta strada.

L’Atalanta, martedì, dalla sua parte aveva un giocatore che avrebbe dovuto essere una cosa simile, almeno in partenza. Ma quel che non ci convince di Charles De Ketelaere, al di là della sua personalità, è quel che gli è stato messo in testa. Limiti mascherati da «richieste del mister». La fortuna di Nico Paz è di aver trovato, a Como, un allenatore come Cesc Fabregas, che parla la sua stessa lingua, dentro e fuori dal campo. La libertà che gli concede non si avvicina neppure all’anarchia, ma è pura, cristallina. Non si muove con il telecomando. Uno che si muove con il telecomando non può fare quell’assist, quello per il gol del 3-1 di Fadera.

E quindi, forse esagerando un po’ – ma chissenefrega, ragazzi, anzi rrrragasssi, è calcio, non geopolitica –, quel che più conta è che il Como ha trovato una vera pepita. E da lui ha iniziato a volare in un campionato che, per i lariani, si preannuncia matto (ve lo diciamo dall’inizio) e forse anche storico.