Ottavio Bianchi: «Sono sconvolto»

Giovanni Galli, oggi 62 anni, è stato a lungo avversario di Diego Armando Maradona. Uno difendeva la porta del Milan, l’altro faceva sognare un’intera città, Napoli. Poi, ad inizio anni Novanta, sono stati compagni di squadra per una stagione. Proprio all’ombra del Vesuvio. «E lì – ci spiega l’ex portiere – ho conosciuto non soltanto il campione e il fuoriclasse ma anche, anzi soprattutto, la persona. Una persona meravigliosa, tant’è che instaurammo un rapporto di amicizia che andò oltre il pallone. Per dire: quando organizzai una manifestazione in memoria di mio figlio, lui prese apposta un aereo dall’Argentina per presenziare. Questo fa emergere appunto la sua persona, la sua umanità».
Galli non commenta cosa è stato Maradona lontano dai campi. Limitandosi ad una mezza citazione di Vasco Rossi: «Ha avuto una vita spericolata» spiega. «Ma si è sempre assunto la responsabilità delle proprie azioni. Ammettendo ogni errore commesso. Questa cosa, per alcuni, era sinonimo di strafottenza e superbia. In realtà, Diego era uno che aveva sofferto tanto da ragazzo e reagiva non appena veniva attaccato».
E in campo, com’era Diego? Ancora Galli: «È stato senza ombra di dubbio l’avversario più difficile che potesse capitare ad un portiere. Non l’ho mai capito, né riuscivo ad anticipare le sue mosse. Di gol me ne ha segnati parecchi. Se preparavo una, due soluzioni lui trovava comunque una terza via per fregarmi. Ha sempre segnato così, contro di me, spiazzando tutto e tutti. Eccolo, il suo grande talento».
«Non riuscirei a dire nulla di sensato»
«Sono sconvolto». Così Ottavio Bianchi, 77 anni, l’allenatore del primo, storico scudetto del Napoli. Uno scudetto, ovviamente, legato a Diego Armando Maradona. Mattatore, trascinatore, idolo indiscusso. «Sono sconvolto, è quello che sto dicendo a tutti i giornalisti che mi stanno chiamando di continuo» prosegue il mister. «Sono talmente sconvolto che, onestamente, non saprei cosa dirvi. Non sono in grado di dire qualcosa di sensato. Ho ricevuto una chiamata dall’Argentina e ho ricevuto la notizia che non avrei mai voluto ricevere».
«Napoli ha perso un figlio»
Al cordoglio si aggiunge, ovviamente, Giuseppe Bruscolotti, 69 anni, capitano del Napoli prima di cedere la fascia a Maradona. «Sono ore che ricevo telefonate, non è facile» racconta. «Con ogni giornalista è come mettere il dito nella piaga. È dura, durissima. Lo stato d’animo è quello che è. Non riguarda solo me, ma tutta la città. È una cosa da non credere. La vita, si dirà. D’accordo, ma così è brutto. Si accavallano i ricordi ora, assieme alla tristezza. Diego non era argentino, era napoletano come noi. E noi abbiamo perso un figlio di Napoli. Il San Paolo, il nostro stadio, è stato subito acceso per commemorare Diego. L’ennesima dimostrazione di affetto, amore. Un amore che è sempre esistito e sempre esisterà. Penso che Maradona anche nell’aldilà, dove si trova ora, parlerà bene di noi napoletani. Come ha fatto in vita».