Calcio

Salah e i suoi fratelli in tempo di Ramadan

I comportamenti dei calciatori islamici influenzano i giovani più delle parole degli imam - Il Milan è la squadra italiana con il maggior numero di osservanti stretti: Kessie, Bennacer e Calhanoglu
L’egiziano del Liverpool, Mohammed Salah, è il giocatore musulmano più famoso al mondo.
Stefano Olivari
15.04.2021 20:28

Per gli sportivi di religione musulmana il Ramadan è spesso un problema, così come per i loro allenatori e i loro compagni, senza dimenticare i club che li pagano. Il mese di parziale digiuno e di preghiera iniziato martedì scorso e con termine mercoledì 12 maggio è il secondo dell’era COVID e sta creando casi controversi soprattutto nel calcio, perché i comportamenti di Salah, Benzema, Pogba e Ozil influenzano i giovani più delle parole di un qualunque imam. A proposito del Ramadan ogni stagione sportiva porta a discorsi diversi, perché il mese è sempre diverso. Essendo il calendario islamico di 354 o 355 giorni è chiaro che ogni anno per così dire internazionale si vada «indietro» di una decina di giorni, fino a completare il giro. Fra digiunare e soprattutto non bere in aprile e gli stessi comportamenti (dall’alba al tramonto, va precisato) in estate c’è per un atleta una enorme differenza. Durante il Mondiale 2014 in Brasile fece discutere la scelta di Ozil di interrompere il suo Ramadan, ma in certi casi (come gli Emirati Arabi ai Giochi Olimpici di Londra 2012) arriva una decisione dall’alto.

Il musulmano più famoso

Il calciatore musulmano più famoso del mondo è senza dubbio Mohammed Salah, per il suo valore in campo ma anche perché in pubblico fin dai tempi in cui giocava al Basilea si è sempre detto osservante. I suoi allenamenti alle due di notte, dopo avere cenato, non fanno più notizia mentre a far discutere è l’idratazione. Può uno sportivo di alto livello stare senza acqua per oltre 12 ore? Salah dice che si può, ma spesso durante il Ramadan è stato notato con in mano una bottiglietta sospetta. Di più: in preparazione della finale di Champions League di due anni fa, quella poi vinta dal suo Liverpool contro il Tottenham ai tempi allenato da Pochettino, Salah e il suo compagno Sadio Mané decisero di interrompere il digiuno diurno. Al contrario di quanto avevano fatto nel 2018, prima della sconfitta con il Real Madrid: anche se il famoso fallaccio di Sergio Ramos, che mise fuori causa il campione egiziano, con l’alimentazione c’entrava poco.

Islam diversi

Se l’immagine fuori dal campo di Salah è quella di una persona seria, non altrettanto si può dire di altri suoi colleghi di fede islamica. Nessuno assocerebbe mai Benzema, Ozil e Pogba a una qualsiasi osservanza religiosa, invece i tre anche in questo Ramadan non hanno perso l’occasione per ricordare la loro fede. L’attaccante del Real Madrid, che lancia messaggi di pace e fratellanza, sembra quasi un altro rispetto al calciatore che ha perso la nazionale francese e anche la vittoria all’ultimo Mondiale, per storie di escort e soprattutto per il caso Valbuena (in sostanza un ricatto al compagno di squadra). Ozil, da tre mesi al Fenerbahce, ha un rapporto abbastanza laico con il Ramadan al punto che lo sfrutta commercialmente per una collezione della sua linea di abbigliamento M10, chiamata appunto Ramadan. Pogba invece ha abbracciato la religione musulmana da adulto e non la ritiene in contraddizione con una vita notturna brillante, anche durante il Ramadan e fino a quando era possibile senza restrizioni da COVID, fra Manchester, Londra e Parigi.

Rossoneri senz’acqua

Sono molte in tutta Europa e in Svizzera le squadre che si troveranno a fronteggiare casi come quello del Milan, che domenica alle 12.30 a San Siro affronterà il Genoa in una partita importante per la sua qualificazione alla Champions League. Il Milan è la squadra italiana con il maggior numero di osservanti stretti del Ramadan: Frank Kessie, Ismael Bennacer e Hakan Calhanoglu, che in passato sono addirittura anche stati insieme in pellegrinaggio alla Mecca. Al momento nessuno dei tre, titolari fissi della squadra di Pioli, pare intenzionato a bere durante il giorno e quindi nemmeno durante la partita.

Da Muhammad Ali, nato Cassius Clay, a Kareem Abdul Jabbar nato Lew Alcindor, da Mike Tyson a Zinedine Zidane, il rapporto degli sportivi con il Ramadan è comunque in genere stato molto laico, a maggior ragione se questi sportivi erano o sono di un paese dove l’Islam è in minoranza. E il discorso vale anche per i tanti convertiti, da Ribery ad Anelka, che dell’Islam hanno selezionato alcuni precetti e in qualche modo gestito altri. Per non parlare di George Weah, nato protestante, poi musulmano per 10 anni ed infine di nuovo cristiano. Da escludere che Weah, attuale presidente della Liberia, anche nei primi tempi della sua conversione abbia mai rinunciato a bere e al resto durante il giorno.

Ma al di là dei comportamenti individuali e delle esenzioni arrivate da imam tifosi, quanto influisce sulle prestazioni sportive un Ramadan strettamente osservato? Gli studi in materia sono tantissimi e spesso contraddittori, per quanto riguarda la prestazione in se stessa, ma concordano su due aspetti. Il primo è quello del sonno: anche senza gli allenamenti notturni di Salah cenare la sera tardi e cercare di dormire di giorno aumenta la stanchezza e i tempi di recupero fra una gara e l’altra, per l’alterazione di ritmi interiorizzati da anni. Il secondo è quello della concentrazione: durante il Ramadan gli atleti per via della stanchezza sono soggetti a maggiori sbalzi di umore e questo in situazioni di grande stress può fare la differenza.