Se Conte ha troppo rispetto del Como e dell'Inter
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Como-Napoli 2-1.
Basterebbe così, per oggi. Il Como ha trovato la vittoria più prestigiosa dal suo ritorno in Serie A. Non so se la più bella, sicuramente la più sontuosa, quella che più farà discutere, che più sposterà gli occhi di tutti su quanto sta accadendo al Sinigaglia. Già, basterebbe questo, il risultato, ma ci tengo comunque a spiegare il successo, a interpretarlo sulla base di ciò che ho visto.
In questo caso, infatti, il Como è stato semplicemente cinico nell'approfittare di un ruolo inatteso, quello di terzo incomodo. Prova ne siano le chiacchiere prima della partita, allo stadio o in tv. Si parlava infatti non tanto dei lariani, quanto di Napoli e Inter. Questa partita, quella tra Como e Napoli, era in realtà, per molti, soltanto funzionale nella corsa allo Scudetto tra lo stesso Napoli e l'Inter. Che ci fosse il Como di mezzo, non sembrava poi così interessante.
Eppure Antonio Conte ha trovato sulla sua strada l'ostacolo più fastidioso che potesse incontrare, in questo preciso momento. Sì, perché il Como è una squadra libera e in crescita, è in salute, al punto da vedere la salvezza come qualcosa di concreto. Non più come l'obiettivo da raggiungere non importa come. L'atteggiamento portato in campo da Di Lorenzo e compagni nel primo tempo va tradotto come un attestato di rispetto nei confronti della creatura di Cesc Fabregas. La pressione alta portata sin su Butez, a tratti asfissiante, non ha permesso al Como di giocare i primi 45 minuti con l'abituale grazia. Anzi ha spesso costretto i portatori di palla a cercare improbabili soluzioni lunghe, direttamente sui tre falsi attaccanti. Il Napoli ha speso tantissimo, tanto che nella ripresa - con la testa che iniziava a spostarsi allo scontro diretto di sabato prossimo - ha dovuto concedere altrettanto. Il Como ha saputo approfittare dei momenti, aspettando che la ruota girasse a suo favore.
E questo cinismo è la vera novità di giornata. Come se la squadra, rispetto all'andata, fosse di colpo cresciuta. Meriti del mister, certo, ma anche del mercato. Perché è innegabile che Diao abbia dato maggiore profondità al complesso, così come Butez e Caqueret, Smolcic e Valle più qualità e più affidabilità. Non è più, per intenderci, il Como dell'esordio in casa della Juventus. È un'altra cosa, e come tale ormai va analizzata. Lo stesso Fabregas è cresciuto molto. E la sintonia con squadra e proprietà - ha fatto parte dell'una e fa tuttora parte dell'altra - continua a essere totale.
Ciò che se ne ricava è qualcosa di unico, nel panorama italiano. Non è una questione di attori e cantanti, di birre offerte e grandi progetti all'orizzonte, o forse sì, nasce tutto anche da lì, da quell'incanto. L'idea che se ne ricava è del calcio come di un gioco. Se si perde, ok, lo si accetta. Se si vince, però, sai che festa. Se poi si vince con in campo gente come Nico Paz, come Perrone, come Diao, come l'inesauribile Strefezza visto oggi, be', la festa è festa perché, più del risultato, porti a casa il gioco.
La bravura di Fabregas sta tutta lì, nell'offrire ai suoi questa sensazione, questa sicurezza. E allora l'errore diventa solo funzionale a fare meglio. Vale anche per Kempf, per il pasticcio che ha portato il Napoli al gol del provvisorio pareggio, e i suoi compagni alla reazione.
La corsa di Napoli e Inter verso lo scontro diretto riparte da qui, con i nerazzurri sopra in classifica (consci che il Napoli soffre la pressione della vetta e del confronto). La corsa del Como è invece qualcos'altro, una corsa a sé, almeno per ora.